Domenica 22 Dicembre 2024

Sabina Broetto e Silvano Monchi a Manfredonia

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Nella serata di ieri 23 febbraio si è svolto un incontro con Sabina Broetto e Silvano Monchi presso il LUC dal circolo Manfredonia Fotografica e dal suo presidente Pasquale Amoruso.

Durante la serata, i due fotoreporter hanno mostrato e commentato le foto dei viaggi del 2015, 2016 e 2017, tutti resi possibili grazie ad alcuni studenti, poi divenuti funzionari di rilievo dei loro paesi, che hanno studiato presso lo studentato internazionale Rondine, situato nei pressi di Arezzo, in Toscana.

Nel 2016 sono andati nel Nagorno Karabakh, una terra di nessuno, in quanto questo territorio non è riconosciuto a livello internazionale da nessuno stato: qui Sabina e Silvano hanno fotografato momenti di vita quotidiana della popolazione fatta di molti giovani. In questo Paese(uso volutamente la “p” maiuscola, per dare pari dignità a questo territorio nel quadro internazionale), la popolazione abita in case costruite dall’allora Unione Sovietica, essi si dedicano all’agricoltura e all’allevamento, i bambini giocano con ciò che conoscono, ossia con le armi(pistole in prevalenza). Ciò che colpisce di questo popolo è la loro ricchezza in fatto di tradizioni ed usi, ma agghiacciante è la povertà. Il Nagorno Karabakh si è distaccato dall’Azerbaigian e per questo motivo è in guerra con la Russia dal 1993. Nelle strade si vedono camion abbondonati, cisterne in disuso eccetera.

Il secondo viaggio è stato effettuato nel 2015 in Armenia: questo paese ha una ricchezza basata sul commercio di pelli e tappeti, ma la fonte principale di sostentamento è l’intarsio di croci su pietra, affidato alle abili mani di artigiani locali. In questo paese vi sono molti mercati, ma dato il clima continentale del Caucaso (si passa dai +40°C dell’estate ai -40°C in inverno), la maggior parte dei mercati si sviluppa in luoghi chiusi o coperti; solo in anni recenti si sono sviluppati piccoli negozi di generi alimentari.

In Armenia, il primo Paese a portare aiuti è stato l’Italia, che ha costruito un vero e proprio villaggio con dei container per ospitare la popolazione locale: in questo centro vive un italiano, il Dott. Antonio Montalto, siciliano e console onorario dell’Italia in Armenia. Egli ha fatto costruire scuole di ceramica per le ragazzine e scuole edili per i ragazzi. L’Italia è presente in Armenia dal 1989.

Gli armeni vivono di allevamento e di agricoltura, infatti le loro case si riconoscono subito poiché sono circondate da terreni coltivati tutt’intorno.

Sono una popolazione molto accogliente, infatti qui vivono pacificamente e alcune minoranze etniche possono usare le proprie tradizioni : qui vive la minoranza russa dei Molokani (=bevitori di latte in russo), cacciata dalla Russia in epoca zarista poiché ritenuti eretici, in quanto bevono il latte, loro fonte di sostentamento, quando la religione ortodossa lo vieta.

In Armenia vivono anche i Curdi, perseguitati dai Turchi, che qui possono vivere secondo le loro usanze e parlare la propria lingua(per tale motivo in Turchia si è incarcerati).

Molto toccante il momento in cui i reporter ci hanno mostrato il monumento costruito per ricordare il genocidio armeno perpetuato dall’allora Impero Turco Ottomano tra il 1915 ed il 1918 e mai riconosciuto come tale dalla Turchia. Particolare per la forma architettonica e la collocazione, il mausoleo è posto in un luogo isolato ed è costruito in modo tale che le musiche udibili all’interno non siano percepite all’esterno. Nel mausoleo si sente una musica molto toccante che i fotografi ci hanno fatto ascoltare.

In questo territorio molto forte è la componente religiosa, essi sono cristiani dal 427 d.C. quando la hanno adottata come religione di Stato. Riconoscono l’autorità di Papa Francesco, ma hanno un loro leader religioso. Qui le messe durano due ore e mezzo, durante le quali i preti celebrano dietro una balaustra e i fedeli assistono stando in piedi tutto il tempo. Molto presente è la cultura del canto lirico, infatti molti cantanti lirici parlano italiano, lingua di molte opere.

In conclusione, Sabina e Silvano hanno illustrato il loro viaggio tra Georgia ed Abkhazia, tra i due stati è in corso una guerra civile e il loro confine è rappresentato da un ponte sul quale è posto un checkpoint simile a quelli presenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo popolo parla una propria lingua, l’abcaso.

La loro capitale è Sukhumi o nella lingua abcasa Akua (Suchum). È famosa poiché possiede molte ville di oligarchi russi, tra cui anche quella appartenuta a Stalin, nato in Georgia.

Tale territorio è molto importante per i Russi poiché avrebbe costituito il loro unico sbocco a mare, in questo caso il Mar Nero, prima che fosse intrapresa la guerra per la Crimea.

L’incontro è stato molto emozionante e seguito da un pubblico interessato, per me è stata l’occasione per conoscere posti non presenti su alcuna carta geografica.

Un ringraziamento a Sabina Broetto e Silvano Monchi per essere venuti a Manfredonia a tenere quest’incontro ricco di molti spunti per future ricerche per chi lo vorrà.

Michele Carpato

 

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