Riprendendo una nota pubblicità televisiva settembre è il mese dell’ascolto, e della riflessione come si dirà più oltre, dopo mesi quali quelli estivi dedicati per antonomasia alla vista, di bellezze fisiche e paesaggistiche, e al piacere. Settembre, forse solo con gennaio, è fisiologicamente portato a svolgere questo ruolo: le vacanze terminano, culminando con la festa patronale (accompagnata ogni anno inesorabilmente dalle polemiche di tutti su tutto che, al pari delle giostre; del torrone e dei fuochi sono essenza di ogni festa patronale, in qualunque parte d’Italia, da Bolzano a Canicattì credo) e la vita riprende la sua normalità. Con essa si riaffacciano vecchi impegni primaverili, che indefessi hanno attraversato il caldo limbo estivo, e nuove sfide, nuove scelte, scolastiche ma non solo, per molti ragazzi. Nell’affrontare i quali ci caricheremo come di consueto di tanti, buoni, ma a volte eccessivi viste le nostre potenzialità, propositi, indispensabili per ripartire e che forse non senza difficoltà realizzeremo. Perché, in barba al naturale ciclo della vita, è proprio a settembre che si concretizza quel tempo di semina i cui frutti si vedranno, se tutto va bene appunto, il prossimo anno. Dei propositi, questi di settembre, inevitabilmente, legati ad una’analisi, anche se minima ed appena abbozzata, su noi stessi. Settembre, come si diceva, è mese di riflessione e di ascolto, arte tra le più difficili da compiersi specie nell’attuale stagione dei social, a cui noi tutti, nessun escluso, apparteniamo, e dove all’ascolto di sé e del prossimo si preferisce lo stravedere e lo straparlare. Sempre e comunque ma soprattutto della qualunque. Sarà probabilmente per questo motivo, per questa mancata capacità all’ascolto, che spesso ci sentiamo soli dinanzi ad un nostro disagio, ad un nostro problema ed indifferenti di fronte alle difficoltà altrui. Un’indifferenza per l’altro da sé generale come è stato con vigore ribadito nel suo messaggio al termine della processione dal nostro vescovo, vero pastor animarum, vera guida della nostra comunità, indipendentemente dal credo o dal credere di ognuno di noi, verrebbe quasi da dire, visto il vibrato sociale del suo discorso. L’indifferenza e settembre, ritornando al nostro di discorso, sono fra loro antitetici: se l’una è sentimento di generalizzazione, di apatia, di schiavitù dei propri limiti, l’altro è momento di discernimento, di azione, di libertà. Si badi bene: nessuno, né tantomeno chi scrive, desidera l’avvento, la costituzione di una comunità calvinista, di puri e duri nello spirito (in stile “Breaking Amish” per gli amanti di Real Time). Nessuno vuole negare la bellezza, e la necessità, del piacere e di quel vedere di cui si parlava all’inizio. Semplicemente sembra ancora valida quella massima popolare che antepone il dovere al piacere. Perché per giungere ad un giusto piacere bisogna passare per il dovere della riflessione, dell’ascolto e poi dell’azione. Quindi, per il nostro e l’altrui bene, occorrerà passare per settembre. Senza dimenticarci tuttavia di ragionare anche negli altri mesi.
Domenico Antonio Capone