L’imprenditoria a Manfredonia predilige violare le leggi dello Stato, messe a tutela di tutti. Nessuno più di Manfredonia Nuova è favorevole all’attività d’impresa, ma non quella distruttiva che si mangia le spiagge e le scogliere, che trasforma il bene pubblico in privato, facendo finta d’ignorare che, quando si sarà mangiate tutte le nostre bellezze, non ce ne sarà più per nessuno. Basti vedere com’è ridotta la pesca a Manfredonia. I Mastroluca, i Bordo, i Leone si sono vantati negli anni di aver ottenuto continue deroghe alle leggi comunitarie ed ora la pesca quasi non c’è più. Dopo aver tolto ai pesci la micro fauna, per crescere e riprodursi, e raschiato il fondo marino con le reti cieche, sconvolgendo il mare, questo si è rivoltato contro i pescatori, gli armatori, l’economia basata sulla pesca. Può essere tale sistema considerato una saggia attività d’impresa.? E lo stesso vale per la città, venduta pezzo a pezzo ai privati che non fanno turismo, piuttosto l’ammazzano. Ci dicono che siamo invidiosi, ma di chi? Ci dicono che vogliamo farci pubblicità, ma per cosa, per occupare un posto tra politici scarsi, ignoranti, per lo più senza aver mai svolto un vero lavoro e sono, a buon motivo, disprezzati da tutta l’opinione pubblica nazionale?
C’è una storiellina che forse conoscete, ma vale la pena di raccontare. Nell’Oceano Pacifico vi è l’isola di Pasqua, di origine vulcanica, che all’inizio degli anni Mille si presentava come un’immensa foresta di palme, in cui la popolazione viveva in sostanziale equilibrio con le risorse naturali presenti sull’isola. Verso il 1400 la sua popolazione raggiunse i 15000 abitanti. Ma poi, per farsi amici gli dei, i nativi cominciarono a costruire i Moai, divinità propiziatrici scolpite in grandi massi di pietra, che si levavano dalla sommità dell’isola ben oltre i dieci metri verso il cielo. Ogni nuovo capo tribù, una nuova statua, per fare la quale occorreva trasportare gli enormi massi, dalle zone più basse dell’sola, fino all’altopiano, tirandoli su con funi e facendoli scivolare su lunghi tronchi d’albero. Anno dopo anno gli abbattimenti divennero più invasivi, allargando sempre più le aree non alberate, convinti gli abitanti che tutto sarebbe continuato come prima, pur non rispettando l’equilibrio tra tronchi nati e quelli tagliati. In tal modo le risorse forestali si ridussero al lumicino, ed arrivò il tempo in cui la legna cominciò a scarseggiare e per riscaldarsi si cominciò ad utilizzare sterpi e radici; non ci fu più materiale per costruire canoe e poter pescare, né frutti per nutrire i piccoli e saziare la fame di tutto il villaggio. Ne nacquero gravi conflitti sociali che, alla fine del 1800 ridusse la popolazione ad appena 111 uomini, anche a causa dell’emigrazione della popolazione e la sparizione pressoché totale della fauna locale.
Italo Magno
Bella storia e soprattutto realta’.
La parte piu vera e’ quella dei politici inetti scarsi e che non hanno mai fatto un lavoro.
Io non Magno!!!!
Come sempre, scucchiant Italo.
Pessima imitazione di un qualunquista frustrato.
Come sempre, grande ITALO .