Giovedì 21 Novembre 2024

La dichiarazione della madre di Felice Fischetti: Faremo appello, quel giorno me lo hanno ucciso per la seconda volta

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Rinaldi Luciano, il 61enne di Monte Sant’Angelo, il 16 luglio 2017, ferì mortalmente il giovane 23enne Felice Fischetti. “Omicidio, con l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi”, come richiesto nel giudizio immediato dal PM, d.ssa Anna Landi, sostituto procuratore della Repubblica di Foggia. All’epoca dei fatti <dopo aver visto due giovani passare dinanzi a casa sua, pensando che volessero ivi urinare, scendeva dall’abitazione il Rinaldi, colpendo Felice Fischetti (il 23enne in seguito deceduto, ndr) in regione inguinale con un coltello della lunghezza di cm 30 (..) con conseguente e immediata abbondante perdita di sangue che faceva entrare il ragazzo in uno stato di coma (…) con conseguente decesso, avvenuto due giorni (..) nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza>. Con sentenza n. 369 del 13.09.18 il giudice Dr. Roberto Scillitani del Tribunale di Foggia dichiara: Rinaldi Luciano Antonio colpevole dei reati a lui ascritti e lo condanna alla pena di 10 anni di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e il mantenimento in carcere. Con questa formula si conclude la prima fase del procedimento penale. Secondo le parti civili costituite dagli Avvocati difensori della famiglia Fischetti, Innocenza Starace e Giovanni Battista Starace, la giustizia non è stata esaustivala pena di anni 10 non soddisfa la famiglia e la parte civile anzi ha sconvolto la mamma che ha avuto un malore in udienza. Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza per capire cosa ha determinato il magistrato a comminare una pena così bassa e cosa l’ha convinto a derubricare il reato da “omicidio volontario in omicidio preterintenzionale”.

La madre di Felice Fischetti dichiara ai microfoni di Manfredonianews: “Voglio che si sappia che 10 anni sono troppo pochi. Non si può accettare. Non è omicidio preterintenzionale. Continueremo a seguire la via della giustizia (anche se credo che così non si possa chiamare) e, in attesa delle motivazioni della sentenza di primo grado, siamo già più che convinti di fare l’Appello. Personalmente non ho mai varcato la soglia di un Tribunale ma sono rimasta allibita nell’ascoltare le sentenze pronunciate quel giorno, il 13 settembre. Qui in Italia la vita di un ragazzo vale meno di un Kg di droga. Lo ripeterò continuamente che quel giorno (giorno della sentenza di primo grado) me lo hanno ucciso per la seconda volta, ma è lui stesso, mio figlio che mi dà la forza di rialzarmi ed io per lui ci sarò sempre fino all’ultimo respiro. Non basterà l’appello? Andrò in cassazione. So che un giorno morirò ma non prima che Felice abbia avuto giustizia”.

Grazia Amoruso

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