Eni si sta interessando di nuovo a Manfredonia. La notizia è nuova solo parzialmente: era già noto che la multinazionale mirava a creare un parco fotovoltaico nel sito d’interesse nazionale per la bonifica di Monte Sant’Angelo, a pochissimi chilometri dalla nostra città. Oggi si aggiunge l’ipotesi di realizzazione di un impianto waste to fuel: si tratta di una tecnologia che permette di valorizzare i rifiuti solidi urbani nella parte umida, i cosiddetti Forsu, e di trasformarli in bio-olio che può essere usato nella produzione di energia elettrica e calore. Il progetto cadrà nelle Zes (zone economiche speciali) e riceverà, come Enichem a suo tempo, aiuti ed agevolazioni pubblici perché offrirà, a regime di pieno funzionamento, 50 posti di lavoro (di cui resta da capire quanti manfredoniani). Eni fa i soldoni, cinquanta persone lavorano e c’è anche un vago sentore di ecosostenibilità. Bello, ci si dirà. Greta sarà contenta. Tutti felici.
Peccato che Eni non sia una simpatica ragazzina svedese con l’ossessione per l’ambiente, ma un colosso dell’industria petrolifera e chimica che si arricchisce saccheggiando ed inquinando l’Africa. Secondo uno studio del Climate Accountability Institute Eni è trentesima nella lista delle cento corporation che producono il 71% dell’inquinamento mondiale da gas serra. Perché questo amore improvviso e sospetto per l’ecologia? Per ripulire l’immagine aziendale ed aprire nuovi mercati. Ma anche per una ragione che ci preoccupa: quel territorio, che oggi Eni definisce magicamente bonificato, è uno dei luoghi più inquinati d’Italia. Cosa ne sarà della bonifica una volta che quel territorio sarà tombato dal cemento e coperto dal nuovo impianto?
Lo studio epidemiologico sugli effetti dell’inquinamento di Enichem a Manfredonia, finanziato con pochissimi soldi che Eni diede a titolo di riparazione alla città, ha messo in evidenza un aumento di mortalità dovuto a tre fattori:
1- Manfredonia dal 1970 ad oggi ha progressivamente perso il vantaggio di salute che aveva rispetto alla regione di appartenenza. Infatti rispetto agli anni settanta è stato documentato dallo studio un eccesso stimato di circa tre decessi al mese;
2- la mortalità per tumore polmonare mostra un eccesso a partire dagli anni duemila rispetto alla media regionale e provinciale. In particolare tra coloro che avevano meno di cinquanta anni al momento dell’incidente del 1976 si sono registrati circa 14 decessi in più rispetto alla media regionale (si tenga in conto che la media è già abbondantemente alta per via della presenza di situazioni di inquinamento come quella dell’Ilva di Taranto e del petrolchimico di Brindisi);
3- dal 1995 la mortalità per malattie cardiache è aumentata, con un picco di due morti in più al mese nella seconda metà degli anni novanta. Tutte le popolazioni infatti che hanno sperimentato disastri anche di tipo industriale si trovano a fronteggiare un aumento di patologie cardiovascolari.
Dati di per sé già inquietanti a cui bisognerebbe aggiungere la recente presentazione del V Rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. sullo stato di salute delle popolazioni che vivono nei siti inquinati soggetti a interventi di bonifica a cura del CNR e dell’Istituto Superiore di Sanità che evidenzia (oltre a forti criticità nella presenza di tumori) una maggiore presenza di asma, malattie respiratorie, malformazioni e mortalità infantile tra i bambini nati e cresciuti in uno dei 45 siti inquinati italiani come Manfredonia.
Da ormai quarant’anni le istituzioni, dal Ministero al Comune, e l’ENI gestiscono la bonifica nel chiuso delle stanze romane con la solita procedura: Syndial-Eni decide, il ministero approva ed i comuni, spesso privi di figure professionali sufficientemente specializzate, annuiscono fedelmente. Ad ogni richiesta di trasparenza e di chiarezza, diritto peraltro sancito dalla costituzione e dai trattai internazionali, Syndial-Eni si trinceranno nella riservatezza, il Ministero esibisce le striminzite e poco attendibili tabelle dei rilevamenti ARPA ed i comuni si barcamenano come possono: nel caso di Manfredonia ci si limita a rispondere stizziti e scocciati che “tutto è sotto controllo e non c’è da preoccuparsi, bisogna finirla con gli allarmismi”.
Questa è la loro bonifica. Come possiamo fidarci?
Dopo lo studio epidemiologico ed il nuovo rapporto sullo stato della salute della popolazioni che vivono nei siti SIN e SIR cosa cambierà? Probabilmente nulla, ma anche se dovesse cambiare qualcosa non cambierà l’atteggiamento delle istituzioni. Se non c’è nulla da nascondere perché si continua a nascondere alle popolazioni il diritto a conoscere lo stato della bonifica e della propria salute?
Nessun progetto troverà mai il nostro consenso se non passerà dalla possibilità per le popolazioni di verificare con esperti indipendenti il reale stato della bonifica. Vogliamo un’indagine partecipata sulla bonifica del sito ex-enichem.
Non possiamo permettere che questa diventi l’occasione per fare tabula rasa delle responsabilità di Eni. Manfredonia ha fame di lavoro, ma anche di giustizia e di salute.
Continueremo a seguire il consiglio che beffardamente Eni esibisce all’ingresso del sito Syndial:
“NON ABBASSARE LA GUARDIA. MAI.”
A Manfredonia non si può creare lavoro, neanche con il fotovoltaico, questo è un paese abituato a Cassa integrati, lavoratori socialmente utili e per finire la ciliegina sulla torta, reddito di cittadinanza.
Quindi a che serve creare lavoro?
Quando si parlerà di soldi, molti abbasseranno la guardia. É un film già visto.