Giovedì 26 Dicembre 2024

Monsignor Capovilla, il Concilio Vaticano II in Italia e nel Sud (seconda parte)

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A riguardo la prima cosa da dire è che Mons. Capovilla, nominato Cardinale (tardi?) da Papa Francesco nel concistoro del 22/02/2014, è stato un prete del Nord che è vissuto ed ha operato  intensamente con ruoli molti importanti al Centro e al Sud. Avendo vissuto più di cent’anni (nato a Pontelongo in provincia di Padova il 14/10/1915 è morto il 26/05/2016 a Sotto il Monte (BG)), la sua vita ha attraversato la storia della Chiesa in Italia in tutte le sue sfaccettature. Egli ha rappresentato inizialmente la spinta al nuovo originata dal pensiero di Papa Pio X, secondo cui i Vescovi del Nord potevano portare una ventata di rinnovamento nella Catechesi, nell’uscire dalla sagrestia, nell’avvicinare il popolo e soprattutto i giovani attraverso gli oratori. E, poi, il superamento stesso di questa idea iniziale con la considerazione degli ultimi decenni secondo cui “nel Meridione c’è oggi più apertura, più disponibilità alle idee del Vangelo”.

CAPOVILLA E VAILATI: 2 VESCOVI ILLUMINATI DAL CONCILIO VATICANO II, INTRECCIATI PER ORIGINE ED ATTIVITA’ PASTORALI CON LA DIOCESI DI MANFREDONIA.

In realtà ci sono molti aspetti che accomunano fortemente Mons. Capovilla a Mons. Valentino Vailati e, quindi, le loro vite si intrecciano con la Diocesi di Manfredonia. Anche Mons. Vailati era un prete del Nord che da Vescovo ha operato nel Sud, prima nella Diocesi di San Severo e poi in quella di Manfredonia. Infatti nato a Milano il 30 giugno 1914, dal 1937 ha operato come sacerdote nella Diocesi di Tortona (AL) che si trovava geograficamente in provincia di Alessandria, ma comprendeva 150 parrocchie della provincia di Pavia. Finché l’8 dicembre 1960 fu nominato Vescovo di San Severo da Papa Giovanni XXIII  che così li disse: “va un po’ lontano, però stia tranquillo, si troverà in un ambiente molto cordiale ed adattissimo. Adesso è meglio fare il Vescovo nel Meridione che nel Settentrione perché c’è più apertura, più disponibilità alle idee del Vangelo”. Altro aspetto molto importante che li ha accomunati è il fatto che Mons. Vailati ha partecipato al Concilio Vaticano II fin dalla 1^ sessione, promuovendo l’applicazione dei decreti conciliari. Così l’arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio ha sintetizzato i tratti salienti dell’uomo e del vescovo Vailati: <<Uomo del nord che seppe capire e amare una chiesa così diversa da quella da cui proveniva, mons. Vailati è stato un vero maestro di vita. A lui si deve l’attuazione del Concilio nella nostra Chiesa diocesana>>.

Infine è da evidenziare che Vailati e Capovilla si sono anche conosciuti personalmente. Addirittura quando morì Mons. Cesarano, incontrandosi in Viale Sipontino, l’uno proveniente da San Severo e l’altro da Chieti, andarono insieme a benedirne la salma. Inoltre Mons. Capovilla restituì a Mons. Vailati un anello, ricevuto dalla sorella di Mons. Cesarano come ricordo del fratello, perché fosse dato in omaggio alla Madonna di Siponto.

OSTACOLI E RESISTENZE AL RINNOVAMENTO DELLA CHIESA E DELLA SOCIETA’ ITALIANA

Non sempre si riesce ad adeguarsi al contesto socio-culturale in cui si opera, tanto più se la spinta innovativa è molto, troppo forte. Infatti quegli intenti evangelici, riformatori di Papa Giovanni XXIII, quella visione quasi rivoluzionaria del futuro della Chiesa così come espressa dal Concilio, hanno dovuto scontrarsi sia con le resistenze di una struttura curiale sia con le grandi difficoltà di incarnare questo rinnovamento in alcune aree del Sud, dove prevalevano contesti sociali, politico-culturali piuttosto arretrati e con una forte caratterizzazione clientelare.

A queste difficoltà sono da aggiungere quelle derivanti da spinte, forse, troppo forti verso un immediato cambiamento che venivano vissute, interpretate, in parte lo erano di fatto, come elementi di rottura con la tradizione, l’universalità e l’unità della Chiesa. Ciò alla luce anche del radicale cambiamento dei sistemi socio-politici capitalistici che i movimenti del’68 proponevano i tutti i paesi, cambiamento di cui il mondo cattolico era stato ispiratore e protagonista, restandone contemporaneamente influenzato nella pratica e nella teoria politico-sociale. Si pensi al grande apporto teorico di Maritain e Mounier, al grande contribuito, di analisi e di impegno concreto che i movimenti cattolici hanno dato contro la guerra in Vietnam, contro lo sfruttamento e la povertà nei paesi sudamericani. Si pensi alla spinta al cambiamento sociale e politico che lo stesso Concilio Vaticano II naturalmente dava, poiché il cambiamento nella Chiesa e della Chiesa non poteva non influenzare la società stessa, visto l’interconnessione.

CAPOVILLA: CON PAPA FRANCESCO LA PRIMAVERA DELLA CHIESA E’ ARRIVATA, DAVVERO!

Questo è stato, a mio parere, il caso di Mons. Capovilla. Egli fu testimone, coadiutore dell’opera di Giovanni XXIII (dal 15/03/1953 suo segretario particolare), “scontrandosi con gli ambienti ostili alle aperture giovannee  che lo hanno considerato l’anima nera del Pontificato, un prete di sinistra che spingeva verso aperture pericolose”, come evidenziato da Andrea Riccardi, nell’articolo pubblicato sull’Avvenire del 27/07/2016 dal titolo “Addio, caro Don Loris”. Ambienti e gruppi spiazzati da un Pontificato che doveva essere di transizione, e che si rilevò sorprendentemente, invece, così duraturo da rappresentare una svolta tutt’ora viva e presente in tutta la sua forza con l’attuale Papa Francesco, la cui elezione aveva riempito di gioia Mons. Capovilla, che in tale occasione affermò “mi sembrava che la primavera della Chiesa fosse arrivata davvero!”. Anche se occorre sottolineare che nella valutazione della Chiesa e dei suoi vescovi si possono certo utilizzare schemi di analisi tradizionali e simili a quelli di altri contesti, laici, culturali e politici; ma tali analisi, pur valide nell’immediato si rilevano a lungo a dare inadeguate a comprendere la dinamica autonoma, religiosa del cristianesimo, che supera ogni temporalismo. La Chiesa ha in sé una dimensione provvidenziale e, per i credenti, divina ed ultraterrena; perciò l’azione di un Vescovo nello svolgimento della sua opera pastorale e religiosa si inserisce in tale visione e produce effetti, anche completamente diversi da quelli che in un certo momento storico sembrano manifestarsi. Il Concilio fu annunciato a sorpresa nel 1959 dal Papa che lo aprì l’11/10/62, ne guidò la preparazione e la prima fase fino alla sua morte avvenuta il 3 giugno 63, Concilio che fu proseguito e portato a termine da Paolo VI, eletto Papa il 21/06/63.

Il Concilio Vaticano II è stato un processo che ha toccato la società e le comunità locali e, sia pure in modo lento, non lineare, diversificato e continuo, ma forse proprio perciò duraturo e profondo, si è diffuso e si diffonde tuttora in Italia e nel mondo. “L’insegnamento sociale della Chiesa non è una dottrina da equiparare al liberalismo, al capitalismo, al socialismo o al comunismo; ma è la dichiarazione delle eventuali implicazioni sociali di una fede religiosa. Il cristianesimo si può concepire essenzialmente e fondamentalmente come un rapporto spirituale dell’uomo con Dio: una religione e non una politica.”, come ha scritto Ruggero Orfei. In tale ottica non ha, perciò, molto senso parlare di cattolici di sinistra e cattolici di destra perché in questa distinzione c’è una confusione tra due piani, politica e religione, che sono invece autonomi. Una vera svolta in tal senso avviene con le encicliche Mater et Magistra e soprattutto Pacem in Terris promulgate da Papa Giovanni XXIII rispettivamente in 15 maggio 1961 ed il 13 aprile 1963. In quest’ultima, aprendo spazi enormi al dialogo con tutti e fra tutti, così si afferma “le linee dottrinali tracciate nel presente documento offrono ai cattolici un vasto campo di incontro e di intese tanto con i cristiani separati da questa Sede Apostolica quanto con esseri umani non illuminati dalla fede di Gesù Cristo, nei quali è presente la luce della ragione ed operante l’onestà naturale”. Paolo VI nella lettera Octogesima Adveniens così scrive “certamente molto diverse sono le situazioni in cui, volenti o nolenti, i cristiani si trovano impegnati, a seconda dei paesi, dei sistemi sociopolitici, delle culture.”. Perciò in situazioni tanto diverse non è possibile dire una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. E aggiunge “del resto non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta alle comunità cristiane individuare le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni economiche che si palesano urgenti e necessarie.

PAPA GIOVANNI: NON CI SIAMO FERMATI A RACCOGLIERE LE PIETRE CHE VENIVANO LANCIATE DA OGNI PARTE

Non è stato casuale, che dopo la morte di Papa Giovanni Capovilla fu in qualche modo emarginato, messo da parte. Tanto è vero che, pur essendo prassi nella Chiesa che il Segretario del Papa venga, subito la sua morte, nominato Vescovo, solo il 26 giugno 1967 fu consacrato Arcivescovo di Chieti-Vasto da Paolo VI e solo il 22/02/2014 è stato nominato Cardinale da Papa Francesco, che poi il 27/04/2014 canonizzò Papa Giovanni XXIII insieme a Papa Giovanni II. Anche in questo ruolo fu  soggetto a critiche e fortemente ostacolato soprattutto dai potenti politici locali dell’Abruzzo, poiché egli, avendo chiara la distinzione tra fede e politica, era estremamente aperto a tutte le forze politiche ed alle iniziative a favore dei ceti sociali più deboli e non condivideva l’idea del partito unico dei cattolici, ma piuttosto l’idea che i cattolici si dovessero impegnare liberamente in qualsiasi partito. Tutto ciò gli procurò incomprensioni ed amarezze, tanto che decise di accettare il 25/09/1971 la nomina a prelato della Basilicata di Loreto, lasciando l’Arcivescovado di Chieti-Vasto. Il riconoscimento del Cardinalato è arrivato tardi; ma il miglior riconoscimento egli lo aveva avuto nel letto di morte dal suo amato Papa, quando gli aveva detto “non ci siamo fermati a raccogliere le pietre che ci venivano lanciate da ogni parte”.

GRANDE E’ L’IMPORTANZA DI CAPOVILLA NELLA DIFFUSIONE DEL PENSIERO DEL CONCILIO VATICANO II E DEI SUOI INTENTI RIFORMATORI

Ritiratosi a Sotto il Monte Capovilla è stato testimone dell’opera di Giovanni XXIII, custode della sua memoria, erede, caso più unico che raro nella storia della Chiesa, delle sue carte; ma era anche una figura che brillava di luce propria nella Chiesa per lucidità ed incisività di pensiero, per lungimiranza di spirito. Egli ha sostenuto e promosso la storicizzazione della figura di Papa Giovanni. Con la documentazione accumulata e fornita a vari studiosi e con i propri lavori storici ha proposto una immagine evangelica ed umana del pontefice, contribuendo in modo decisivo a farne un riferimento per le generazioni future. Il Papa buono è l’immagine che è rimasta in tutti noi; tuttavia Capovilla non apprezzava tale definizione, soprattutto quando veniva usata dalla stampa e dai mass-media in modo riduttivo, perché, ripeteva, “i giornali usavano questa espressione per mortificare il suo pontificato che, invece, è stato molto di più per la Chiesa e per il mondo, per il Concilio, per la pace”.Il Papa buono è rimasto nell’immaginario collettivo con tutto il suo valore positivo pastorale di vicinanza ai più deboli, fragili, gli ammalati, gli ultimi, gli innocenti e i bambini.

Altro che anima nera del Pontificato. Per tutta la vita Capovilla si è dedicato alla preghiera ed al rinnovamento della Chiesa, attento ai valori di giustizia sociale. Prima, durante i quattro anni di Vescovado a Chieti, poi, dal 1971 al 1988 durante il Rettorato della Basilica di Loreto e dal dicembre 1988 e fino 26 maggio 2016 a Sotto il Monte, dove si era ritirato per dedicarsi a Papa Giovanni, conducendo in coerenza una propria vita nella semplicità e nella preghiera, nella ricerca storica – religiosa e nell’accoglienza e vicinanza ai più deboli. Come ha ben riconosciuto Mons. Forte, attuale Vescovo di Chieti, teologo tra i più ascoltati, con queste brevi parole “Mons. Capovilla ha rivestito grande importanza nella diffusione del pensiero del Concilio del Vaticano II e dei suoi intenti evangelici e riformatori”. Ricordiamoci di quest’uomo e dei suoi grandi insegnamenti.

Silvio Cavicchia

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