Il 9 Aprile 1997, vent’anni fa, si spegneva Nicola Lovecchio, l’operaio che da solo aveva sfidato il più grande gruppo industriale italiano, l’Eni, denunciandone i crimini e i soprusi contro gli operai del petrolchimico ENICHEM di Manfredonia e i disastri ambientali con cui era stata colpita una intera popolazione.
Nicola, giovane e non fumatore, morì per un tumore contratto a causa del contatto con sostanze cancerogene come l’arsenico, Nicola morì perché il ciclo produttivo dell’Enichem esponeva consapevolmente gli operai a sostanze tossiche senza alcuna protezione, Nicola morì perché l’utilizzo dell’arsenico era economicamente più vantaggioso dell’impiego di sostanze non tossiche o meno nocive, Nicola morì perché la sua vita valeva meno del profitto spaventoso degli oligarchi dell’industria di stato. Nicola ha scelto, però, di non essere soltanto una vittima: ha ricostruito i cicli produttivi dello stabilimento, ha indagato le violazioni del grande gruppo e ha portato in tribunale i suoi carnefici, permettendo di fare luce sull’intera vicenda enichem, sulle morti degli operai, sui crimini ambientali, sull’assurdo e colpevole disastro del 1976. Nicola ha impugnato il suo male con un coraggio sovraumano e ne ha fatto un arma con cui denunciare e cercare giustizia: fino in fondo e fino alla fine Nicola è andato avanti senza alcun timore, perché sapeva di essere nel giusto. “Se sentite di stare nel giusto, andate avanti senza alcun timore.”
Nicola, giovane e non fumatore, morì per un tumore contratto a causa del contatto con sostanze cancerogene come l’arsenico, Nicola morì perché il ciclo produttivo dell’Enichem esponeva consapevolmente gli operai a sostanze tossiche senza alcuna protezione, Nicola morì perché l’utilizzo dell’arsenico era economicamente più vantaggioso dell’impiego di sostanze non tossiche o meno nocive, Nicola morì perché la sua vita valeva meno del profitto spaventoso degli oligarchi dell’industria di stato. Nicola ha scelto, però, di non essere soltanto una vittima: ha ricostruito i cicli produttivi dello stabilimento, ha indagato le violazioni del grande gruppo e ha portato in tribunale i suoi carnefici, permettendo di fare luce sull’intera vicenda enichem, sulle morti degli operai, sui crimini ambientali, sull’assurdo e colpevole disastro del 1976. Nicola ha impugnato il suo male con un coraggio sovraumano e ne ha fatto un arma con cui denunciare e cercare giustizia: fino in fondo e fino alla fine Nicola è andato avanti senza alcun timore, perché sapeva di essere nel giusto. “Se sentite di stare nel giusto, andate avanti senza alcun timore.”
Oggi, vent’anni dopo, non c’è ancora giustizia. Oggi, vent’anni dopo, c’è soltanto voglia di mettere a tacere questa storia. Oggi, vent’anni dopo, siamo ancora qui a ricordare che Nicola morirà davvero soltanto quando lasceremo che a vincere sia l’arroganza del potere e l’indifferenza.
Il Collettivo InApnea ha cercato di tenere viva e pulsante la memoria di Nicola in questi ultimi due anni, una memoria che era stata abbandonata perché troppo scomoda, troppo impegnativa, troppo urgente.
A Nicola non è stata dedicata una strada, una piazza o uno spazio verde perché avrebbe significato riconoscere la validità del suo esempio e della sua lotta, avrebbe significato riconoscere che il suo male e quello di centinaia di altri operai aveva dei responsabili politici, oltre che legali. Soltanto qualche mese fa, dopo ripetuti solleciti di attivisti ed associazioni, il Comune ha scelto di intitolare una piazzetta (ben nascosta) alla giornata del 26 Settembre 1976, senza riferimenti alle vittime, alle responsabilità, alle conseguenze… nemmeno riferimenti all’incidente e alla relativa dispersione di arsenico sulla città avvenuta quel giorno. Il comune ha dedicato una piazzetta alla “tragedia”, nessun cenno a tutto il resto, per non scomodare nessuno.
In questi due anni le parole di Nicola sono state per noi un motivo di esempio, un moto di orgoglio in difesa della nostra terra martoriata, uno sprone a cercare di stare nel giusto e ad andare avanti senza alcun timore. Sulle parole del nostro concittadino abbiamo deciso di costruire lo Spazio Popolare Autogestito “Nicola Lovecchio”: uno spazio costruito sulla partecipazione e sulla solidarietà, donato alla città dalla voglia di attivarsi dal basso perché nessuno sia più lasciato solo davanti alle ingiustizie. Avremmo voluto inaugurare ufficialmente la nuova sede dello spazio oggi con una iniziativa dedicata a Nicola, ma imprevisti lavori di messa in sicurezza ci hanno costretto a rimandare: l’appuntamento è quindi a presto, il più presto possibile, per consegnare alla città un nuovo strumento di memoria e di lotta.
In questi mesi ed anni abbiamo più volte sollevato l’esigenza di non smarrire la memoria e di cementare la consapevolezza, si tratta di una esigenza reale ed innegabile di fronte ad un processo di bonifica condotto da soggetti controllati da Eni (chi ruba controlla? Chi ferisce cura? Chi uccide consola?), un processo di bonifica di cui non è dato leggere la documentazione, effettuare verifiche, sincerarsi degli effetti sulla falda acquifera e la catena alimentare. Se uno studio epidemiologico sotto il controllo dei cittadini è tuttora in corso, ancora tutta da fare, invece, è una indagine popolare sulla bonifica dell’area ex-enichem.
Parimenti irrinunciabile è uno spazio verde da dedicare alla memoria di Nicola Lovecchio e di tutte le vittime del petrolchimico: uno spazio verde vero e vivo, uno spazio verde da affidare alle cure dei cittadini e delle associazioni, uno spazio per curare la memoria e coltivare insieme il futuro.
Parimenti irrinunciabile è uno spazio verde da dedicare alla memoria di Nicola Lovecchio e di tutte le vittime del petrolchimico: uno spazio verde vero e vivo, uno spazio verde da affidare alle cure dei cittadini e delle associazioni, uno spazio per curare la memoria e coltivare insieme il futuro.