Si è conclusala straordinaria esperienza del Campo “Io ci sto fra migranti”,progetto durato poco più di un mese: dal 20 luglio al 24 agosto, organizzato dall’Arcidiocesi di Manfredonia e dai Missionari Scalabriniani di Siponto. Il principale obiettivo si fonda sui principi dell’inclusione ed integrazione nella Comunità di Borgo Mezzanone a pochi chilometri da Foggia. Un tema così caldo che mette in crisi le agende degli stati europei, incapaci di fronteggiare adeguatamente le politiche migratorie e garantire condizioni di vita dignitose a quanti scappano dalle guerre, dalle persecuzioni e dalla povertà. Recentemente la Caritas della diocesi di Manfredonia insieme alle diocesi e Associazioni di Capitanata hanno lanciato un grido unanime contro le azioni di sgombero intraprese dal governo nazionale per smantellare le baraccopoli dell’ex-pista di Borgo Mezzanone. Proprio in quei luoghi si è svolto il Campo “Io ci sto” a cui hanno partecipato centinaia di ragazzi provenienti da tutt’Italia. L’esperienza dei giovani della diocesi di Manfredonia è stata entusiasmante e faticosa, così raccontano ai microfoni di ManfredoniaNews.it. Sono stati divisi in gruppi di 30 ragazzi che hanno scelto la settimana o più giorni, impegnati nell’insegnamento dell’italiano e di come riparare le biciclette. L’intento era di rendere i migranti autonomi negli spostamenti per raggiungere le campagne nella raccolta dei pomodori ed altro e non dover subire così gli sfruttamenti dei caporali. Queste azioni di contrasto dell’illegalità e del caporalato sono importanti per tutte le comunità perché conferiscono la dignità al lavoratore, indipendentemente dal colore della pelle o dalla religione che professano. Il Campo “Io ci sto” è nato nel 2008 e si è svolto inizialmente nei ghetti di Rignano Garganico e Ciceroni e successivamente nell’ex pista di Borgo Mezzanone, tutt’oggi presente in cui si auspica un maggior controllo dello Stato. Non serve mietere il terrore verso lo “straniero” quale capro espiatorio di tutti i mali della società. Occorrerebbero maggiori soluzioni abitative, riqualificando i quartieri dormitori o abbandonati per contrastare la clandestinità e la delinquenza, fornendo una chance a quanti invece vogliono stabilirsi con le proprie famiglie e lavorare legalmente.
di Grazia Amoruso