I sipontini, dopo tre giorni di baldoria, bruciano il loro fantoccio di pezza: “Ze’ Pèppe Carnevéle”. Alcuni sostengono addirittura che sia realmente esistito. Si dice che egli, uomo scherzoso e burlone, un giorno, in groppa al suo somaro, nel fare ritorno a casa, fu investito da un violento temporale. Trascinato dagli elementi, fu trovato esanime davanti alla chiesa di S. Domenico, felice e… sorridente. Da qui il nomignolo di “Ze’ Pèppe Carnevéle”. La tradizione vuole che il cafone Zé Pèppe, la vigilia di Carnevale, pur affetto da “pintùre” (broncopolmonite), facesse rientro in paese per trascorrere i tre giorni di Carnevale in allegria, dandosi alla pazza gioia facendo il tipico “ballo per casa” nelle socie. Il terzo giorno si accascia a terra esausto e “…stènne i pìte” (stende i piedi, muore), ma con il sorriso sulle labbra. Gli vengono tributati solenni funerali, al termine dei quali, tra la disperazione della consorte “cummére Seponde”, pianti, balli e suoni, viene “cremato”. Così il rito antico si ripete.
Matteo Di Sabato
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Foto di Raffaele di Sabato
” Ze Pèppe Carnevele ” veniva dalla campagna, non può essere rappresentato se non come un contadino; non come viene raffigurato in queste foto.
Comunque quel fantoccio di Ze Peppe è proprio brutto e fatto male! Ma quello degli anni passati che fino ha fatto? Era tutta un’altra cosa.