Nata nel 1912 e scomparsa nel 2016 alla veneranda età di 104 anni, Addolorata Vitulano, detta Ninètte Ciucchetille, nella mia memoria personale è impressa teneramente con il nome di “zia Ninetta”, essendo la zia di mia madre. Era figlia d’arte di Maria Castriotta e l’arte alla quale mi riferisco è quella preziosa della preparazione delle farrate, emblema del Carnevale della nostra città. Dalla mamma Maria, zia Ninetta ha quindi appreso tutti i passaggi e i segreti della ricetta del gustoso rustico sipontino, decidendo poi di portare avanti questa tradizione di famiglia e facendone un vero e proprio marchio di fabbrica, fino alla fine della sua vita. Zia Ninetta preparava farrate su ordinazione, principalmente per clienti fissi. Precisa come un monaco certosino e attentissima alla qualità del prodotto, usava solo ingredienti di primissima scelta. Ad esempio, acquistava il grano direttamente dagli agricoltori, selezionava i chicchi migliori e li schiacciava con il mortaio di pietra. Poi, aspettava le giornate ventose per separare la parte buona del grano dallo scarto. Infine, lo lavava e lo cucinava per molte ore. Coloro che nel corso dei decenni hanno acquistato i suoi piccoli capolavori, ricorderanno sicuramente la bellezza del “bordino” di chiusura della farrata, così preciso ed esile da sembrare un ricamo veneziano. Un ricamo che solo le sue mani piccole, affusolate e instancabilmente laboriose riuscivano a realizzare. Dopo averle preparate, zia Ninetta affidava le sue farrate a Matteo Ognissanti, il quale alle 5:00 di ogni domenica mattina nel periodo compreso tra Carnevale e Pasqua, le infornava presso il Forno Zizio. Quando le riportava, poi, a casa della zia, lei le adagiava sul tavolo e le copriva con delle coperte, tenendole al caldo e curandole come se fossero dei bambini, in attesa che i clienti andassero a ritirarle. A noi piace pensare che zia Ninetta sia scomparsa proprio l’8 marzo, nel giorno della Festa della Donna, non a caso, ma come sigillo dell’esistenza di una Donna che è sempre stata un punto di riferimento, con la sua instancabilità, precisione, dedizione, affetto, amore e ottimismo.
Giuliana Scaramuzzi
Bello ricordare una manfredoniana che ha dato un contributo fattivo alla storia sipontina, anche se a me sembra un po’ inappropriato legare la storia di questa figlia d’arte delle farrate con la festa delle donne.
A proposito, perché si mette il grano e non il farro nelle farrate?