Decreto mutui. Dal Governo Renzi l’ennesimo provvedimento “di classe”: sta dalla parte delle banche e contro i cittadini. Nessun rattoppo dell’ultim’ora, si ritiri il provvedimento!
Sul decreto mutui l’esecutivo getta la maschera e dimostra – ce ne fosse bisogno – ulteriormente da che parte sta: non certo da quella dei cittadini. L’ennesimo provvedimento “di classe”. Il tentativo del governo Renzi infatti di scaricare sulla parte più debole, le famiglie, le sofferenze delle banche (causati in larghissima parte dai grandi prestiti non rimborsati e magari concessi troppo facilmente e troppo spesso ad “amici e conoscenti” dei membri di vari consigli d’amministrazione) è un atto che grida vendetta. L’Italia non è uscita dalla crisi, e al contrario la crisi morde ancora di più perché si appoggia su famiglie logorate e impoverite da anni di disoccupazione o inoccupazione. Perdi il lavoro = perdi la casa, abbiamo sempre detto e questo slogan si dimostra drammaticamente sempre più vero. Per le famiglie in affitto la situazione è sempre più grave: di anno in anno aumentano gli sfratti esecutivi (con l’intervento della forza pubblica) e oltre i due terzi di questi è per morosità incolpevole. Niente ha fatto il governo Renzi per le famiglie che perdevano la casa, nessun aumento di risorse da destinare all’Erp, nessun provvedimento per imporre alle Regioni di spendere quei milioni di euro per l’Edilizia Residenziale Pubblica fermi nelle loro casse da decenni, nessuna riconversione a fini residenziali di parte dell’immenso patrimonio demaniale abbandonato o inutilizzato.
Le famiglie (incolpevolmente) morose sono semplicemente state cancellate dal Governo, non esistono così non esiste il problema. Oltre a “non fare” però l’esecutivo peggiora drammaticamente le cose quando “fa”, ed il caso del recente decreto mutui: Chissà se in nome a una malvagia solidarietà, Renzi mette inoltre a rischio tutte quelle famiglie che hanno assunto un mutuo per acquistare la casa dove abitano e che la crisi economica e la perdita del posto del lavoro ha messo in difficoltà nel pagamento puntuale delle rate.
Non un provvedimento per rafforzare le garanzie sulla prima ed unica casa, (sia essa in affitto o in proprietà) e magari istituendo un fondo di solidarietà con una quota parte della tassa sugli immobili di lusso (ex IMU) e invece, al contrario, un provvedimento che, se approvato, priverà di un tetto famiglie, in difficoltà economica, che andranno a gonfiare le fila di chi non accede ad un alloggio a prezzi di mercato. Precarietà per le famiglie e regalo per banche e speculatori questi sono gli effetti della proposta di cancellare (di fatto) l’art. 2744 del codice civile che vieta per la casa il patto commissorio, articolo con il quale le banche entrano in possesso dell’oggetto ipotecato laddove il mutuario sia in ritardo con il pagamento di sole sette rate, (la proposta iniziale) anche non consecutive. Si annunciano modifiche (dopo la sollevazione generale) che non cambiano la sostanza del provvedimento e che alle banche – dalla porta alla finestra – portano queste case “in dono”.
Non cambia il segno reazionario del decreto la proposta del Governo di innalzare l’insolvenza a 18 mesi, (invece che sette), perché il punto fondamentale resta ed è quello di cancellare l’obbligo di una sentenza del tribunale per poter vendere un alloggio: È chiaro la posta in gioco è quella scippare le famiglie in difficoltà di qualunque diritto e di aprire la strada alla speculazione immobiliare, perché il combinato composto dei vari articoli permette esattamente questo. Inoltre il duo Boschi-Renzi non contento di questo immenso regalo a banche e speculatori aggiunge due ulteriori favori: la velocità nel vendere e la detassazione fiscale. Velocità garantita perché le banche, entrano direttamente in possesso dell’immobile senza passare dal tribunale, possono vendere, o meglio svendere l’immobile avuto in garanzia a un prezzo irrisorio, visto che la loro priorità sarà quella di rientrare nel credito concesso e non di vendere la casa al suo giusto valore. E, dulcis in fondo, un regalo alla speculazione perché se chi acquisterà all’asta l’immobile e non ne rimarrà l’acquirente finale, con una semplice imposta sostitutiva di duecento euro sarà esentato dal pagare la tassa del 9% sul valore dell’immobile acquistato e poi rivenduto. Scandaloso il macroscopico conflitto d’interesse che potrebbe, facilmente, determinarsi con banche che potrebbero essere sia venditori che acquirenti -tramite proprie società- a danno delle famiglie che potrebbero così perdere la casa, anche per morosità di importi irrisori. Non sarebbe difficile prevedere lo sviluppo di pratiche speculative da parte delle banche che entrate in possesso dell’immobile, lo potrebbero vendere a se stesse a un prezzo bassissimo per poi rivenderlo a prezzi di mercato. L’interesse delle famiglie non è assolutamente tutelato, potrebbero vedersi scippare la propria casa a un prezzo nettamente inferiore al suo valore determinandosi così un ulteriore e drammatico danno sia morale che economico. Questo provvedimento urla vergogna e chiede di essere cancellato immediatamente. Questa l’unica via da seguire senza toppe che quasi son peggiori del buco.
È bene ricordare che le sofferenze bancarie non nascono dai mutui concessi per l’acquisto della prima casa, e la tutela della prima casa soprattutto in tempi di crisi è invece un cardine fondamentale di un paese che vuol considerarsi civile. La tutela della prima casa e il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica in locazione a canoni proporzionati al reddito è l’unica risposta strutturale al disagio abitativo in preoccupante crescita nel nostro paese e che coinvolge migliaia di famiglie. Fermare questo provvedimento significa non solo garantire giustizia proprio a quelle famiglie che oggi sono in difficoltà per gli effetti della crisi ma significa anche stoppare una operazione vergognosa di allargamento della forbice sociale tramite un rastrellamento di massa a prezzi irrisori di quel patrimonio immobiliare frutto di conquiste sociali degli anni passati ma frutto anche di enormi sacrifici delle famiglie che oggi verrebbero distrutti.
Fermare questo provvedimento significa concretamente scegliere a chi garantire diritti: non a banche e speculatori ma a cittadini e famiglie che già soffrono gli effetti della crisi, e che cadrebbero nella disperazione più profonda davanti alla perdita della propria casa frutto di anni di sacrifici. Il disagio abitativo sta crescendo in maniera esponenziale nel nostro paese e sempre più urgente diventa invece avviare politiche strutturali per garantire un diritto fondamentale a famiglie e cittadine/i. La priorità diventa quella di arrestare la crescita di questo disagio ed è possibile con un fondo di solidarietà che intervenga a sostegno delle famiglie in affitto o in proprietà in sofferenza perché colpite dagli effetti della crisi, che troppo spesso significa perdita del posto di lavoro.
*Segreteria Nazionale PRC-SE