Se l’Argentina ha avuto il generale Peron, se la Francia ha dato i natali al generale De Gaulle, a noi Iddio ha concesso il generale Marasco. Il Generale è diventato un fenomeno mediatico a tutti gli effetti, degno di essere analizzato un po’ come fece Umberto Eco con Mike Bongiorno, e per i suoi video e per i meme con la sua immagine e per gli audio vocali ricavati da alcune fra le sue più celebri esternazioni. I video del Generale, ad esempio, non sono più schiettamente improvvisati come ai primordi. In loro vi è adesso una costruzione (non totale, le riprese e la sceneggiatura restano alla buona) fatta di costanti, tratti distintivi che si ripetono perché graditi all’audience e che rendono il prodotto non un video qualunque ma un vero Made in Marasco. Ogni video immancabilmente si apre con un “Amici di Facebook”per chiudersi poi con un “A voi i commenti e condividete”. Espressioni queste che rimandano ad un tono familiare, ad un clima di appartenenza fra il Generale e i suoi “amici” appunto; del resto come negare il fatto che il Generale sia uno di noi, uno del popolo e che del popolo non a caso si erge a megafono. Nel mezzo la narrazione, in genere un video-denuncia, dai rifiuti abbandonati agli incendi dolosi; dagli atti di vandalismo alla mancata manutenzione pubblica, scandita da un linguaggio ben preciso: ieratico – religioso (“L’Apocalisse”; “Le fiamme dell’inferno”; “Pentitevi, ravvedetevi”), antipolitico (“Questa è tutta colpa dei politici”), popolare, de panza (“Jè na schfezz”). Video molto spesso caratterizzati dalle comparsate di uno o più passanti in qualità di intervistati, non di rado imboccati nelle risposte da dare (del tipo: “E’ per colpa dell’assessor Tal dei Tali se questa strada è rotta, non è vero ?”) in cui il Generale, con la sua onnipresente auto di servizio con cui precede quasi sempre le forze dell’ordine, fa da dominus: lui è il cameraman; lui il regista; lui l’intervistatore. Gli altri componenti del suo team, dall’immancabile Ispettore Capo Pasquale Grieco, (sua vera spalla, una sorta di Mimi Augello per il commissario Montalbano) agli interscambiabili capitani, stanno sempre un passo indietro. Del resto se si è generali non è un caso! Ma il vero tocco di genio, il quid in più che varrebbe da solo l’Oscar per la miglior scenografia è il pupazzetto di Pinocchio con tanto di fascia tricolore con cui si richiama il “Caro Sindaco Pinocchio”. Proprio con la presenza del Pinocchio-Sindaco che infatti il duo Marasco-Grieco dà il meglio di sé. Il copione è pressoché questo: l’ispettore segnala, durante una video-denuncia, uno strano oggetto; la camera zoomma sull’oggetto in questione; il Generale riconosce nell’oggetto l’amato pupazzetto; i due scoppiano in una risata; chiusura con il consueto invito a condividere e commentare. In ragione di quanto scritto è facile allora comprendere che fra gli aficionados del Generale non vi siano solo chi lo apprezza nelle vesti di pubblico castigatore ma anche chi si diverte osservando il personaggio Marasco. Un personaggio costruito ad arte e di sicura presa. Una costruzione casereccia ma non così distante da quella alla base dell’ideal tipo del leader populista.
Domenico Antonio Capone