Nel ridente paese di Liggiù, affacciato sul mar Adriatico, qualche giorno fa durante un consiglio comunale è successo il finimondo. Il consigliere Lo Turre, fino ad allora parte della maggioranza, ha deciso di passare all’opposizione. Con grande ars retorica il consigliere ha denunciato i limiti dall’azione di governo del primo cittadino Piccardi e il suo individuare collaboratori ed assessori in base a principi non proprio meritocratici. Pratica questa esemplificata a suo dire nella nomina ad assessore all’ambiente dell’avv. Sturace la quale ha il peccato originale di essere moglie di De Marco. Lo stesso De Marco che fino a non molto tempo fa faceva parte dello stesso gruppo consigliare di Lo Turre. A questo punto della seduta il pubblico a casa (il tutto era ripreso perché in diretta streaming; ah quanto sono lontani i giorni in cui queste pratiche in quanto ignote ai più rientravano negli arcana imperii, nella segretezza del governare!) diviso fra chi, d’accordo con Lo Turre, non ama la concentrazione di potere nelle mani di pochi e chi sostiene che l’avv. Sturace, da sempre attenta alle tematiche dell’ambiente, agirà nel nome e a favore della comunità, rimane sconvolto da un colpo di scena. Il sindaco Piccardi, in barba alla deontologia del buon politico, rivela un arcanum imperii, un segreto: il consigliere Lo Turre, da lui contattato, era sì d’accordo alla nomina di Sturace ma in qualità di assessore ai servizi sociali. E questo perché Lo Turre, come alluso dal sindaco, legato ad una cooperativa operante nel mondo dei servizi sociali, avrebbe tratto vantaggio da una designazione in questa direzione. Il problema venuto alla luce non è di poco conto. È lecito per tutti ambire o assumere cariche politiche ma è pur vero che occorre evitare conflitti di interesse. Se come purtroppo spesso accade a Liggiù, personalità politiche, grandi o piccole, in virtù della loro posizione economica e nella ricerca di un proprio tornaconto indirizzano il governare in un certo modo; se altri ricattano, dall’alto di una qualsivoglia carica nel sociale, gli elettori per poter accedere o perpetuare la loro presenza nel mondo politico, non solo si corre il rischio di ridimensionare la nobiltà del “passaggio del Rubicone” di Lo Turre ma probabilmente si è dinanzi ad una situazione degenerata. Il buon governante, il buon consigliere anche, dovrebbe sempre ricordare che il potere politico in democrazia si esercita in vista del bene comune e non del bene personale. Come sosteneva Locke, il potere politico è tale perché si basa sul consenso e non come spesso avviene sul diritto di punire o premiare i cittadini, trattati come figli, in base al loro comportamento elettorale. Il problema però non è dato dal vivere in una democrazia rappresentativa. A Roma o ad Atene, patrie della democrazia diretta, si ebbe un potere dispotico e patriarcale con una cultura del singolo visto come suddito, speranzoso di trarre vantaggi dal sistema politico, e non come partecipante. Brutte cose accadono dunque a Liggiù ma forse anche da noi, quaggiù, a Manfredonia.
Domenico Antonio Capone
Egregio sig Capone ne accadranno ancora di peggiori se a Liggiu si andrà avanti con lecchinaggio e nepotismo. Tanto anche se il viva chi frega frega e’ prassi normalissima, ad elezioni comunali i nostri politici saranno eletti con maggioranza bulgara. Ci saranno i disarcionati che, col senno del poi, accuseranno paventando inciuci e brogli, ma non avendo tornaconto, non denunceranno durante. Questa è la politica del bello viene ora e, se li odori in quel posto (c….lo) puzzano tutti.