Sabato prossimo, 14 aprile 2018, verrà proiettato a Manfredonia (ore 21 piazza del Popolo) in prima nazionale il documentario “Manfredonia. La catastrofe continuata” di Massimiliano Mazzotta.
Il film ripercorre la storia della comunità manfredoniana a partire dall’insediamento del petrolchimico nei primi anni ’70. Non c’è voce narrante. I fatti si presentano allo spettatore senza commenti fuori campo e sono accostati ad interviste e documenti sia d’epoca che attuali: ne risulta un’opera corale dove la comunità di Manfredonia trova una completa espressione.
I fatti sono noti: il 26 settembre 1976 esplode la colonna di lavaggio dell’impianto di sintesi dell’ammoniaca nell’Isola 5 del Petrochimico e vengono emesse diverse tonnellate di arsenico sotto forma di composti chimici. L’incidente tuttavia non è isolato, è solo il più grave di una serie ininterrotta che dura fino ai primi anni ’90 (il Petrolchimico verrà dismesso nel 1996).
La catastrofe continuata: cronologia
15 luglio 1972: lo stabilimento è invaso da una alluvione: non vengono date informazioni su eventuali fuoriuscite di sostanze chimiche.
26 settembre 1976: fuga di arsenico che contamina la città.
3 agosto 1978: una nube di ammoniaca si diffonde sull’abitato.
22 settembre 1978: violento incendio nell’impianto per la produzione di fertilizzanti.
15 maggio 1984: un incendio distrugge completamente il magazzino di caprolattame.
11 luglio 1986: fuoriuscita di gas nitrosi dall’impianto caprolattame e formazione di una densa nube gialla sulla città.
16 giugno 1987: il Pretore di Otranto Ennio Cillo dispone il sequestro dello scarico dei reflui della lavorazione del caprolattame.
2 marzo 1988: il Pretore di Monte S. Angelo ordina il sequestro di 30 ettari di terreno contiguo allo stabilimento per smaltimento di rifiuti non autorizzato ed inquinamento della falda.
18 luglio 1988: fuoriuscita di acido solforico da un serbatoio di stoccaggio dello stabilimento
16 settembre 1988: il Presidente del Consiglio dei Ministri De Mita individua in Manfredonia la sede di stoccaggio dei rifiuti tossici e nocivi trasportati dalla nave Deep Sea Carrier.
15 ottobre 1988: il Pretore di Manfredonia sequestra 4 navi cariche di 50.000 tonnellate di sali sodici per stoccaggio non autorizzato.
15 novembre 1988: l’Enichem per l’impossibilità a smaltire i sali sodici, ferma l’impianto di produzione del caprolattame e sospende 270 lavoratori.
11 gennaio 1989: il Pretore di Monte S. Angelo sequestra l’impianto di incenerimento in costruzione nello stabilimento e le discariche in isola 12 in cui sono state smaltite 30.000 tonnellate di code benzoiche.
8 marzo 1990: durante le operazioni di trasferimento di ammoniaca dallo stabilimento alla nave cisterna HAVPIL si libera una nube di ammoniaca che investe l’abitato di Manfredonia.
Nel film scorre parallela la vicenda delle indagini medico-epidemiologiche più recenti condotte nell’area di Manfredonia. I pochi studi pregressi sono filtrati attraverso la ricerca attuale. La ragione sta nel fatto che l’evidenza empirica prodotta fino ad allora sui danni sanitari sopportati dalla popolazione era stata poca e controversa. Il processo Lovecchio relativo agli operai del Petrolchimico ammalatisi di tumore polmonare si era concluso nel 2012 con l’archiviazione da parte della Corte di Cassazione: nei dibattimenti processuali dei primi anni 2000 si disponeva solo dello studio epidemiologico sulla coorte degli addetti al Petrolchimico e delle ditte di appalto fino al 2001.
Solo con la ricerca attuale, passati oltre quarant’anni dall’incidente, è stato possibile ricostruire il profilo di salute della popolazione e disporre di un periodo di analisi sufficientemente esteso da poter osservare i casi di malattia tumorale, che notoriamente richiedono un lungo periodo di incubazione dalla prima esposizione allo sviluppo della patologia.
La storia corale mostrata nel documentario è molto più ricca della sola informazione epidemiologica: l’impatto del Petrolchimico emerge in tutta la sua drammaticità.
La catastrofe si rivela non circoscritta ad un episodio lontano di tanti anni fa, si rivela viva, continuata e presente ancora oggi. Un impatto sociale, antropologico, culturale, non solo ambientale o sanitario. Un insieme di fattori, una serie complessa di rimandi, come emerge anche nel film nella parte dedicata alla discussione pubblica sulla salute cardiovascolare. Una catastrofe in sé, dunque, prima che un incidente industriale con emissione di arsenico nell’ambiente.
Con una aggravante: la negazione e la rimozione collettiva nazionale della catastrofe subita da Manfredonia, nonostante l’Italia sia stata condannata all’unanimità dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nel 1998 a seguito della denuncia delle donne di Manfredonia (Caso Guerra e altre contro l’Italia, 116/1996/35/932) per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea sul diritto di informazione.
Questa assenza di memoria nazionale emerge come una grave ingiustizia.
Sarebbe però sbagliato pensare che il film di Mazzotta si riferisca solo al passato. La gente di Manfredonia parla di oggi e pone molte domande. Non possono essere raccontate, vanno viste le persone, donne e uomini di Manfredonia, così come scorrono nello schermo. E sono stati presenti anche nel corso della realizzazione del film, ad esempio quando una decina tra ragazzi e ragazze hanno intervistato la comunità dei pescatori sotto la supervisione del regista, diventando parte attiva nella realizzazione del documentario.
Infine un grazie ai produttori, Epidemiologia e Prevenzione (società no profit proprietaria dell’omonima rivista, organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia) e Medicina Democratica (associazione ONLUS da anni attiva nella lotta alla nocività in fabbrica e nell’ambiente) e ai singoli che hanno contribuito con le loro donazioni alla realizzazione dell’opera.
Annibale Biggeri, Epidemiologia e Prevenzione
Marco Caldiroli, Medicina Democratica
Per info: arsenichem@gmail.com
https://youtu.be/WNEdPBa1mtg