La festa patronale di quest’anno è stata carica di sorprese e di forti emozioni. La prima organizzata da un ente non a partecipazione comunale, e la prima con il nuovo vescovo insediatosi nella nostra diocesi solo da pochi mesi. Il Gal Daunofantino ha fatto in modo che tutto procedesse nel migliore dei modi e che la festa patronale venisse festeggiata rispettando le aspettative dei sipontini. Il nuovo vescovo, dal canto suo, ha piacevolmente sorpreso tutta la città dimostrandosi una persona aperta e vicina alla gente. La sua partecipazione attiva alla processione della Madonna e a quella di Sant’Andrea ha smosso in noi la curiosità di approfondire la conoscenza del nostro nuovo pastore. Presi i contatti, Padre Franco accetta subito di incontrarci. Ci accoglie all’ingresso dell’Episcopio con il suo consueto calore e ci fa accomodare nel suo studio. La prima domanda è un dubbio che tutti avranno avuto vedendolo in processione. Papa Francesco in persona lo ha scelto per guidare la nostra diocesi, ma nel suo modo di fare quanto c’è di Francesco e quanto di Franco? “E’ una domanda che mi fanno in tanti, – esordisce padre Moscone – ma per avere una risposta bisognerebbe farla ai miei confratelli, a chi mi conosceva prima che arrivasse Papa Francesco. Io ho sempre desiderato un papa così, e tifavo perché ci fosse un papa che prendesse il nome di Francesco. Durante il conclave del 2013 avevo fatto una scommessa puntando sui miei tre candidati preferiti, e tra questi c’era il cardinal Bergoglio. Non lo conoscevo di persona, ma per fama. Conoscevo alcune famiglie dell’astigiano imparentate con gli antenati di Bergoglio e mi avevano parlato di questo “strano” cardinale di Buenos Aires. Desideravo un papa che avesse il coraggio di assumere il nome di Francesco. Un nome non facile, non solo per gli aspetti legati alla povertà, ma perché scegliere il nome Francesco significa scegliere la vita del popolo. È il papa che volevo e che in qualche modo ho sempre vissuto come stile; ma detto da me vale poco, bisogna chiedere a chi mi conosce”.
Riguardo al suo modo di avvicinarsi alla gente, Padre Moscone dice che è lui stesso a chiedersi come venga interpretato questo modo di fare. “Non sose la gente lo considera un comportamento teatrale, ‘alla moda di oggi’, o capisce che sono così. Io vorrei che mi sentisse così, per questo ho bisogno di vicinanza, e di trasmettere la vicinanza del vescovo al suo popolo. Un vescovo senza popolo non ha senso, è un generale senza l’esercito, perfettamente inutile. È la comunione, l’unione che fa la forza e dà significato e trasmette gli ideali. Sono sempre stato mandato in ambienti giovanili, quindi mi sento portato quando vado in giro ad avvicinare ragazzi e bambini per una carezza, una battuta. Io lo considero parte del dono che il Signore mi ha dato come carisma di padre somasco”. Padre Moscone è il vescovo di Manfredonia da soli sette mesi. In occasione della festa patronale ha dovuto affrontare per la prima volta il bagno di folla della processione per la Madonna di Siponto e della processione in mare per Sant’Andrea, ci incuriosiva sapere quale è stata la sua impressione. “Ho avuto l’impressione del popolo. Io mi sono sempre sentito una persona del popolo, per il popolo. Desideravo un sacerdozio che mi portasse accanto al popolo. Ho girato il mondo e questo mi ha aiutato a crescere in questo sentimento”. Il discorso di chiusura della processione è stato un discorso alla città che i sipontini hanno apprezzato moltissimo: un messaggio alla città prima che alla chiesa. “La comunità ecclesiale è parte della città, ma la città è più grande della comunità ecclesiale. La società civile è più estesa e ha al suo interno più realtà a cui la comunità ecclesiale vuole partecipare con responsabilità e poter dire la sua in modo responsabile, creativo e attivo al bene comune e al bene civile”.
Mariantonietta Di Sabato