Ho letto con molto interesse l’articolo di Massimiliano Rinaldi apparso su “Manfredonianews.it” del 1° agosto 2015 dal titolo. “Il fuoco fatuo del difensore civico a Manfredonia” poiché consente al lettore di soffermarsi sull’istituto di democrazia diretta e partecipata, di “partecipazione popolare”, istituto che trova la sua consacrazione nella Costituzione repubblicana (art.3, secondo comma) che individua quale valore fondamentale, pari a quello del pieno sviluppo della persona umana, nell’ambito del principio di uguaglianza riconosciuto a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il raggiungimento di tali obiettivi: La partecipazione popolare risponde all’esigenza di rendere effettiva la portata della norma programmatoria contenuta proprio nell’art. 1 della Costituzione secondo la quale la sovranità appartiene al popolo. In aderenza a tali principi (costituzionali) il (nostro) legislatore, con la legge 8 giugno 1990, n. 142, ancorché in via soltanto “opzionale” ha previsto all’art. 8 la facoltà per gli enti locali di istituire il difensore civico nel nostro ordinamento onde risolvere il problema dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, in una realtà in cui si lamentino disfunzioni, abusi, carenza e ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini.
In altri termini, una figura di garanzia con il compito di vigilare sul buon andamento dell’attività amministrativa e tutelare i cittadini dagli abusi commessi dai funzionari pubblici. Attualmente, però, il nostro “legislatore del fare” ha decapitato istituti fondamentali, fra cui il difensore civico, che avevano ragione di esistere in presenza di una organizzazione dei poteri locali che teneva anche conto dei cittadini e della “parte dei cittadini”schierando un’autorità capace di indagare l’operato della P. A.. Sta di fatto che la legge finanziaria 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) all’art. 2, comma 186, lett. a) ha previsto con un termine infelice la “soppressione” della figura del difensore civico. A prescindere dalla questione di merito sulla quale mi sono soffermato ampiamente in un lavoro apparso sugli speciali di “Nuova Rassegna” di legislazione e giurisprudenza di Firenze del dicembre 2010 (pagg da 2413 a 2470) sul tema in discorso, questa “soppressione” ai Comuni che la dovranno adottare. Di fatto, l’art. 2, comma 186, della legge finanziaria suddetta recita che i Comuni “devono, altresì, adottare le seguenti misure” (fra cui la soppressione della figura del difensore civico) riconoscendo implicitamente l’imponibilità per la legge statale di farlo direttamente. I Comuni avrebbero, quindi dovuto provvedere alle modifiche statutarie e regolamentari che prevedono i, Difensore civico. Modifiche che avvengono (art. 6, comma 4° del D.Lgvo 18 agosto 2000, n. 267: Testo Unico sulle autonomia locali) con il voto favorevole dei 2/3 dei consiglieri assegnati in prima votazione o in due successive sedute con la maggioranza assoluta semplice dei “consiglieri assegnati”. Ma allora l’atteso effetto di “snellimento” organizzativo immediato non è detto che si realizzi dato che nulla pare possa impedire all’Ente locale di mantenere nei propri statuti e regolamenti fra gli altri istituti soppressi (le circoscrizioni di decentramento e il Direttore generale), il Difensore civico. D’altra parte non potrebbe che essere così: il coordinamento della finanza pubblica, non può spingersi sino ad imporre nel dettaglio gli strumenti concreti per raggiungere gli obiettivi definiti dall’autorità statale (Corte costituzionale sentenze nn.390/2004 e 417/2005). Certo, in tali cori, l’Ente locale si troverà a dover affrontare una spesa invariata o addirittura aumentata a fronte di una riduzione di trasferimenti (unico elemento certo) potendo in una prospettiva meramente ipotetica – farvi fronte ad esempio con economie sui servizi o con aumento di tributi e tariffe, non volendo rinunciare alla figura del Difensore civico, ritenendola necessaria. Or dunque, il vigente Statuto del Comune di Manfredonia ha previsto l’istituzione del Difensore civico all’art. 44 “allo scopo di garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione, delle istituzioni e delle aziende comunali” fissandone anche requisiti per accedervi e i relativi compiti.
Pertanto, è il Consiglio comunale che nella sua sovranità ed in via delegatoria deve essere convocato in seduta pubblica per decidere sulla soppressione della figura del Difensore civico dal suo ordinamento (statutario) con la votazione rafforzata di cui innanzi, facendo, se del caso, le valutazioni necessarie ove reputi di mantenerla in essere, ritenendola irrinunciabile, ancorché facendo fronte alla riduzione di trasferimenti statali previsti dalla legge finanziaria suddetta con economie o con aumento di tributi e tariffe.
Antonio Nasuti, ex segretario comunale del Comune di Bari
A Manfredonia i vari D.C. si sono comportati da veri e propri burocrati, divenendo aessi stessi aste di un ombrello che insieme a tanti altri tutelavano più la burocrazia che non il cittadino che ad esso si rivolgeve. Era divenuto un passacarte, che si fermava a sua volta difronte al silenzio e d inerzia di una burocrazia che pervicacemente adottava tutte le strategie per inficiare la legge 241/90… e di fronte a ciò il D.C., sebbene consapevole, cosa faceva…. niente…. altrimenti, difronte alle verità svelate di vere e proprie storie di malafffare, collusioni varie ad alti livelli gli avrebbero fatto perdere la sua “CARICA ISTITUZIONALE”…..
A tal porprosito, mi ricordo di alcuni interventi di un ex consigliere comunale….che denunciava tante verità….
In sintesi a Manfredonia il Difensore Civico ha riempito solo una “scatola vuota”.