Ieri 17 Novembre presso il Teatro Comunale “Lucio Dalla” di Manfredonia vi è stata l’apertura della Stagione di Prosa 2018 intitolata “Peso Piuma” con lo spettacolo “I Veryferici” del collettivo Shebbab Met Project, nato a Bologna nel 2016 all’interno della Compagnia Cantieri Meticci. Lo spettacolo, fuori abbonamento, all’interno del TRAC_Centro di Residenza pugliese – sostenuto da Mibac e Regione Puglia ai sensi dell’INTESA STATO/REGIONI DD. 21.09.2017 in attuazione dell’articolo 43 del D.M. 27.07.2017, è stato vincitore del Primo “Premio Scenario per Ustica 2017” per “la contagiosa vitalità di un gruppo che fa della propria presenza in situazioni di periferia urbana il cuore stesso dell’esposizione teatrale. Riuscendo a costruire un affresco di momenti scenici, veicolati dall’elemento musicale, di forte impatto emotivo e di straripante energia”.
Tra i fondatori del Collettivo anche Gianfilippo Di Bari e Matteo Miucci, entrambi di Manfredonia che si sono avvicinati all’esperienza teatrale proprio grazie alla Bottega degli Apocrifi.
In scena Lamin Kijera, Moussa Molla Salih, Alexandra Florentina Florea, Natalia De Martin Deppo, Youssef El Gahda, Matteo Miucci, Younes El Bouzari, Gianfilippo Di Bari, Camillo Acanfora.
Ma chi sono i Veryferici? E cosa significa? I ragazzi dello Shebbab Met Project hanno cercato di farlo comprendere impostando lo spettacolo come se fosse un disco di dieci brani. I Veryferici sono gli abitanti delle periferie, sono donne, sono uomini, sono dei Supereroi che partono portandosi dentro un superpotere, con l’illusione che verrà riconosciuto anche dagli altri. E’ proprio il viaggio spesso che gli accomuna, rendendoli simili ad eroi proprio come Ulisse. Ad accoglierli però non c’è Nausicaa, non ci sono gli antichi greci che avevano assunto l’ospitalità come valore morale ed indissolubile, spesso ci sono muri, barricate, schiaffi, reali o figurati e i Supereroi con la speranza di salvare il Mondo si trasformano in Supererrori. Il primo schiaffo lo ricordi, la guancia brucia, l’orecchio fischia, l’identità si sgretola. L’Io infatti si costruisce attraverso lo specchio, spesso rappresentato dallo sguardo dell’altro. Scopri così di essere solamente “una rumena di merda”, o vieni picchiata dal tuo compagno perché “non sai cucinare, non sai stirare e non sai nemmeno scopare”, oppure sei “un negro”, ti scontri con persone che ti guardano a vista, che non ti affittano una casa solamente perché il colore della tua pelle è più scuro “come il caffé, ma se ci metti tre o quattro bustine di zucchero il caffé diventa dolcissimo. Io sono dolcissimo”, ma la signora dall’altra parte della cornetta ha già riattaccato. I Veryferici abitano a “Mundecchje”, dove i palazzoni sono stati costruiti solo a metà, vicino ad una grande fabbrica chiamata Enichem. Quei palazzi sono stati costruiti proprio per i lavoratori dell’industria. Solo che un giorno la fabbrica ha fatto BBOOM e le abitazioni non sono più state ultimate, diventando terreno fertile di degrado urbano. I Veryferici abitano a Napoli dove non nevica quasi mai, ma la neve c’è lo stesso. I Veryferici hanno però comunque un sogno, quello di essere riconosciuti per la loro musica, solo che nessun produttore li nota. Finalmente però un produttore li contatta, gli dà false speranze, ma i Veryferici non demordono, invitano la ragazza del gruppo a parlare con il produttore. “Che vuoi che succeda gli dicono?”, ma il produttore non è della stessa opinione e abusa di lei. E’ il prezzo da pagare per il successo. Lo stordimento della ragazza viene ben percepito anche dal pubblico, grazie all’utilizzo di musica techno e luci psichedeliche che fanno percepire i movimenti deformati, quasi robotici, una sensazione molto simile all’attacco di panico.
I Veryferici ce l’hanno fatta? Ci sono persone che sono propense a stare fuori, altre preferiscono stare dentro, i “Veryferici” non stanno né fuori né dentro. Sono fuori dagli schemi, dalle logiche comuni, amano “smammare”.
L’esperimento teatrale che ha coinvolto lo Shebbab met Project è partito dall’ascolto delle storie personali dei singoli partecipanti, spesso accomunate dal viaggio, di cui anche Gianfilippo e Matteo sono protagonisti, per costruire un unico tessuto, reticolare e complesso.
L’ironia e la musica l’hanno fatta da padrona, quella tipologia di ironia però in grado di scavare ed indagare, di colpire i sensi e di sorridere tra le lacrime di commozione
Angela la Torre