Carissimi fratelli,
a conclusione del Giubileo della Misericordia che tanto ha inciso nella nostra vita, Papa Francesco con la Lettera Apostolica Misericordia et misera continua a spronarci, invitandoci a dilatare i nostri cuori, a non chiuderci in noi stessi, perché chi è stato “misericordiato”, scrive nella Lettera, deve diventare a sua volta “strumento di Misericordia”, cioè un uomo nuovo che mai chiude la porta del proprio cuore agli altri. La
Misericordia divina può e deve tradursi nel vissuto quotidiano di tutti noi discepoli di Gesù: questo nostro comportamento se consapevole e convinto, e non semplicemente “teorico”, può far maturare dentro la storia una vera e propria civiltà della Misericordia.
Da pochi giorni, poi, è iniziata la mia Prima Visita Pastorale alla nostra Chiesa che vive ed opera in terra garganica: è un tempo benedetto e favorevole per incontrarci, scambiarci parole vere, condividere domande e problemi, e soprattutto vivere insieme la gioiosa speranza della fede nel nostro Salvatore. Ed in suo nome, come Vescovo, vengo in mezzo a voi per invitare tutti a muoverci verso gli altri, a diventare prossimi gli uni degli altri, così che la nostra Chiesa possa essere sempre più una “casa di comunione”.
La festa della Nascita di Cristo, allora, ci fa riflettere particolarmente sulla Misericordia, su chi è il nostro Dio, che si fa uno di noi, immergendosi totalmente nella nostra umanità, senza tuttavia mai smettere di essere se stesso, esponendosi così alla morte per noi.
Restiamo, perciò, in silenzio davanti a questo Mistero e lasciamo che sia quel Bambino nato a Bethlemme a parlarci. Ascoltiamo la Parola vera che è quella del Verbo eterno fattosi uomo come noi! Imprimiamola nel nostro cuore senza distogliere il nostro sguardo dal suo. Egli ci insegna cosa è veramente essenziale nella nostra vita, che ha bisogno più che mai di comportamenti fraterni, sobri, equilibrati, capaci di essenzialità, in un mondo stordito dal chiasso e dal rumore, dal consumo e dal piacere, dal lusso e dallo spreco, dall’egoismo e dal narcisismo, dall’ indifferenza e dalla violenza. Urge che la nostra testimonianza sia autenticamente umana, colma di misericordia, di compassione e di tenerezza verso tutti.
Auspico che in ogni casa, in ogni parrocchia, in ogni scuola, in ogni ambiente di lavoro, assieme all’albero ci sia anche un bel presepe. Ci aiuterà a vivere il mistero del Natale con maggiore verità. Come i Pastori di Bethlemme e come i santi Magi d’Oriente, anche noi possiamo, a cominciare da questo Natale, riempirci di stupore e di meraviglia contemplando nel presepio quel Bambino Gesù, Figlio di Dio, deposto nella mangiatoia, amato intensamente da Maria e da Giuseppe: Egli è il nostro Salvatore, è il Principe della Pace, è l’Emmanuele, davanti al quale non possiamo che far sgorgare dal profondo del nostro cuore la preghiera del Salmista: Mostraci Signore, la tua Misericordia e donaci la tua Pace (cfr Ps 85,8).
Il Signore Gesù, nato umile e povero a Bethlemme, chiede a tutti di seguire le sue orme. L’umiltà della sua santa Incarnazione ci attesta quella sua irrevocabile scelta di vita di Ultimo a favore degli ultimi. Accogliamo la proposta di Gesù, Figlio di Dio, seguiamo le sue orme nell’umiltà, nella sobrietà, nell’attenzione agli altri, specie se più bisognosi.
Sia, dunque, la nostra testimonianza di speranza e di conforto per tutti, in particolare per gli ammalati, i disoccupati, i genitori e gli educatori e per ogni situazione umana di sofferenza e di ingiustizia.
Invoco su tutta l’Arcidiocesi la benedizione del Signore, fattosi Bambino a Bethlemme, che infonda nel nostro tempo la ripresa della costruzione di una società pacifica e solidale, ed auguro di trascorrere santamente e nella gioia le feste natalizie, tanto care e amate da tutti.
+ Michele Castoro, arcivescovo