Martedì 5 Novembre 2024

Diamo voce ai giovani, costruttori di speranza, dopo il commissariamento per mafia!

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Nella notte del 16 Ottobre tuonante e rumorosa è giunta la decisione del Consiglio dei Ministri sullo scioglimento del Comune di Manfredonia per mafia. In seguito a tale notizia è divenuto necessario fermarsi per riflettere, per decostruire e al tempo stesso tessere una trama differente. Perciò abbiamo ritenuto opportuno dar voce ai giovani, coloro che a differenza dell’atteggiamento disfattista di molti adulti, alla polemica, all’addossare colpe esclusivamente al mondo delle istituzioni, rispondono con una narrazione differente.
E’ stata posta loro la seguente domanda: “La notte del 16 Ottobre è giunta la conferma da parte del Consiglio dei Ministri. Il Comune di Manfredonia sciolto per infiltrazioni mafiose. Quali gli umori in relazione a questa notizia e quali gli auspici per il futuro? Da cosa è necessario ripartire?”
Tutti gli intervistati si sono ritrovati concordi con un focus comune: non è necessario stupirsi di tale decisione, era ormai da tempo annunciata, seppur si aggirava nei meandri della città come un fantasma, reale era però la substantia.
E’ proprio ciò che ci rivela Marco, un ragazzo di 21 anni “ Sono stupito, sono stupito di chi si stupisce. Di chi leggendo la notizia del commissariamento spalancando gli occhi afferma “Vedi dove ci hanno fatto arrivare“. La colpa, è sempre di qualcun’altro, dell’ amministrazione di turno, del corrotto, del delinquente, della mala politica, del mafioso. Io penso invece che questa notizia debba soltanto farci riflettere. La mafia, cari compaesani, non è fatta solo di omicidi, furti, pizzo ed estorsioni, la mafia non é un film di Francis Ford Coppola, la mafia è concreta e reale, molto di più di quanto possiamo immaginare. Il voto dato all’amico che un giorno ci sistemerà, il favore chiesto al politico, al potente, al mafioso, anche questa è mafia, e se vogliamo davvero salvare la nostra comunità dobbiamo estinguere dalle nostre vite “le piccole cose” che permettono al male di sopravvivere. Non sarà un commissario a salvarci, non si combatte la mafia soltanto arrestando i mafiosi – che è comunque importante – ma la si estirpa facendo vivere i quartieri abbandonati, costruendo luoghi di incontro per la comunità, aiutando i più poveri e gli emarginati della società. Il collasso della nostra città lo stiamo vivendo, chi può salvarla siamo noi manfredoniani, noi soltanto”.
Nelle sue parole la denuncia è accompagnata da un desiderio di cambiamento emancipativo. Frasi che addossano responsabilità a tutti coloro che agiscono e al tempo stesso permettono alla mafia di persistere nei quartieri, nelle periferie, in modo subdolo e non facilmente riconoscibile, ma anche nei gradi più alti della burocrazia.
Abbiamo inoltre dato voce all’appello di un giovane studente di soli 17 anni, Manuel che alterna momenti di struggimento per le sorti della propria città a vere e proprie invettive contro la corruzione per poi concludere il suo discorso con parole di speranza.
Ho 17 anni ed oggi , 16 ottobre 2019 , lo posso asserire : non mi aspetta un bel futuro nella mia città . Il mio comune, Manfredonia, è infatti stato sciolto per mafia .
Sì, lo so, è vero: la mafia non è una novità nelle istituzioni della Capitanata; in un lasso temporale di circa 5 anni i comuni di Monte Sant’Angelo, Mattinata, Cerignola e Manfredonia sono stati recisi per infiltrazioni mafiose.
Sono inebetito, sono afflitto.
Speravo che per i miei 18 anni mi attendesse una città capace di donarmi speranze e di affiancarmi nelle scelte lavorative. E invece no!
La cosa che più mi affligge è la certezza che queste angherie partono dai vertici istituzionali.
Ma non mi arrendo a questa collettività disonesta ; sono certo che possiamo rettificare tali istituzioni e riabilitare la città con purezza e onestà. Ai politici corrotti indirizzo questa frase di Giacomo Leopardi: “La stima è come un fiore , che pestato una volta gravemente, mai più non ritorna“. Ai miei concittadini onesti e speranzosi invece dedico quest’altra frase di Leopardi: “Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino”.
Spesso si sente ancora la frase “la mafia non esiste”. Ora possiamo toccarne con mano la reale esistenza, ma già nel 2015 una giovane ragazza di soli 16 anni, Mariarosa, aveva visto lontano e con un gruppo di amici nottetempo aveva affisso in città dei cartelli illustrati da lei stessa nei quali si opponeva strenuamente al sistema mafioso, volantini che sono stati la mattina seguente staccati dai muri della città.
Per concludere riportiamo le parole di Felice, un ragazzo di 21 anni: “La notizia, tristemente, era nell’aria da tempo e francamente non ha stupito la decisione del consiglio dei ministri. Stupisce l’impatto più generale sul territorio della provincia di Foggia: in quasi cinque anni quattro comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Se poi si considera l’importanza degli ultimi due comuni, ovvero Cerignola e Manfredonia, il quadro si fa più inquietante. Un dispositivo del genere, che scandaglia amministrativamente collegamenti fra la classe dirigente e la criminalità organizzata, è un campanello d’allarme che deve riguardare una comunità intera, un sentire comune collettivo. Pensare che le responsabilità siano circoscritte, dal mio punto di vista, è un tragico errore di miopia. Permeabile è la politica di quelle comunità che hanno permesso alla mafia di condizionare le poste dello sviluppo, l’andamento delle attività imprenditoriali, il dissenso esibito e organizzato, la vita associativa, la libertà delle consultazioni politiche. Se queste condizioni sono confermate nella relazione, l’attivismo della comunità dovrà essere netto: da questa o da quell’altra parte. Questi mesi, e più in generale dal 2017, hanno segnato un prima e un dopo, uno spartiacque, grazie ad una solida e ferrea attenzione da parte dello Stato. In un territorio assediato dalla mafia l’ambiguità è un lusso che non ci possiamo più permettere (l’ha detto anche il prefetto Grassi incontrando gli imprenditori e pronunciano i nomi delle famiglie mafiose affinché più nessuno dica di non sapere). Il lavoro sarà decisivo, complesso e molto probabilmente darà la possibilità a nuove personalità di ricollegare i fili oramai slegati di questa comunità. Per dirla con Calvino bisognerà capire chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Il compito sarà questo, partendo dalla convinzione, non solo lessicale ma soprattutto di significato e di narrazione, che l’inferno, qui, si chiama mafia. Che esiste, agita le nostre inquietudini e ci sta condannando, giorno dopo giorno, ad un passato eterno e immobile”.

Angela la Torre

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