Il sindaco Riccardi invita i giovani a fermarsi dinanzi alla targa commemorativa posta dinanzi all’ex macello “per stimolare lo sviluppo di una coscienza critica e attenta ai segnali del nostro tempo”.
Siamo ormai prossimi alla Giornata della memoria, che viene celebrata il 27 gennaio. Si tratta di una ricorrenza molto importante, per non dimenticare le vittime della Shoah e, quindi, lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento per mano dei nazisti, durante la Seconda Guerra Mondiale. La parola ‘Olocausto’ è entrata di prepotenza nel lessico comune e la ricorrenza del 27 gennaio è rivolta soprattutto alle nuove generazioni: quelle che non hanno vissuto in prima persona gli orrori della guerra, ma che dovrebbero conoscere a cosa ci si riferisce quando si parla di ‘Olocausto’.
“Nel 2013, l’Amministrazione comunale ha fatto apporre una targa(sulla quale è scritto: “Dal 1940 al 1943 in questo edificio, adibito a campo di concentramento, la dittatura fascista incarcerò centinaia di cittadini italiani. Per non dimenticare”, NdR) per ricordare a tutti che anche qui, a Manfredonia, giunse in modo tangibile la violenza fascista. Una repressione che si concretizzò con l’allestimento di un campo di concentramento nell’edificio che, nell’estate del 1940, era stato appena costruito per essere adibito a mattatoio. Tra le varie sopraffazioni attuate dal fascismo, infatti, vi era anche quella di rinchiudere in campi ed in località di internamento gli ebrei, gli antifascisti, gli anarchici, i sovversivi e tutte le persone che erano ritenute genericamente pericolose per l’ordine pubblico”, ricorda il sindaco Angelo Riccardi.
“Per tale scopo – continua il primo cittadino – fu approntato anche il campo di concentramento di Manfredonia che, seppur lontano dalle mostruosità che si verificarono nei campi di concentramento nazisti, era un luogo di reclusione. Esso cominciò a funzionare il 16 giugno 1940 e, fino all’estate del 1943, quando cessò la sua attività, nel campo di concentramento di Manfredonia transitarono 519 internati”.
La scelta di Manfredonia fu motivata sia dalla presenza del porto e della ferrovia, sia dall’esistenza di due edifici che erano stati ritenuti in grado di essere adattati a reclusori: il macello e Villa Rosa. Il primo fu preferito al secondo perché situato a due soli chilometri dall’abitato e perché di proprietà comunale. Il macello disponeva di una ventina di ambienti, riadattati in tutta fretta per ospitare gli internati. Più nel dettaglio, oltre ai locali della direzione e dell’amministrazione, il campo di concentramento comprendeva undici cameroni, quattro mense con annesse cucine, uno spaccio, una infermeria, il lavatoio, la cappella, le docce e diversi servizi igienici. La vigilanza era affidata a otto agenti di polizia e ad un posto fisso dei carabinieri. Un mondo di sofferenza e di privazioni, spazzato via all’indomani della caduta di Mussolini.
“Affinché il ricordo della Shoah sia utile, la memoria non deve limitarsi soltanto all’indignazione e alla denuncia morale contro i crimini nazisti. Perché la memoria abbia un senso – aggiunge, infine, Angelo Riccardi – è importante comprendere ciò che accadde da un punto di vista storico. Non basta condannare il male, è importante studiare e capire come è potuto accadere. E’ per questo che mi permetto di rivolgere un invito agli istituti scolastici del nostro territorio, affinché i giovani, chiamati a essere i messaggeri di domani, possano recarsi dinanzi alla targa commemorativa affissa vicino l’edificio che ospitava il macello, per stimolare lo sviluppo di una coscienza critica ed attenta ai segnali del nostro tempo. Conoscere il passato non è solo commemorare ma è, principalmente, apprendere e riconoscere che ciò che è stato può essere ancora. Il presente e il futuro si legano con il passato, seppur in contesti certamente diversi. Per questo la memoria è importante”.
Matteo Fidanza
Ufficio Stampa – Città di Manfredonia