Conclusa la mostra pittorica ‘Manfredonia, la mia amata’: “Un’esperienza travolgente, andata anche oltre le aspettative che nutrivamo”, commenta il sindaco.
Sono trascorse poco meno di 72 ore dal termine della mostra ‘Manfredonia, la mia amata’, che ha visto l’esposizione, per la prima volta in Italia, di decine e decine di opere (circa novanta) del pittore tedesco Wolfgang Lettl, ma il vuoto di quel ‘contenitore di cultura’, perché tale è diventata la restaurata struttura delle ex fabbriche di San Francesco, è deflagrato subito nelle tremila e passa persone che hanno visitato la mostra, così come serpeggia, forse, un po’ di dispiacere in chi non è riuscito a visitarla per tempo.
I giudizi di chi ha voluto spendere un po’ del suo tempo per ammirare le opere esposte, dal vivo, sono univoci e gli occhi dei visitatori della mostra, spalancati per la meraviglia di quanto stavano osservando e per il piacere che ne ricavavano, sono la dimostrazione più chiara che la cultura e l’arte possono travolgere ed avvolgere anche chi non è avvezzo a visitare mostre pittoriche, come in questo caso.
“E’ stata un’esperienza travolgente, andata anche oltre le aspettative che si potevano nutrire. Grandi meriti, per il risultato raggiunto, vanno ascritti a Florian Lettl e a sua moglie Elisabeth, come anche all’Agenzia del Turismo e a quanti hanno prestato la loro opera per assicurare la buona riuscita della mostra”, afferma Angelo Riccardi, sindaco di Manfredonia. “La cultura è l’anima di un popolo, il senso del suo esistere. Nonostante gli equilibrismi sul filo dei tagli, qui, a Manfredonia, continuiamo a credere e a investire nella cultura: strumento insostituibile per superare le paure e le insicurezze che derivano dalla ricerca del dare un senso alla nostra vita”, conclude Riccardi.
Il primo cittadino ha creduto da subito alla proposta ricevuta da Florian Lettl, figlio dell’artista, preparata nei minimi dettagli, per mesi e mesi, senza lasciare nulla al caso: esporre le tele di Wolfgang in quella terra che lo aveva fatto innamorare della sua luce e dei suoi colori. Il punto fondamentale per gli impressionisti è proprio la luce: elemento indispensabile per la visione. Non per nulla la maggioranza degli impressionisti sosteneva la necessità di dipingere all’aperto, come faceva anche Wolfgang, per ricevere con immediatezza tutte le sfumature della luce, del colore, dei riflessi, dei movimenti, degli spazi. Le pennellate di colori puri accostate tra loro, anziché mescolati o sovrapposti, si influenzano a vicenda e vengono percepite dai nostri occhi in modo più luminoso. Ogni colore, infatti, subisce l’influenza dei colori attorno e a sua volta si riflette su quelli vicini. Un blu su uno sfondo bianco, per esempio, appare molto più scuro ai nostri occhi dello stesso blu su uno sfondo nero.
Wolfgang Lettl, però, non si è fermato all’impressionismo ma è stato anche il fondatore dell’Organizzazione per la promozione dell’arte surrealista, nonché creatore di un museo surrealista ad Augusta, nella cui Accademia di Belle Arti è stato professore di pittura. Il surrealismo è l’arte dell’inconscio, va al di là della realtà. Con il surrealismo tutto si riplasma, ridiventa concreto, ti permette di toccare in modo tangibile il tuo sogno, la tua illusione, la tua paura, che è lì davanti a te. Si potrebbe dire che la pittura surrealista proviene dall’interno dell’individuo: per tale motivo le opere di Wolfgang Lettl sono campi dell’arbitrio, libere associazioni di immagini, bizzarrie oscure e, a volte, inquietanti. Il surrealista ha l’ambizione smisurata di cambiare il mondo e la vita, ma capisce che per riuscirci è prima necessario comprendere se stesso. Non si può pretendere di trasformare il mondo e la vita se non si è cambiato se stessi. Questo implica conoscersi, esplorare il proprio inconscio, alla stessa stregua di quanti sono stati rapiti dalle opere di Wolfgang Lettl, soffermandosi lungamente davanti ad esse, mentre viaggiavano nella tela e dentro se stessi.
“È frustrante voler andare a dipingere e il cielo non fa altro che presentarsi grigio e piovoso. E siccome è un’esperienza così bella, lasciarsi ammaliare dalla luce di questo paesaggio, ho dipinto più quadri di quanti ce ne sarebbero serviti per le nostre pareti”, la spiegazione della feconda attività da impressionista fornita dall’artista stesso in un suo scritto. Wolfgang è stato impressionista e surrealista e, come spiega bene suo figlio Florian, “Non si tratta di due fasi, né di due pittori diversi, ma è sempre la stessa persona: una che vede con gli occhi e l’altra che vede con il cuore”, aggiungendo che “E’ la prima volta che le tele impressioniste e quelle surrealiste di mio padre vengono esposte nella stessa mostra: un esperimento che ha trovato gradimento e che io stesso ho gradito così tanto, da volerlo riproporre al più presto”.
‘Manfredonia, la mia amata’ è stato, indubbiamente, il momento più alto dell’estate sipontina anche se, è il caso di dirlo senza polemica alcuna, non ha ricevuto tutto il clamore mediatico, fuori dai nostri confini municipali, che avrebbe meritato e che è stato riservato, invece, ad altri eventi culturali, o presunti tali. La forza della mostra è stata, però, anche questa: farsi lanciare dalle sporadiche notizie che sono state pubblicate sulle testate web locali, dai doodle (loghi per commemorare eventi o anniversari) quotidiani concessi ad una di esse, alimentandosi, però e soprattutto, del passaparola generato dalla condivisione delle emozioni vissute da chi ha ammirato le opere di Lettl e ne è rimasto così affascinato da consigliarle agli amici e da tornarci una, due, tre, quattro, tante volte (come lo scrivente).
Florian Lettl e tutta la composita squadra che, a vario titolo e con più o meno partecipazione e utilità, hanno concorso alla mostra “sono riusciti a creare ricordi che resteranno a lungo nella nostra memoria. E’ stato stupefacente constatare l’attenta partecipazione di tutti coloro che hanno visitato ‘Manfredonia, la mia amata’, come sono rimasto profondamente colpito, in maniera positiva, dai giochi approntati per i bambini al seguito degli adulti, dalle svariate attività culturali succedutesi nei circa trenta giorni di mostra e dall’inesauribile desiderio di unire ancora più saldamente, semmai servisse, la famiglia Lettl alla ‘famiglia’, mi si passi il termine, sipontina. La nostra comunità ha scoperto quanto amore si può nutrire per quelle peculiarità della nostra terra a cui siamo abituati e diamo, quindi, per scontate ma che, invece, abbiamo ritrovato e riconquistato attraverso gli occhi di Wolfgang. Grazie ancora a tutti per quanto avete saputo fare per Manfredonia. E arrivederci a presto, Florian”, chiosa il sindaco Angelo Riccardi.
Matteo Fidanza – Ufficio Stampa – Città di Manfredonia
[foogallery id=”166032″]
[foogallery id=”163334″]
[foogallery id=”158664″]
[foogallery id=”158497″]