In occasione dell’inaugurazione del Museo storico dei Pompieri e della Croce Rossa abbiamo avuto l’opportunità di fare una chiacchierata con il maestro d’ascia Antonio Berardinetti. Ci ha illustrato e spiegato come, da solo, ha realizzato tutte le strutture e le teche del museo. Tutto è stato costruito con legno grezzo e senza utilizzare neanche un chiodo, ma solo degli ingegnosissimi incastri. Questa abilità di Antonio proviene dal mestiere che ha praticato per tutta la vita: il maestro d’ascia, un mestiere che purtroppo è in via d’estinzione poiché tutti i cantieri navali ormai non possono più costruire barche, dal momento che non si rilasciano più licenze di pesca. I numerosi cantieri che per decenni hanno realizzato bellissimi pescherecci – vanto della flotta del porto di Manfredonia, la terza d’Itali negli anni ’60 e ’70 – occupavano tutta la banchina, e facevano bella mostra di sé a chi passava lungo il viale. Chi non ricorda quei giganteschi scheletri di tavole di legno curve che pian piano si trasformavano in imbarcazioni varate per solcare il mare in cerca di pesce? Il cantiere navale di Antonio Berardinetti si trovava proprio in quel lembo di terra che si affaccia sul mare davanti a piazzale Diomede, e che presto diventerà una piazza. “Ho saputo che vorrebbero intitolarla a Lucio Dalla – ci ha detto Antonio – ma non lo trovo giusto. Per non dimenticare cosa si è fatto per secoli in quel luogo secondo me bisognerebbe intitolarla ai maestri d’ascia che per tanti anni hanno costruito le barche che hanno portato tanta ricchezza a Manfredonia. Tutti i cantieri navali dovrebbero essere ricordati: il cantiere navale Rucher dei maestri d’ascia Rucher, il cantiere navale Fortunato del maestro d’ascia Teodoro Fortunato, il cantiere navale Castigliego e Guerra e il mio cantiere navale dei maestri d’ascia Berardinetti. Se non li ricordiamo così i nostri figli, i nostri nipoti, non sapranno mai cosa c’era prima in quel posto. Le antiche mura sono ormai nascoste tra i palazzi, e spesso abbandonate a se stesse, non facciamo andare a finire nel dimenticatoio anche questo luogo. Solo così potremo lasciare un segno, un segno indelebile nella storia della nostra città, altrimenti tutti si dimenticheranno di noi.” Ci sembra una proposta valida, questa di Antonio, visto che a Lucio Dalla abbiamo già intitolato il teatro comunale. Perché ripetersi?
Mariantonietta Di Sabato
sig. Berardinetti chi ti scrive è veramente colui che discende da una lunga famiglia di Maestri d’Ascia invece tu provieni da una modesta famiglia di pescatori e quindi ti prego anche se ti metti in mostra come il pierino della situazione di essere onesto prima con te stesso e poi con i lettori in quanto penso che il mio nome ti incute un po’ di timore. grazie