Dall’inizio del 2015 è in atto una Ricerca Epidemiologica da parte di studiosi del CNR, su convenzione col Comune di Manfredonia, tesa ad indagare lo stato di salute della popolazione, in relazione agli effetti nocivi e di inquinamento prodotti particolarmente dallo scoppio della colonna di lavaggio arsenico dell’Enichem il 26/09/1976. Un gruppo di persone, costituitosi in Coordinamento, affianca e promuove la ricerca, operando al fine di sensibilizzare e promuovere una partecipazione attiva della cittadinanza. Tale Coordinamento, in occasione del Quarantennale di quell’evento drammaticamente nocivo per la cittadinanza, ha voluto promuovere una serie d’iniziative utili per riflettere collettivamente su quella vicenda e trovare indicazioni e ragioni a tutela della salute e di uno sviluppo sano della cittadinanza e del nostro territorio.
Ti chiedo, personalmente, di partecipare alle iniziative del Quarantennale, che è un’occasione per riflettere insieme, conoscere lo stato della salute a Manfredonia e dare indicazioni operative per migliorare tale situazione, ed operare affinche non si ripropongano eventi simili nella nostra città.
Ti sottolineo che oggi Manfredonia sta vivendo una problematica simile alla vicenda Enichem, poiché l’Energas vuole a tutti i costi insediarsi, nonostante il rifiuto e l’opposizione della cittadinanza, e nonostante sia stato dimostrato a tutti i livelli il danno che tale insediamento produrrebbe per la salute, l’ambiente e la prospettiva di un sviluppo sano del nostro territorio.
Il senso più profondo di questa mia informazione-richiesta a partecipare è quello di sollecitare ad essere ciascuno e personalmente protagonista; pertanto ti chiedo non solo di partecipare fisicamente alle varie iniziative ma anche di fare proposte, porre domande e questioni, raccontare esperienze, esprimere dubbi e suggerimenti, ecc., utilizzando le modalità che ritieni opportuno (sms, www.ambientesalutemanfredonia.it, avi.associazione@virgilio.it, silviocavicchia46@gmail.com, ecc.).
Ti evidenzio che puoi aderire al Coordinamento e partecipare da protagonista ed alla pari alle assemblee decisionali del Coordinamento stesso.
A tal fine allego tre documenti informativi di base:
1) Programma Quarantennale
2) Statuto identitario-programmatico del Coordinamento.
3) Relazione introduttiva “Oltre la città divisa” di Antonio Marchesani.
Ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
Silvio Cavicchia
Oltre la Città divisa
Conseguenze psicologiche di un disastro ambientale
Prologo
La storia di Manfredonia è scritta nel suo stemma di pietra. San Lorenzo Maiorano, patrono della città, domina dal ponte, le acque paludose dove si annida un drago minaccioso. Lorenzo veniva dall’Oriente inviato dall’Imperatore Zenone al quale si erano rivolti le Autorità sipontine per pacificare la città divisa.
Maiorano si rivelò l’uomo giusto…. e divenne santo.
Il Drago simbolo malefico delle forze arcane e incontrollabili riappare in una fiaba di Ulissina Schettino, pubblicata nei giorni di protesta per l’arrivo della nave dei veleni, la famigerata Deep Sea Carrier. Narra, la fiaba, di una città che si affaccia sul mare, acque trasparenti, ricche di pesce e di sorgenti benefiche. Un grande Drago dalle cui fauci escono fumi e veleni, si impadronisce della città. Gli ulivi si seccano, il fico inaridisce, in mare pochi pesci. Un giorno il Drago attira un altro mostriciattolo pieno di rifiuti velenosi. A questo punto le principesse del luogo si risvegliano e insieme ai cittadini più consapevoli respingono il pericolo e salvano la città.
A quei tempi la Deep Sea Carrier, la nave dei veleni, rappresentava il persecutore esterno, visibile, contro il quale la cittadinanza insorse al grido c’nuaj! (se ne deve andare!). La lotta cittadina allontanò sia la nave dei veleni che lo stesso persecutore interno cioè l’EniChem. Nel 1993 la fabbrica chimica si trasferisce e lascia Manfredonia “sedotta e abbandonata” come nelle migliori commedie all’italiana e come per tante storie di industrializzazione del Mezzogiorno.
Il cittadino operaio Lovecchio
Il 9 aprile del ‘97 muore Nicola Lovecchio, operaio capoturno, stimato nell’ambiente. Aveva contratto un cancro ai polmoni già ai tempi dell’ANIC, ma la sua situazione clinica era stata superficialmente sottovalutata dai medici del petrolchimico. Quei giorni, in città, cupi silenzi ed occhi bassi.
La sottile percezione di “essere inquinati” che già serpeggiava nella popolazione, con la morte di Lovecchio diventa una dura verità: l’Enichem è stata una madre cattiva che nel latte nascondeva il veleno. Ma, come quando ti dicono che hai il cancro, ci credi non ci credi, sei turbato: “Non può essere!” ….e ti fai tante domande.
E’ vero in quei giorni di fine settembre ‘76 si respirava aria dal sapore amaro acido: “Perché tanti animali furono portati al macello?! E perché quella volta tutti fuggivano di corsa verso San Giovanni!? Cos’era quella nube giallastra sulle nostre teste?! E se davvero mangiamo pane e arsenico?!” Tutto ritorna come una pellicola che torna indietro. E senti i tuoi parenti che si dividono tra “a favore o contro l’EniChem”. E provi la sofferenza di essere internamente scisso. Non puoi crescere tranquillo nella tua comunità perché devi essere o a favore o contro. E continui a pensare: se mai un parente stretto o un mio amico muore per tumore è o non è colpa dell’Enichem? La tensione interna produce la rottura dei legami affettivi, si determina una profonda ferita tra il terrore di essere inquinati e la immediata negazione, “non è vero niente!”
In questi casi l’Io per difendersi fa ricorso a meccanismi di difesa primordiali come l’immediata negazione o la rimozione. La rimozione è quel meccanismo di difesa molto studiato nella letteratura psicoanalitica che consiste nel rimuovere eventi spiacevoli, non sopportabili. Come se l ‘Io per andare avanti spostasse giù nel calderone dell’inconscio l’emozione indesiderata. Senonché il materiale rimosso, al momento opportuno, appena si apre una breccia, emerge nella coscienza e negli atti e chiede gratificazione. Come è successo nelle rivolte dell’88 e come sta accadendo ora con la forte reazione all’installazione del megadeposito di GPL Energas/Q8.
C’è una analogia tra la situazione dell’essere terremotati o alluvionati e quella dell’essere inquinati. Mentre nel terremoto e nell’ alluvione si può vedere come una vendetta della Madre Terra contro la devastazione fatta dall’uomo, ma alquanto imprevedibile; nell’ inquinamento ambientale c’ è una situazione colposa e cosciente e per questo ancora più drammatica. A Taranto alcuni operai hanno affermato: sappiamo di poter contrarre il cancro e anche morire ma dobbiamo lavorare, lavorare.
Trauma psicologico
La vicenda EniChem, l’arsenico, la divisione della città tra fazioni avverse, le malformazioni e le morti sono state una vera e propria aggressione alla città e tutte insieme hanno prodotto uno stato emotivo definibile come trauma. Il trauma non invade solo il corpo, ma tutta la vita psichica. Riaccende traumatismi più antichi, riporta a ferite più lontane, viene incrinato il legame con il mondo.
Il trauma è per sempre! Qualcosa che non può essere dimenticato. Mentre nella rimozione una parte di memoria si stacca e il rimosso si separa dalla coscienza, nel trauma l’evento non può essere dimenticato, torna sempre. Il trauma quando viene percepito come tale provoca disturbi postraumatici da stress (DPTS), ricordi dolorosi e intrusivi, regressione e senso di sconfitta, aggressività e perdita di prospettive future, mancanza di fiducia nelle Autorità.
Il trauma è tuttora attivo e presente nelle vecchie generazioni. E’ ancora un dramma del quale nessuno vuole parlare.
Non ne vogliono parlare quelli che nella lotta hanno perso la fabbrica, per costoro si è trattato della rottura di una relazione di tipo fusionale che identificava la fabbrica con la propria realizzazione sociale e il benessere.
Non ne vogliono parlare quelli che hanno accettato il risarcimento in denaro, incapsulati nei loro sensi di colpa.
Non ne vogliono parlare le Istituzioni ancor più colpevoli dei singoli in quanto Autorità preposte alla difesa dei cittadini.
Alla parola EniChem si apre il conflitto, la divisione, perché si mette mano su un groviglio di sentimenti in collisione tra loro: dolore, rabbia, rimpianto e lutto che non è stato ancora elaborato.
Come psicologo che ha lavorato per circa vent’anni nei Servizi di Salute Mentale di Manfredonia posso affermare che questi sintomi sono apparsi di frequente negli ultimi anni e a volte hanno portato alla cronicità pazienti già fragili. Come pure non è fuori luogo osservare che c’ è stato un aumento dei Disturbi da Attacchi di Panico (DAP). Questi disturbi hanno la caratteristica di non avere una eziologia ben definita ma si producono su un’esperienza di ansia diffusa che spesso diventa paralizzante, blocca il respiro, porta al panico appunto. Non è improbabile che l’evento “scoppio dell’arsenico” e successivi incidenti possano aver influito alla definizione di queste diagnosi cliniche.
A tutto questo c’è da aggiungere il dato, molto preoccupante, delle malformazioni congenite (MC) evidenziate dal prof. Bianchi del CNR di Pisa al Congresso Mondiale degli epidemiologi di Roma. Nei Comuni di Manfredonia e Monte Sant’Angelo i bambini nati con malformazioni superano di molto i dati di riferimento regionale. Ed è legittimo chiedersi: “Cosa succede ad una madre che scopre di aver partorito un figlio con questi gravi problemi?”
L’arsenico ha un ruolo nelle patologie autistiche? L’analisi del prof. Bianchi apre scenari drammatici che si potranno confermare con la conclusione delle sue ricerche.
In termini più profondi con una analisi complessiva della vicenda EniChem, si può dire, con lo psicoanalista Massimo Recalcati, che dopo la cacciata edipica del colosso EniChem, una Manfredonia ancor più disorientata, è stata resa più fragile nella sua identità. E’ mancata una terapeutica riflessione dopo la caduta dell’illusione industriale. Manfredonia ora più che mai si ritrova davanti a un bivio: o tornare alle sue autentiche vocazioni con uno sviluppo sostenibile oppure farsi risucchiare verso una sorta di narcisismo onnipotente con progetti di sviluppo a rischio salute non curandosi di pericoli prevedibili o ancora una volta imprevisti.
Come si fa a non vedere il legame tra EniChem ed Energas/Q8? Il trauma è ancora dentro. Ciò che è stato coperto, che non è stato elaborato e sciolto, quel groviglio di conflitti della città divisa, non può che riemergere al grido “NO ENERGAS” che riprende il vecchio c’nuaj! (se ne deve andare!)
La struttura difensiva
Dal nostro punto di vista, dalla scissione interna ed esterna, individuale e sociale, provocata dall’EniChem, dalla ferita psicologica esperita nel conflitto tra lavoro e salute, si può uscire conoscendo la verità dei fatti e coniugando in modo corretto le varie posizione che storicamente si sono presentate come valide, accettando le conclusioni definitive dell’Indagine Epidemiologica in corso e soprattutto mettendo in piedi una struttura di difesa preventiva.
A garanzia della salute della città riteniamo indispensabile un Centro di Sorveglianza Epidemiologica quale presidio di tutela della Salute negli ambienti di vita e di lavoro. In particolare applicando protocolli di valutazione di impatto sulla salute (VIS) e protocolli di impatto sull’ambiente (VIA), tale Centro potrà proporre soluzioni ecosostenibili per il territorio e consentire scelte condivise dai cittadini. A tal riguardo il Coordinamento Cittadino “Progetto Salute e Ambiente”, nato nell’ambito della ricerca epidemiologica partecipata, può assumere nel Centro di Sorveglianza un ruolo decisionale e di rappresentanza, basato sui diritti e le istanze della cittadinanza onde evitare che tale organismo si riduca a entità burocratica e autoreferenziale.
In questo senso il Centro di Sorveglianza potrebbe simboleggiare per analogia la stessa funzione salvifica del santo Lorenzo che rappacificò le diverse anime della Comunità già nel V secolo. Manfredonia, città divisa, a nostro parere, può essere unita soltanto nel nome della prevenzione e dell’auctoritas scientifica e partecipata di un Organismo/Struttura a difesa dei cittadini dai potenziali oltraggi sempre all’orizzonte.
Antonio Marchesani