Giovedì 21 Novembre 2024

TEMPO PIENO: RIFLETTERE PER CAPIRE

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Il “tempo pieno” in Italia ha circa 30 anni di storia. La sua nascita ufficiale è legata alla legge 820 del 24 settembre 1971. Dopo l’emergenza assistenziale del dopoguerra, che consentiva la refezione scolastica agli alunni meno abbienti, alla fine degli anni sessanta si mobilitano tanti movimenti culturali che propugnano nuove idee pedagogiche (Dewey, Piaget, Bruner) e fioriscono scuole alternative meno selettive (una per tutte, Barbiana), con l’idea di riscattare gli umili attraverso la scuola. Negli anni ’80/90 l’esperienza del Tempo Pieno raggiunge una sua stabilità. Con esso si vive in un ambiente più accogliente, più compatto e disteso; gli stessi insegnanti lo percepiscono come luogo professionale più semplice e sereno, al riparo dai ritmi frenetici che può assumere un’ organizzazione modulare.

Con il governo Berlusconi si cerca di restringere la scuola pubblica, per tornare a prima del ’68, eliminando diverse attività integrative e di socializzazione. Ciò avviene mentre sono già circa 1.100.000 i bambini e i ragazzi che frequentano il tempo pieno o prolungato. Purtroppo, questa spinta a ripercorrere vecchie strade continua anche ora che al potere non vi è più un governo di destra, ma ci sono gli eredi dei partiti che hanno avuto nel passato una visione di scuola più avanzata e solidale. L’anno scorso si sono tagliati 8.500 posti ed altri 12.500 se ne taglieranno quest’anno, così già circa 2.000 famiglie hanno dovuto rinunciare al Tempo Pieno.

Il governo in carica, così prodigo di favori a banche e clientele varie, sembra abbia dimenticato il proprio passato e non sappia più che il Tempo Pieno non è solo una risposta ad un bisogno sociale dei genitori che lavorano, ma costituisce soprattutto un modello pedagogico e didattico indispensabile per una scuola dai tempi distesi, con una pratica pedagogica in grado di ascoltare i bambini e di far convivere le diversità economiche, sociali e culturali.

Infatti la scuola a tempo pieno:
– NON è una scuola con il doposcuola incorporato;
– NON è una scuola unicamente per quelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano; – NON è una scuola assistenziale.

È INVECE una scuola con spazi significativi dedicati alla didattica attiva, laboratoriale e meno nozionistica, alla musica, alla danza, all’attività teatrale ed all’apprendimento di una lingua straniera; in essa i bambini imparano facendo. Inoltre, in un tempo più disteso, le ore scolastiche comprendono sia momenti di apprendimento “intensivo”, che altri di rielaborazione personale o di gruppo. Se a volte non riesce a rispondere appieno a tali finalità si deve a limiti di programmazione e, soprattutto, ristrettezza degli spazi.

L’insieme di queste caratteristiche porta ad un insegnamento flessibile, capace di adattarsi quanto più possibile ai ritmi ed alle modalità di apprendimento di ciascun bambino. Il tempo a disposizione consente di dare molta più attenzione alla creatività, alla relazione ed alla socialità. La condivisione di tempi anche non prettamente didattici, come il pranzo, caratterizza la scuola a “tempo pieno” quale forte esperienza di socializzazione, di maturazione delle capacità di vivere attivamente come parte di un gruppo.

Allora è opportuno chiedersi: com’è stato possibile che gli stessi partiti che hanno interpretato nel passato i movimenti di cambiamento pedagogico e democratico della scuola italiana possano ora portare avanti una politica di ritorno all’indietro, riducendo tutto ad economia, con l’eliminazione dei diritti sociali e civili acquisiti in tanti anni di lotta, in controtendenza perfino con quello che sta succedendo negli Stati Uniti d’America? Mi chiedo quali ideali abbia ancora il PD e se tale partito abbia anche finalità di crescita sociale e civile del Paese, oltre alle spartizioni di prebende, cariche e potere.

Ci chiediamo anche come si può, con piglio becero ed arrogante, dire ai genitori: tenetevi i vostri figli a casa, se non volete pagare la mensa!

Mi sforzerò di spiegare cosa questo significherebbe:

PRIMO SCENARIO: i genitori più abbienti, avendo possibilità di indirizzare i propri figli alla frequenza di attività musicali, di danza, ideative e di linguistica, abbandonano il Tempo Pieno e si rivolgono alle strutture private: il Tempo Pieno diventerebbe un luogo per soli bambini di famiglie disagiate o di livello culturale “basso”, si tornerebbe al vecchio doposcuola e al refettorio, come negli anni ’50.

SECONDO SCENARIO: i genitori meno abbienti non riescono a pagare neanche la piccola quota loro spettante per la mensa ed abbandonano il Tempo Pieno: resterebbero solo i figli dei genitori abbienti, con danno per la stessa loro formazione morale e civile, che nasce dalla convivenza con tutte le diversità.

TERZO SCENARIO: in tutte e due i casi il Tempo Pieno si restringerebbe, il doppio organico degli insegnanti verrebbe soppresso o notevolmente compresso, con la perdita di decine di posti di lavoro nella nostra città.

SCENARIO FINALE: senza il supporto pubblico, per il mantenimento di questa grande opportunità formativa, la scuola utilizzerebbe le proprie strutture in maniera ridotta e molte attività (musicali, laboratoriali, linguistiche, teatrali, ecc.), ora presenti nella scuola, verrebbero soppresse.

Non basta essere connessi a nuovi sistemi comunicativi per poter esprimere un giudizio. È molto più importante connettersi al proprio cervello, se presente in rubrica.

Italo Magno
Presidente di Manfredonia Nuova

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Commenti

  • Difatti la normativa sui servizi pubblici a domanda individuale prevede controlli a campione sulle famiglie dei richiedenti, ma normalmente questi controlli non vengo quasi mai eseguiti. Il consigliere Magno che ha fatto una ottima disamina del problema, dovrebbe chiedere all’amministrazione comunale come sono arrivati a quelle tariffe. Chiedere copia dei trasferimenti regionali per l’assistenza scolastica. Solo così potrà verificare se la percentuale dei costi e’ pari al 36%(minimo di legge) Diversamente chiedere spiegazioni ai politici di maggioranza.

    Pasquino 25/08/2016 22:22 Rispondi
  • giuste le considerazioni di Magno ma co ncordo pienamente con Antonio 01 51. l’amministrazione non deve escluderne la fruizione ma svolgere una proficua attività di controllo…che ognuno paghi a seconda delle reali possibilità …

    Libera 24/08/2016 18:44 Rispondi
  • X Antonio 01 51…. quello che tu dici è un altro discorso, che mette in evidenza l’azione di accertamento “Vero” da parte delle istituzioni preposte.
    I concetti sviluppati da Magno fanno capire ben altro, sotto diversi profili.
    Ti saluto.

    svolta 24/08/2016 12:02 Rispondi
  • I genitori che lavorano, potrebbero pure pagarselo il tempo pieno. Invece no, fanno carte false per non pagare ed ecco che, le risorse finiscono. Se tutti contribuissero nella misura delle proprie capacità, questo tipo di attività pedagogica ( molto importante ) sarebbe ancora possibile.

    antonio 01 51 24/08/2016 11:30 Rispondi

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