Da tempo si discute sul ruolo e sulle vocazioni di Manfredonia, una discussione di tipo politico, culturale e sociale che ha portato negli anni a ripensare più e più volte la città sipontina e l’immagine che questa può avere di sé. La storia di Manfredonia ci insegna quanto sia importante assecondare le naturali vocazioni del territorio per evitare forzature che possano ritorcersi contro il vero sviluppo economico e sociale di un’area. Certamente occorre partire da un assioma: una città, per definizione, non può “reggersi” su un unico tipo di economia, sicuramente, però, occorrerà sempre individuarne una prevalente che dia un volto credibile al territorio ed al suo sviluppo. Oggi Manfredonia sta provando a diventare una città che con decisione riesca ad intraprendere una strada che possa assicurarle qualche nuova e concreta prospettiva di sviluppo. Al di là delle opinioni diverse e contrastanti della comunità locale rispetto alle modalità con le quali si sta cercando di puntare allo sviluppo turistico sipontino, oggi almeno un aspetto appare evidente: Manfredonia, pur avendo perso servizi vitali (si veda, tra gli altri, il reparto di Ostetricia e Ginecologia che serviva buona parte del Gargano) si è ricordata di essere una città garganica. Il neonato progetto “Io sono Gargano”, sorto per tentare di tenere insieme potenzialità, pensieri ed energie del territorio, ha elevato Manfredonia allo status di comune capofila. Proprio in una delle prime presentazioni del progetto, che mira a “creare e promuovere comuni percorsi culturali, enogastronomici, museali, artigianali, naturalistici”, il presidente Bacchella ha sottolineato che “un punto di forza della scelta di Manfredonia come comune capofila sta nel fatto che sia un vero e proprio capoluogo del Gargano, riconosciuto dal territorio come tale più di quanto si possa pensare e più di quanto non lo sia Lecce per l’area salentina”. A rincarare la dose, il giornalista Saverio Serlenga nello stesso periodo in cui della città garganica si parlava soprattutto in riferimento al drammatico stato di strade e verde pubblico, suscitava non pochi commenti quando sulla propria pagina facebook scriveva che si stava battendo, e non da poco, per l’istituzione di una provincia del Gargano che possa vedere in Manfredonia un chiaro punto riferimento, sembrando di ripercorrere il tentativo di istituire una nuova provincia, che contenesse l’intero territorio garganico, portato già in proposta al Parlamento nel 2001 dall’On. Antonio Leone. Intanto a Manfredonia torna a tenere banco il tema della modifica dei confini territoriali. Abbiamo ascoltato il prof. Italo Magno, attivo consigliere del comune di Manfredonia che presto presenterà un’interrogazione per ridisegnare e ripristinare i confini del comune sipontino. Sì, perchè la città che prova a diventare un riferimento per l’intero promontorio, potendo contare sul fattore demografico, nel giro di neanche un secolo sembrerebbe aver perduto buona parte del proprio territorio più strettamente garganico. Le più antiche carte della città di Manfredi ci raccontano di una Manfredonia che aveva il dominio su tutta la piana di Macchia, posta oggi a contenimento della periferia nord, che per poco non “straborda”. Anche la storia dei secoli successivi ci parla di una realtà diversa; secondo gli studiosi lo storico sbarco dei turchi a Manfredonia avvenne presso “Chianca Masitto”, ridente località costiera a pochi chilometri dalla periferia cittadina. Va considerato che il comune sipontino è il ventisettesimo comune italiano per estensione territoriale (più esteso dei comuni di Milano e Torino, di casi del genere in Puglia se ne contano diversi) e proprio per questo occorrerebbe rivedere i confini di un comune che vede la città sorgere all’estrema periferia settentrionale dello stesso. Manfredonia confina con comuni “lontani” come Carapelle e Cerignola e non confina con il comune del paese più vicino alla città stessa ovvero Mattinata. L’esigenza di rivedere i confini del territorio di pertinenza diventa inevitabile se si pensa alla gestione e al controllo di un territorio rispetto al quale la città deve cercare di essere più centrale e meno periferica. “Nel Catasto provvisorio del 1812, Manfredonia si estendeva anche sui terreni situati tra i torrenti di Pulsano e Varcaro, con attività produttive particolarmente floride di uliveti e mandorleti. Tutte le mappe dell’epoca dicono questo. La Commissione feudale lo sancì con due diverse ordinanze. Purtroppo gli amministratori comunali di Monte Sant’Angelo non volevano pacificarsi e pretendevano la zona predetta; contro tale pretesa insorsero gli amministratori del Comune di Manfredonia, rifacendosi alla decisione della Commissione Feudale e dal Commissario del re – evidenzia Italo Magno -. La Situazione s’intorpidì tra la fine del primo decennio ed il decennio successivo, con avvio di litigi di difficile composizione. I contrasti si riaccesero quando si diede vita al catasto geometrico parcellare del 1889, affidato agli uffici Catastali provinciali. Il Comune di Manfredonia propose un convegno per cercare di dirimere la controversia e stabilire tra tutti i comuni limitrofi una pacifica vicinanza. Ma nulla si scrisse di nuovo, in merito ai definiti confini tra Monte e Manfredonia, ed anzi il perito catastale confermò il mantenimento dei confini di Manfredonia fino al torrente Varcaro. Questo valse fino al 1936, anche se il podestà di Monte Sant’Angelo ha continuato a non dare tregua; finché in occasione del censimento generale della popolazione del 1936, il podestà di Monte avanzava la pretesa di censire per il suo Comune gli abitanti della borgata Tomaiuolo, parte integrante della frazione Montagna ricadente nel Comune di Manfredonia. Il podestà di Manfredonia, rivendicando la frazione Tomaiuolo, reagì chiedendo l’intervento della prefettura, ma di fatto cedeva le armi, in quanto si dichiarava disponibile ad accettare che i confini a nord est di Manfredonia terminassero lungo il torrente Pulsano. Così affermando: “Ma, se il Comune di Monte Sant’Angelo, vuole estendere gli accertamenti per l’imposta sul bestiame al territorio della frazione Montagna sarò costretto a fare altrettanto per la vasta zona del territorio compresa tra i suindicati due torrenti (Pulsano e Varcaro). Ne deriverebbe che l’intero confine territoriale tra Manfredonia e Monte Sant’Angelo diverrebbe controverso”. “Sembra, quella del podestà di Manfredonia, una risposta spericolata rispetto alla prepotenza del Comune di Monte, ma il sospetto più veritiero è che evidentemente il Comune di Monte Sant’Angelo vantava autorevoli appoggi nel consiglio provinciale fascista. Un compromesso di una lotta durata 120 anni si chiudeva con una rassegnazione del podestà del Comune di Manfredonia, contenente due atti illegittimi, in cui il podestà di Manfredonia cedeva le armi con la rinuncia all’antica e sacrosanta rivendicazione del nostro Comune di occupare la parte di territorio compresa tra i due torrenti Pulsano e Varcaro, zona florida ed ottimo affaccio sul mare alle porte della città, avendo in cambio la borgata Tomaiuolo, di modeste dimensioni e poverissima”, continua il consigliere Magno, che conclude: “Le conseguenze per la nostra città, a distanza di decenni, si sono rivelate gravissime. E noi di Manfredonia Nuova, coadiuvati da un eminente esperto di questioni ammnistrative, già individuato e consenziente, proveremo a revisionare i due atti illegittimi del regime fascista, per stabilire quanto giusto e soprattutto necessario al rispetto degli interessi delle due popolazioni”. Riuscirà Manfredonia, con la complicatissima situazione di oggi, a dire la sua in tutto questo? I più ottimisti sperano che i “molles et ballerini” si sveglino.
Giovanni Gatta
Sarebbe ora. E’ necessario per Manfredonia tutto questo
Sarebbe ora, Manfredonia si è fatta mettere i piedi in faccia nel vero senso della parola. Poteva sì diventare un grande riferimento per tutto il Gargano