Era una notte buia e tempestosa. Anzi no, era un giorno buio e tempestoso. O meglio, più che un giorno, era mezzogiorno… inoltrato. Ma cominciamo dall’inizio.
Quel 25 agosto 1994 era un torrido ed assolato giovedì estivo cominciato esattamente come tutti gli altri giorni. Era passato mezzogiorno già da un po’ ed ero affacciata alla veranda di casa, ad un quinto piano sopra l’ex ristorante ‘da Franco’, in attesa che mio padre tornasse dal lavoro per pranzare. Mentre con lo sguardo abbracciavo gli edifici del quartiere, il mare e le montagne del Gargano, improvvisamente vidi spuntare una nuvola nera che sembrava quasi voler macchiare un cielo limpidissimo. Accidenti, però, come correva quella nuvola! Qualche attimo dopo diventò un nuvolone che copriva tutto il cielo sovrastando i palazzoni di Monticchio, e dopo qualche altro istante non era più nemmeno un nuvolone, ma sembrava che quel cielo, nero come il petrolio, fosse caduto a terra cancellando tutto.
Quel mastodontico muro nero si avvicinava sempre di più ed inghiottiva al suo passaggio palazzi, strade e marciapiedi, prendendo a morsi persino il mare che lentamente cominciava a sparire dinanzi a me. Non capivo cosa stesse succedendo ed entrai di corsa in casa per cercare conforto da mia madre. “Mamma!”, urlai impaurita. Trovai mia madre con le braccia al cielo e le lacrime agli occhi che pregava e ripeteva di continuo: “È arrivata la fine del mondo… è arrivata la fine del mondo…”. Non so perché, ma qualcosa mi fece intuire che mia madre non poteva darmi alcun tipo di conforto. Seppi poi che in città furono in tanti a pensare alla fine del mondo. E mentre non sapevo ancora se di lì a poco avremmo visto i quattro cavalieri dell’Apocalisse, la luna rossa ed un esercito di angeli, oppure se quel nero pece avrebbe inghiottito anche noi e saremmo spariti nel nulla, feci l’unica cosa che in quel momento mi venne in mente: chiudere tutte le finestre di casa e abbassare le tapparelle.
Dopo pochi interminabili minuti in cui si sentiva spirare fuori un vento fortissimo, pian piano riprese a farsi giorno. Aspettammo ancora per aprire le finestre ed alzare le tapparelle, ma alla fine il coraggio arrivò e timidamente tornammo sulla veranda a sbirciare. Il caldo torrido aveva lasciato posto al fresco e sembrava che qualcuno si fosse divertito a gettare fango addosso alla città: c’erano foglie, rami e sporcizia ovunque, ma fortunatamente le strade, i palazzi e i marciapiedi erano magicamente riapparsi, esattamente ai loro posti.
Mio marito, che ancora non conoscevo (ed ora leggendomi son sicura che starà ironicamente esclamando: bei tempi!), all’arrivo di ciò che poi si seppe essere stata una tromba d’aria stava percorrendo la SS 89 di rientro da una mattinata in campagna ed anni dopo mi raccontò di aver visto alberi sradicarsi, lamiere volare e che improvvisamente tutto intorno a lui divenne nero e la macchina prese a vibrare così forte che sembrava volersi sollevare da terra.
Il futuro marito di mia cugina, invece, si trovava presso la piscina dell’Acqua di Cristo dove lavorava come bagnino. Quando vide il nuvolone nero arrivare costeggiando il mare, inizialmente, mi ha poi raccontato, cominciò col suo collega a chiudere gli ombrelloni del lido; ma quando gli ombrelloni presero a sollevarsi da terra e a librarsi in aria, corse alla ricerca di un riparo avendo come l’impressione, mi riferì, che una mandria di cavalli impazziti lo stesse rincorrendo; riuscì a raggiungere l’attiguo ristorante, schivando con molta fortuna gli ombrelloni che sembravano lance e correvano più veloci di lui. Quando il nuvolone andò via, trascorse ore con i colleghi a bordo di gommoni a recuperare sedie, tavoli ed ombrelloni che erano arrivati sotto i pilastri del porto industriale e persino sulla spiaggia del convento dei monaci. Mia cugina mi raccontò che dopo quanto era accaduto, e non avendo idea di quello che poteva essere capitato in piscina, non era molto sicura che quella sera, in cui avevano fissato il loro primo appuntamento, si sarebbero visti. Ma il destino fu benevolo e a distanza di 25 anni possono raccontare che la loro storia d’amore iniziò in un giorno letteralmente ‘turbolento’.
Passato il peggio, ciò che mi rimase poi impresso, fu anche che nel pomeriggio di quel 25 agosto dalla veranda di casa vidi decine e decine di signore, armate di secchi e spugne, ripulire contemporaneamente porte e finestre nel rione Monticchio, quasi come se si fossero accordate per una qualche pubblicità di detersivi.
I giornali raccontarono poi che quell’incredibile tromba d’aria, che viaggiava a circa 130 km orari, giungeva da Foggia, dove fece anche un morto, e che proseguì verso sud arrivando fino a Bari con la sua carica devastatrice.
Mai fino ad allora, ed anche dopo, si verificò da noi un altro fenomeno atmosferico simile, ed il 25 agosto di 25 anni fa rimase impresso in maniera indelebile nelle cronache pugliesi e nella memoria di tutti i sipontini.
Maria Teresa Valente
e poi venne il Pd…e quel cataclisma ancora incombe sulle nostre teste