Lunedì 4 Novembre 2024

Celebrazione centenario prima guerra mondiale a Manfredonia

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Ieri, domenica 24 maggio, e’ ricorso il centesimo anniversario dell’entrata nel primo conflitto bellico mondiale del nostro paese. E’ stato bello osservare il taglio patriottico ma non nazionalista che le principali testate giornalistiche e televisive nazionali  hanno dato ad una celebrazione che noi tutti dovremmo, ogni anno, ricordare, senza incorrere, come successo in  passato, in sempre più vuote ed anacronistiche orazioni o deposizioni ai vari sacrari che popolano il nostro Paese.
Il nostro Comune, in unione con il Comitato Nazionale per il Centenario della Prima Guerra Mondiale, ha patrocinato una serie di iniziative al riguardo, comprese fra sabato 23 e martedì 26 maggio, fra le quali il principale ma non unico e’ stato una mostra-convegno sul contributo nel conflitto bellico di Manfredonia e dei Manfredoniani, tenutasi sabato pomeriggio al Palazzo dei Celestini, grazie alle relazioni di S.E. il prefetto di Foggia, dott.ssa Maria Tirone; del dott. Massimiliano Monaco; del Comandante della Capitaneria di Porto di Manfredonia, C.F. (CP), Marcello Luigi Notaro; del dott. Lorenzo Pellegrino; del prof. Pasquale Caratù e di alcune alunne del Liceo Classico “Aldo Moro” di Manfredonia.
La mostra- convegno e’ stata occasione per scoprire, o per meglio dire riscoprire, momenti della nostra vita cittadina, a volte banalmente dimenticati. La nostra città di Manfredonia e’ stata, come ci ricorda una targa, adiacente il bar Impero, la prima città adriatica italiana a subire i bombardamenti della Regia Marina Austro-Ungarica i quali comportarono la pesante distruzione della Stazione Campagna. Sempre nella giornata del 24 maggio 1915 il cacciatorpediniere “Turbine”, corso in difesa della vicina Barletta, muovendosi nelle acque del nostro golfo, venendo meno la possibilità di un’attiva difesa decise, per volere del suo eroico comandante Bianchi, di auto affondarsi.
Come noi tutti sappiamo, pero’, la guerra non e’ fatta solo di atti eroici; bombardamenti o teste coronate. Le guerre sono “animate” ma soprattutto subite dagli uomini. Uomini umili, semi-analfabeti, fortemente attaccati alla loro terra d’origine, come si e’ potuto notare grazie alla lettura da parte del  prof. Caratù  di alcune lettere scritte da vari garganici combattenti. Uomini, a volte, catapultati in terre lontane, mai conosciute o forse mai immaginate che pur nel giusto dolore dettato dalle privazioni e dalla lontananza dai propri cari, non hanno mai fatto venir meno il loro valoroso contributo. Un contributo, quello umano, ingente che ha trovato nelle donne, madri; crocerossine; religiose ed anche infiltrate combattenti, una sua fulgida declinazione, anch’essa, troppe volte, volutamente condotta all’oblio.
Sembra doveroso sottolineare come qualsiasi conflitto bellico non debba mai leggersi solo tramite la lente d’analisi di un eroico patriottismo. E’ indubbio l’essere stata la prima guerra mondiale, se non momento fondante di una nostra matura e voluta concezione e costruzione statale, scenario in cui i nostri antenati si sono sentiti, nel freddo, nella sporcizia, nell’odore della morte fra le trincee italiani, comuni combattenti, pronti a cancellare dopo la disfatta di Caporetto la grave onta militare piuttosto che “sentirsi in dovere” di combattere versa quella bandiera sabauda, di cui molti ignoravano il significato. Ma a distanza di più di cento anni dallo scoppio del proiettile di Gavrilo Princip non possiamo non considerare, con obiettività, la guerra del 1914-1918 come il primo dei due conflitti mondiali che hanno sconquassato e lacerato il volto dell’Occidente. Le vittorie al pari delle sconfitte non vanno  ne’ obliate ne’ fanaticamente osannate, semplicemente perché fanno parte del nostro passato. Esse sono da inserire, dunque,  come fotogrammi  nell’incessante ed impetuoso corso della storia. Solo così potremmo comprendere, ad esempio, la vera essenza(o meglio quella che dovrebbe essere la vera essenza) della comunità. Un’unione non esclusivamente economica perché gli uomini che la compongono non sono solo “homines economici” ma, al contrario, fondamentalmente “homines sociali”.

Domenico Antonio Capone

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