La sua ricchezza umana ha concorso alla rigogliosa attività poetica, arricchendo la nostra comunità”, commenta il sindaco Angelo Riccardi.
Ci siamo svegliati più poveri. E’ di ieri sera, difatti, la notizia della scomparsa del poeta e artigiano Franco Pinto. Le sue condizioni di salute, dopo un intervento operatorio ai polmoni, non erano delle migliori ma, nonostante ciò, tutti noi continuavamo a godere della lettura delle sue poesie, proposte settimanalmente da un sito d’informazione locale e dal suo giornale cartaceo.
“Franco Pinto è stato, innanzitutto, un manfredoniano che ha amato la nostra città con tutto se stesso, senza mai risparmiarsi e, anzi, divenendone lungamente protagonista”, ricorda il sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi.
“L’Amministrazione comunale gli ha conferito il premio ‘Laurentino d’oro’ per il prezioso e inestimabile contributo alla cultura e alla conservazione del nostro patrimonio dialettale, oltre che per la mirabile abilità di artigiano ebanista. Un lavoro, quello del recupero e della conservazione dei saperi e delle tradizioni, che poteva apparire ‘sorpassato’ nell’era delle connessioni virtuali, delle chat e degli emoji, ma che non è mai stato tale perché ci ha permesso, invece, di conoscere meglio il dialetto sipontino e di acquisire consapevolezza della grande eredità della nostra storia, di ciò che siamo perché i nostri antenati sono stati”, aggiunge Riccardi.
Franco Pinto nacque il 21 aprile 1943, a Manfredonia. Suo padre era un pescatore e, come era consuetudine, anch’egli intraprese questa professione, seppur ciò non durò molto, forse in ragione di una brutta esperienza vissuta a bordo per una tempesta marina, e tornò agli studi che aveva interrotto. Pinto studiava e lavorava, visto che cominciò a prestare la sua opera presso una falegnameria e, quando perse il padre, divenne falegname a tempo pieno. Occorre arrivare al 1985 per vedere pubblicata, finalmente, la sua prima raccolta di poesie: ‘U Chiamatôre’. E non tardano ad arrivare anche le pubblicazioni teatrali: ‘Vernucchje’ e ‘A pûpe’, il primo del 1990 ed il secondo dell’anno successivo.
“Il vernacolo – riprende il sindaco Riccardi – rappresenta le nostre radici culturali: è sintetico, diretto, efficace, senza tanti preamboli. Come è stato Franco Pinto, la cui ricchezza umana ha fatto sì che il dialetto d’antica tradizione culturale si trasformasse in autentica poesia, di vena spontanea ma nient’affatto povera, anzi rigogliosa e nutrita d’immaginazione”.
“Con Franco Pinto scompare una figura originale e versatile di divulgatore di quella cultura che siamo soliti definire, semplificando, classica e popolare. In lui, infatti, queste due anime nobili coincidevano, in una unità intellettuale brillante, prolifica e che ha portato ricchezza di conoscenza e pensiero alla nostra comunità”, termina il sindaco di Manfredonia.
Matteo Fidanza
Ufficio Stampa – Città di Manfredonia