Credo che pochi sappiano che negli anni 2008 e 2009 ci sono state due campagne di scavo nell’area del Parco Archeologico e precisamente nella zona delle immediate adiacenze dei resti delle mura già venute alla luce negli anni ’70.
Sono emersi diversi ambienti tra i quali uno ad uso domestico con i resti dei gradini dell’ingresso, di un focolare e dei cardini per la porta. In questo ambiente è stata rinvenuta una grande giara, generalmente utilizzata per conservare granaglie o altro e dalla quale sono venuti alla luce un raro flauto medievale, frammenti di stoffa sempre dello stesso periodo, dei ciottoli di fiume forse usati per gioco dai bambini ma, soprattutto una “Quadrangula” rarissima testimonianza dei pellegrini , detti romei che si portavano a Roma per visitare i luoghi che custodivano i resti di San Pietro e San Paolo. Tutti questi oggetti , insieme ad altri rinvenuti in pochi metri quadrati di terreno interessati agli scavi, sono esposti nella sezione del Museo del Castello di Manfredonia dedicata alla Siponto Antica.
Un altro ambiente venuto alla luce è probabilmente una antica fornace per la cottura della ceramica.
Molti altri ambienti , tra cui le fondazioni di un edificio con resti di mura di notevoli dimensioni sono stati poi ricoperti.
E’ stato scoperto un edificio religioso con abside rivolta ad est. In questo ambiente sono state scoperte delle tombe sub divo e molte altre sepolture.
E’ da tenere presente che gli scavi citati e i resti si trovano solo a 40-50 centimetri dal piano campagna e quindi appartengono al periodo medievale, vale a dire il più “recente “ prima dell’abbandono della città avvenuto nel 1260 quando Manfredi decise di fondare una “Novellum Sipontum” che sarà Manfredonia.
Ma noi sappiamo ( e i resti delle mura di cinta ce lo dimostrano) che per raggiungere il periodo paleocristiano e soprattutto quello romano e forse quello dauno bisogna andare ad una quota inferiore di almeno sette o otto metri.
Ci sono , nella zona scavata, dei cartelli indicatori che ormai sono illeggibili perché abbandonati a se stessi e alle intemperie senza essere quanto meno resi fruibili. E questo la dice tutta sul fatto che quando si fanno dei lavori sul parco archeologico poi bisogna saper rendere fruibili gli ambienti scoperti e soprattutto bisogna recintare le zone di scavo.
Ho potuto oggi, 31 maggio, fare delle foto perché è stato di recente fatto il taglio dell’erba…questa operazione viene fatta dalla Soprintendenza solo una o sue volte l’anno, per cui chi volesse vedere lo stato dei luoghi lo faccia adesso perché tra non molto l’erba ricrescerà inesorabilmente e toglierà quegli scavi dalla vista.
Nella foto di assieme dello spazio che racchiude il Parco sipontino si può notare la vastità enorme del bacino archeologico che una volta portato alla luce darebbe resti sovrapposti di tre città :la Siponto medievale, quella paleocristiana, quella romana e, forse quella dauna.
E si nota anche che proprio nel cuore delle Città antiche , nella zona della Basilica con i suoi ormai ex scavi paleocristiani, ricoperti per dar posto ad ipotetiche e innaturali costruzioni metalliche, sono stati anche costruiti, nel cuore pulsante del Parco un inutile parcheggio ed un altrettanto inutile Centro visite autentici pugni nell’occhio che di fatto interrompono la continuità archeologica della Siponto antica, anzi, delle Siponto antiche.
Aldo Caroleo, Archeoclub Siponto
Salvo poi, Nico a fare proclami e tabelle inneggianti al Parco Archeologico di Siponto…….
un carissimo saluto
aldo
Caro Aldo
la fruibilità per la collettività (che paga gli scavi) è l’ultimo dei pensieri di chi li esegue. Essi vengono realizzati principalmente per essere presentati nel ristretto ambito scientifico-accademico per motivi di prestigio personale e carrieristico.
Una volta che gli scavi hanno prodotto questi risultati a beneficio di pochi, non interessano più. Questo è il triste destino di moltissimi siti archeologici per i quali sono stati spesi ingenti fondi della comunità, ma essa non ne usufruirà mai.