Notevole successo di pubblico e di critica ha riscosso il ducu-film proiettato in prima nazionale ieri sera in Piazza del Popolo dal titolo: “Manfredonia – La catastrofe continuata”. Autore e regista, Massimiliano Mazzotta, già autore di altri lavori dedicati alla difesa dell’ambiente. Un documento di denuncia, oltre che di riflessione. Uno spaccato di vita vissuta da un territorio e dalla sua popolazione nel quale condensa fatti e avvenimenti accaduti oltre quarant’anni fa, ma che sono ancora di drammatica attualità per gli strascichi dagli stessi prodotti. Ci riferiamo alla presenza del IV Centro Petrolchimico realizzato in quella che era la lussureggiante Piana di Macchia, ad appena un chilometro da Manfredonia. Nessuna voce narrante o fuori campo. L’autore ha fatto parlare i veri protagonisti che, direttamente o indirettamente, hanno vissuto la drammaticità di determinati momenti. Bellissime le immagini, curate da Marco Piras, dallo stesso Mazzotta e Monica Assari, La storia nasce nel lontano 20 ottobre 1967 quando i sipontini appresero dalla stampa nazionale la notizia che in quel sito il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) aveva autorizzato l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) a costruire l’impianto petrolchimico ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili). Decisione, presa senza, peraltro, coinvolgere le istituzioni e la comunità locale. Al 1969, quando ebbero inizio i lavori e, nel 1971, quando entrarono in funzione i primi impianti. Attività del tutto sconosciuta, ai più, in particolare a quei politici che avevano brigato tanto per ottenere la fabbrica. Agli amministratori locali e agli stessi ignari ‘fortunati’ lavoratori, che avevano ottenuto il privilegio di essere assunti. Ben presto, però, ci si è accorti dei gravi danni che avrebbe procurato al territorio e in particolare alla salute pubblica quel tipo di industria, ubicata in prossimità di una città di 60mila abitanti. Un po’ troppo tardi, invero, nonostante gli appelli delle Associazioni ambientaliste e, in particolare dell’ing. Pignataro il quale, diede soluzioni alternative alla sua ubicazione, senza essere ascoltato. Le prime avvisaglie si ebbero il 15 luglio 1972 quando si verificò il primo incidente e poi tanti altri, fino al 17 maggio 1984, con l’incendio nel magazzino insacco del caprolattame. Il più devastante, però, fu lo scoppio della parte terminale della colonna di assorbimento di anidride carbonica per la produzione di anidride arseniosa, che provocò la dispersione nell’aria e sul suolo circostante di circa 32 tonn. di arsenico. Fin qui la dolorosa rievocazione storica del maledetto ventennio di attività del petrolchimico e l’ineluttabile destino che ha segnato per sempre l’intero territorio e i suoi abitanti che, a distanza di oltre quarannt’anni, continua a provocare morte e malattie incurabili, senza, peraltro, essere riusciti a porre fine o, almeno, ad arginare il fenomeno dell’inquinamento del suolo e del mare, visto che ancora oggi si continua a scaricare in mare reflui di dubbia natura. E’ l’importante risultato emerso da uno studio che un’apposita Commissione scientifica, sulla spinta della “Ricerca Partecipata” e con il contributo della società civile, ha prodotto, a conclusione di accurate ricerche dalle quali è stato accertato che le condizioni di salute della popolazione di Manfredonia sono in continuo peggioramento e che l’arsenico e altri agenti tossici sono entrati nella catena agroalimentare, continuando a produrre conseguenze nocive sullo stato di salute della popolazione. Da qui la necessità di massicci interventi mirati, per quei siti ancora inquinati, in particolare delle falde acquifere e del mare e che avvenga in tempi brevi, ma con il controllo delle istituzioni e della cittadinanza, con il superamento dei limiti e del modo inadeguato con cui la bonifica è stata effettuata. Che sia completa, totale e assoluta, con il superamento dei limiti e le inadeguatezze degli interventi posti in essere da chi, oggi è deputato a tale incarico (ENI SYNDIAL) che, nonostante l’impiego di centinaia di milioni di euro, denaro dei cittadini, del cui uso non vi è alcun riscontro e rendiconto pubblico, il problema non è stato ancora risolto. Per cui non bisogna frapporre alcun indugio perché la catastrofe è continuata e la salute dei cittadini è in netto peggioramento. “Se non incominciamo a lottare perché siano fatte le azioni necessarie non potremo più lamentarci di Manfredonia come città ferita perché tra poco sarà una città perduta!”.
Matteo di Sabato