In questo lungo periodo di grave crisi socio-economica il “diverso” diventa il capo espiatorio di tutti i mali: l’immigrato, il rifugiato politico, l’emarginato, il povero, il rom, il malato psichico. Nella sfera del “diverso”rientra anche colui che la pensa in modo diverso da me. Nella società del consumismo le idee, i costumi e gli usi si conformano alla “massa” che adatta il pensiero alle mode del momento. Se non chatti su whatsapp e non hai l’amicizia su Face book sei un “diverso” incompreso. Giuseppe Bucalo, autore del libro “DIzionARIO Antipsichiatrico”, la pensa in modo diverso rispetto alla “scuola dei psichiatri moderni”. Secondo Giuseppe “il disagiato mentale è definito così dalla “psichiatria” ma non esiste nessun malato. Perché deve essere tacciato come il “diverso”da chi? Come il malato bisognoso di cure? E’ la società che gli affibbia questa etichetta, purtroppo il pregiudizio e lo stigma permeano ovunque nelle case, nelle scuole, negli ospedali, in tutta la comunità. Giuseppe Bucalo, del “Comitato d’Iniziativa Antipsichiatrica” è stato “l’unico” nel senso letterale del termine che si è distinto per il “pensiero diverso” rivelato nella conferenza nazionale “Le Parole Ritrovate in Puglia” svoltosi a Monte Sant’Angelo il 17 – 18 aprile all’Auditorium-Teatro “Le Clarisse”. Il siciliano Giuseppe Bucalo sostiene che “colui che si comporta e dice cose “strane o diverse” (definite così dal “normale”) deve essere lasciato libero di esprimersi e vivere la vita come meglio crede riconoscendogli i diritti di cittadinanza. Non si può curare la “soggettività” perché fa parte del proprio “Io” e deve essere preservata e non contenuta”. A Monte Sant’Angelo c’erano proprio tutti: utenti, familiari, operatori provenienti da diverse regioni, citiamo il Centro Sperimentale “Marco Cavallo” di Latiano che insieme all’Ass. brindisina “180 amici Puglia” hanno realizzato un educativo progetto “Formarsi Insieme”, presentato nelle scuole superiori per la lotta contro lo stigma e il pregiudizio verso i disagiati mentali. Il Centro Diurno Adasam di San Severo ha presentato le testimonianze, l’ esperienze dei familiari e ciò che realizzano insieme all’Ass. Bellombroso. Giuseppe Bucalo, da Fulci siculo, ha raccontato la loro attenzione ai “diversi” che si affacciano al Rifugio gestito dall’Ass. “Il soccorso viola”. L’ass. “Genoveffa de Troia” di Monte Sant’Angelo , l’ass. “ Psychè” di Manfredonia e l’ass. “Sergio Piro” hanno organizzato l’evento con il patrocinio del Comune di Monte S. Angelo. Alla folta partecipazione hanno aderito non soli i cittadini, i familiari e gli utenti provenienti dai paesi del Gargano e della Capitanata ma anche una bella rappresentanza da Trento. Infatti sono stati presenti con le loro testimonianze gli UFE, Utenti Familiari Esperti di Trento, città storica in cui lo psichiatra Franco Battaglia mosse le prime lotte contro gli istituti manicomiali, facendoli chiudere nel’78 quando entrò in vigore l’omonima legge , la 180 che diede avvio ai Servizi territoriali di comunità. Il gruppo di Trento rappresenta la corrente sociale del “fare assieme” del movimento “Le Parole Ritrovate” nato nel 1993. Le loro idee e il loro sapere nascono dalle esperienze condivise e valorizzate nei gruppi di auto-mutuo- aiuto in cui gli utenti e i familiari scambiandosi il proprio vissuto si aiutano reciprocamente. Questo “lavoro sociale di rete” si esplicita attraverso gli UFE (risorse informali), e grazie alle loro esperienze , diventano gli “esperti collaboratori”, che lavorano insieme agli operatori (risorse formali) nei reparti ospedalieri, nelle comunità terapeutiche , nelle case alloggio, nei centri diurni. Il coordinatore degli UFE di Trento, Roberto Cuni, illustra il Servizio di Trento presso cui gli UFE svolgono attività di ascolto, vicinanza, sostegno e presenza quotidiana a fianco degli operatori. “Un’unione di saperi, la nostra, che permette quotidianamente di fornire un servizio sempre più completo e aderente alle necessità di chi usufruisce delle sue prestazioni e, soprattutto, di essere portatori di un messaggio di speranza e di possibilità di cambiamento anche nella salute mentale”.
Un altro significativo intervento è stato quello dell’on. Ezio Casati, ex sindaco del Comune di Paderno Dugnano , che ha sposato la causa del “fare assieme” del movimento “Le parole Ritrovate” di Trento. L’onorevole milanese, insieme ad altri parlamentari hanno proposto in Parlamento la legge n. 2233, la nuova “181” nata dall’iniziativa popolare promossa dal movimento di Trento. Sono state raccolte circa 40.000 firme e chi volesse apportare il proprio contributo ed adesione può farlo contattando l’indirizzo “fare assieme@apss.tn.it o il sito www.fareassieme.it . Nelle proposta di legge all’art. 5 riconosce e valorizza il ruolo degli UFE, istituzionalizzandolo nei Dipartimenti di salute mentale in cui potranno lavorare a fianco degli operatori . I 17 articoli sono innovatori e promuovono l’empowerment degli utenti e dei familiari che diventano, con il loro sapere esperienziale, parte attiva del Servizio. Tutto questo segue i principi ispiratori del fautore della L. 180 Franco Basaglia che fondò i Servizi Territoriali di Comunità.
Le due giornate del convegno sono state allietate dai brani melodiosi del cantautore Antonio Silvestri, accompagnato dalla sua fisarmonica, e dal celestiale coro “Le scarpe sciolte” che ha letteralmente travolto e commosso i presenti. La prima serata è stata animata dagli UFE del laboratorio teatrale di Monte Sant’Angelo che hanno presentato la commedia “Ridere insieme”. Invece la seconda giornata formativa è stata allietata dal gruppo Folk Sipontino costituita da cinque coppie di provetti ballerini rappresentati dagli utenti e dagli operatori del Centro Diurno “Alda Merini” di Manfredonia che ha rallegrato l’atmosfera con danze popolari e tarantelle dal ritmo frenetico. I costumi di scena sono stati realizzati dal laboratorio sartoriale del Centro Diurno in cui alcuni familiari dell’Ass. Psychè di Manfredonia da alcuni anni hanno imparato l’arte del cucire e dell’uncinetto.
Ci auguriamo che il nostro territorio possa costruire per il futuro una comunità cosmopolita, aperta al multiculturalismo e all’inclusione sociale di quanti nella propria esistenza sono inciampati nella perdita del lavoro, di una persona cara o del proprio compagno, diventando un po’ “tristi”. Con il “fare assieme” le difficoltà della vita si possono superare, realizzando nuove condizioni migliori.
Grazia Amoruso
La mistificazione massima della proposta delle “Parole ritrovate” sta proprio in questa mitologia del “fare assieme” e dell’integrazione dei saperi (quello tecnico degli operatori e quello esperenziale degli utenti) fingendo di non sapere che il “sapere tecnico” ha valenza giuridica e determina processi di inabilitazione, invalidazione e interdizione certamente non annullabili o modificabili sulla base del sapere esperenziale degli utenti.
Il “fare assieme” fra soggetti che obiettivamente e giuridicamente non vengono considerati “pari” è una pura mistificazione. La legge infatti prevede che in caso di contrasto insanabile fra la lettura della situazione da parte dell’esperto per esperienza (l’utente) e quella dell’esperto per professione (lo psichiatra), il secondo possa imporre al primo la sua diagnosi, visione delle cose e terapia, attraverso il trattamento sanitario obbligatorio.Si può certamente coltivare l’utopia di una psichiatria “buona”, ma se essa vuole dirsi tale, deve rifiutare qualsiasi forma di coazione (fisica, chimica, ma anche legale), chiedere la cancellazione dell’istituto del TSO e affermare la natura totalmente ipotetica delle sue teorie che non possono avere valore scientifico o legale, ma devono essere trattate come mere opinioni e ipotesi e non come dati di fatto.
Il “fare assieme” fra soggetti che obiettivamente e giuridicamente non vengono considerati “pari” è una pura mistificazione. La legge infatti prevede che in caso di contrasto insanabile fra la lettura della situazione da parte dell’esperto per esperienza (l’utente) e quella dell’esperto per professione (lo psichiatra), il secondo possa imporre al primo la sua diagnosi, visione delle cose e terapia, attraverso il trattamento sanitario obbligatorio.
Dalla mia esperienza trentennale ho ricavato poche certezze: una di queste è che gli interessi e le aspettative di chi subisce la psichiatria non coincidono quasi mai con quelle dei suoi familiari e men che mai con quelle dei tecnici e della società civile.
Si può certamente coltivare l’utopia di una psichiatria “buona”, ma se essa vuole dirsi tale, deve rifiutare qualsiasi forma di coazione (fisica, chimica, ma anche legale), chiedere la cancellazione dell’istituto del TSO e affermare la natura totalmente ipotetica delle sue teorie che non possono avere valore scientifico o legale, ma devono essere trattate come mere opinioni e ipotesi e non come dati di fatto.
E’ chiaro che una psichiatria di tal fatta, prima di essere “buona”, non sarebbe più psichiatria.
Ottima la tua analisi ma per favore correggi: sidice CAPRO ESPIATORIO e non CAPO| Scusami ma non ce l’ho fatta proprio ad ignorare l’errore.
Caro Teo anch’io come te elogio l’articolo però non condivido affatto l’errore,sicuramente,di battitura da te sottolineato.Anche tu hai commesso lo stesso errore di distrazione ” sidice”. Invece avresti potuto spiegare perchè, come anch’io penso, non esiste il diverso. Anzi penso che tutto ciò sia frutto di regole poco condivise che non lasciano spazio al pluralismo.