di Michele Illiceto
Con il Mercoledì delle Ceneri la chiesa si appresta a vivere un periodo di penitenza e di purificazione, di riflessione e di conversione.
Le ceneri, linea di confine tra il tutto e il nulla, tra la morte e la vita, tra la temporalità che non vuole finire e l’eternità che vuole venire. Linea di demarcazione tra la fragilità che ti fa arrendere e la speranza che ti apre a Qualcuno che è da sempre prima di te.
Le ceneri, memoria di ciò che siamo e del luogo da dove veniamo, ma anche di quello verso sui andiamo. Memoria di una comune essenza, di una comune povertà. Metafora di una debolezza che mentre non ci rende padroni di niente ci trasforma in perenne preghiera con la quale invochiamo un
respiro che le trasformi in vita. Vita nuova della Pasqua verso cui siamo incamminati.
Il vangelo di oggi ci ammonisce con un richiamo forte e chiaro: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1).
Vorrei una quaresima del silenzio per crocifiggere le parole inutili e vuote. Per ripulire con la Parola le nostre parole ormai sporche, utilizzate solo per inveire e per condannare, per aggredire e infangare.
Il silenzio è il linguaggio muto delle cose, luogo di gestazione delle parole che ci mancano. Spazio per una grammatica nuova. Perché la rivoluzione comincia dalle parole trasformate, intrise di tenerezza e di accoglienza, di ospitalità e di reciprocità.
E’ nel silenzio che ciascuna cosa riprende la propria forma, ritrova la propria origine che è sempre al di là della semplice funzione o pura prestrazione. La prima conversione che da credente vorrei è la conversione delle parole. La conversione del linguaggio il quale, come diceva Heidegger, è la “casa dell’essere”.
Il Dio che si è fatto parola e che con la parola ha creato il mondo vuole da noi credenti che salviamo le parole. Torneremo a comunicare senza usare le parole per ferirci e per farci del male, ma solo per poter di nuovo saperci ascoltare. A ospitare l’altro nel nostro silenzio. “Non rispondere prima di aver ascoltato, e non interrompere il discorso di un altro” (Sir 11,8)
Vorrei la quaresima del distacco per rompere la logica delle apparenze che ci fanno sembrare ciò che non siamo e dimenticare ciò che invece realmente siamo. Che ci aiuta a mettere da parte il desiderio di prevalere sugli altri mettendo in primo piano la nostra propria immagine costruita attraverso i “Mi piace” dei social network. Per purificarci dalla nostra brama di consenso di cui a volte si nutrono anche i nostri molti impegni mascherati di bontà e di spiritualità, ma che poi di fatto mancano di autentica carità. Un quaresima che non ti fa scoraggiare né mollare quando gli altri tornano ai propri affari e non capiscono perché tu rimani.
Le opere le vedono gli uomini, l’amore e l’intenzione vera la vede solo Dio. A volte preferiamo essere ammirati piuttosto che ammirare, cerchiamo di essere adorati e adulati piuttosto che adorare l’unico vero Dio che merita adorazione.
Vorrei una quaresima non di scena ma di sostanza. Non ritualistica, ma celebrativa. Dove il Dio nel quale crediamo venga celebrato anche fuori dai riti e dalle celebrazioni. Un Dio che sta poco in chiesa e molto più per strada, che frequenta poco i templi e molto più i luoghi dove le persone non hanno più il balsamo per alleviare le proprie ferite. Un Dio che abita i porcili dove i tanti figli minori sono scappati pensando di trovarvi la felicità.
Vorrei una quaresima dell’interiorità. Per raccoglierci dai mille frammenti nei quali siamo dispersi. Per tornare dai mille rivoli in cui spesso ci troviamo come dissipati. Per spogliarci dello sguardo degli altri e accettare lo sguardo nudo e scarno dei nostri occhi stanchi ma ansimanti. Per azzerare tutto e scoprirsi di trovarsi sotto lo sguardo silente e paziente di quel Dio che ama i nostri segreti: “Tu, invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6). Per entrare nel crogiuolo della nostra anima. In quella stanza dove soli con noi stessi, il Padre, che ci conosce più di ogni altro, può trasformare il nostro deserto in giardino.
Buona quaresima a tutti!