Si è svolto a Roma il 22 novembre scorso, presso l’Hotel Bernini di Roma, il Convegno a titolo “CHI HA UCCISO IL SINDACO PESCATORE?”, con relatori Dario Vassallo, Presidente della Fondazione Vassallo” e i giornalisti della Repubblica, del Fatto Quotidiano e del Messaggero. Tra il nutrito pubblico c’erano Dario Riccoboni dell’Associazione “Addio Pizzo”, Antonio Bassolino, Stefano Fassina, Antonio Ingroia, Michele Emiliano, Rosario Cusmai e tante altre personalità, né sono mancati i saluti scritti o video di Leoluca Orlando, Luigi De Magistris e dell’europarlamentare Gianni Pittella.
Dario Vassallo, tratteggiando la figura del fratello Angelo, ha chiesto che la politica s’interessi al “Caso” con fatti concreti e la costituzione di una Commissione Parlamentare d’Inchiesta, relativa all’uccisione del Fratello Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, avvenuta il 5 settembre 2010. In caso negativo, la Fondazione Vassallo si rivolgerà alla Corte Suprema dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Tutti hanno cercato di dare la risposta alla domanda “Chi ha ucciso il sindaco pescatore?”, mettendo soprattutto in risalto che la morte violenta di un sindaco non è un attacco ad una persona, ma allo Stato, alla democrazia, al bene comune. Angelo Vassallo è stato il Sindaco dei buoni propositi, della legalità e, la sua morte, è anche la sconfitta della politica, che deve essere votata, non all’accaparramento di beni personali, ma al benessere pubblico. Per questo dalla politica ci si aspetterebbe una maggiore attenzione di quello che si è visto finora. Non attivarsi per fare piena luce sull’assassinio del sindaco pescatore, a sette anni dalla sua morte, significa lasciare che la politica sia soggiogata ai poteri criminali e, conseguentemente, non sia più in grado di esprimere il proprio servizio d’interesse pubblico. È assurdo che siano i famigliari a chiedere verità su Angelo e non sia invece lo Stato a farlo, esigendo che le indagini non si fermino al fatto criminale, ma vadano più al fondo, agli intrecci tra mafia e politica, che ormai sta prendendosi tutto il Paese.
Diversi sindaci intervenuti, come il Sindaco di Castelnuovo (Reggio Emilia), che stava per gettare la spugna, perché assillato dalla morsa della ‘ndrangheta calabrese, che aveva invaso la sua Amministrazione. Poi si è trovato di fronte l’esempio di Angelo Vassallo, che si era opposto alla camorra ed agli spacciatori di droga, e così anch’egli si è messo al lavoro con rinnovata lena. Sono fioccate le minacce, gli è stata affidata una scorta, ma ora la battaglia è stata quasi vinta. Anche il Sindaco di Peschici ha raccontato le difficoltà a gestire il suo Comune nella legalità, al costo di due macchine bruciate ed altro, ma si è detto orgoglioso di quello che sta facendo per la sua città. Il Presidente Michele Emiliano ha svolto un lungo intervento per cercare di evidenziare come la spinta deve andare verso un approfondimento delle indagini. Certo ci sono stati degli scontri tra il Sindaco Vassallo ed esponenti locali del PD.
“Non posso negare – ha detto Emiliano – che il fatto si possa collegare ad alcuni suoi contrasti su spese fatte in maniera sospetta per strade fantasma. Io immagino che Angelo potrebbe anche aver evocato certe scelte illecite della politica e che qualcuno non volesse si facesse luce su quello che egli voleva svelare. Purtroppo questo è un Paese dove spesso non si vuole scoprire la verità. La vera colpa della politica è nel non voler fare percepire quello che c’è nel’intreccio tra politica e malaffare. Invece è proprio quello che serve al Paese”.
Italo Magno, nel suo intervento, ha espresso la convinzione che il Sindaco Pescatore sia stato ucciso da un intreccio tra politica e criminalità. Posso affermare questo anche partendo da quanto è capitato a me. Ho svolto il mio lavoro, sempre rifiutando le proposte a candidarmi. Poi ho preso a scrivere in una rubrica di un giornale locale, molto letta, dal titolo ”Caro Sindaco ti scrivo…”, dove trattavo con semplicità di questioni locali. È bastato questo perché qualcuno pensasse di far depositare nella buca della mia posta personale tre proiettili, con un bigliettino in cui mi s’invitava a godermi la pensione, la famiglia e la vita! Allora ho capito che una certa politica teme anche le idee e punta perfino a vietare la libertà di scrivere. Per questo decisi di candidarmi. Dai sindaci che abbiamo ascoltato oggi abbiamo visto quanta difficoltà e quale rischio c’è nel far politica onestamente e nell’esclusivo interesse delle città. Una volta si diceva che i politici corrotti erano poche mele marce. Oggi possiamo dire invece che poche sono le mele buone, anzi sembra si sia corrotto l’intero cesto che le contiene. Per questo occorre un’estesa presa di coscienza popolare per modificare l’attuale situazione”.
Comunicato stampa, 23.11.2017