La questione Energas, che sta animando con intensità sempre maggiore la cittadinanza specie per l’avvicinarsi della chiamata referendaria, ha finito per monopolizzare la cronaca locale ponendo in secondo piano problemi e deficienze strutturali di altrettanta vitale importanza. Analizziamo ad esempio il perdurarsi delle criticità nella gestione da parte dell’Acquedotto Pugliese del depuratore di Manfredonia, in zona Candelaro; degli odori nauseanti e della discutibile qualità delle acque del nostro Golfo che ne derivano. Criticità queste resesi ancor più tangibili ora che il depuratore sarà oggetto di una serie di interventi. Con la delibera CIPE n.87 del 2012 si stabilisce “il potenziamento dell’impianto di depurazione di Manfredonia a servizio dell’agglomerato di Manfredonia; Siponto; Ippocampo; La bussola; Scalo dei Saraceni; Scalo degli Zingari e Scali di Lauro, migliorando la qualità delle acque depurate scaricate nel Candelaro e nel Golfo.” Costo del progetto esecutivo, trasmesso dall’AQP e di cui la Giunta Comunale ha preso atto l’11 marzo scorso, è di €2.253.119. Ad un occhio inesperto; ad un non addetto ai lavori l’opera non mostrerebbe falle. Sennonché, avendo avuto la possibilità di essere guidati da un “tecnico”, non possiamo tacere sul probabile “buco nell’acqua” che l’Acquedotto, stando così le cose, si appresta a compiere. Mancano innanzitutto nel progetto le firme di due figure chiave come quella di un chimico, che normalmente effettua i controlli di qualità, e di un biologo, esperto di microrganismi in depurazione. Nello stesso si evidenziano implicitamente la mancata trasparenza dell’AQP nella gestione dell’impianto di depurazione: dopo 30 anni di attività il gruppo elettrogeno non è in esercizio per mancanza del CPI(Certificato Prevenzione Incendi) alla pari del digestore anaerobico(di cui si prevede un raddoppio). A ciò è da aggiungersi un ulteriore progetto, a firma AQP, che prevedrebbe il convoglio dell’acque uscenti da tale depuratore a Monte Aquilone dove una volta affinate verrebbero incanalate per l’irrigazione dei campi. Da qui il paradosso di un acquedotto non in grado sul campo di far funzionare adeguatamente un depuratore ma pronto sulla carta ad affinare le acque uscenti da tale impianto. È doveroso sottolineare come i nauseabondi odori e le cicliche criticità delle acque del Golfo non debbano però essere addebitate solo all’AQP. L’inquinamento del Candelaro infatti sarebbe ridimensionato se l’ufficio ambiente provinciale punisse severamente quei comuni che, contro le leggi regionali, scaricano nel fiume acque non depurate ed affinate. Ci venga perciò concesso un po’ di demagogia concettuale per il finale di questo pezzo. Se nella questione Energas siamo dinanzi ad un progetto voluto dallo Stato centrale; incarnato da un’ impresa non locale e percepito come alieno, nel caso del depuratore tutto trasuda di pugliesità. I panni sporchi si lavano in famiglia ma se l’acqua è lercia allora converrà mandarli in lavanderia ed affidarsi ad un esterno.
Domenico Antonio Capone