Lunedì 4 Novembre 2024

Storia di un redivivo

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“L’artigliere Marinaro Matteo dopo aver partecipato ad’una aspra battaglia in sicilia. Mi rinpatrio in Italia il 8 – 9 – 43 al deposito di Asti il giorno 11 – 9 – 43. Fu preso prigioniere dai tedeschi, e portato in germania. A soffrire un periodo di 43 mesi di aspra vita. Ma dopo aver subbito tanti sacrifigi, mi impatrio in Italia il 12 – 8 – 45”. Questa è la trascrizione della didascalia che si legge nella foto che pubblichiamo qui accanto. Un’immagine sicuramente prestampata per chi riuscì a salvarsi dopo il periodo trascorso in un campo di concentramento tedesco. Era il 12 Agosto del 1945, la Seconda Guerra Mondiale era finita da poco. Parliamo del periodo più buio del nostro Paese, quando, firmato l’armistizio con gli americani, l’alleato tedesco diventa nemico. Traditori da una parte, fautori della Resistenza dall’altra, italiani contro italiani, fratelli contro fratelli. Protagonista, suo malgrado, di questa storia è l’artigliere radarista alpino Matteo Marinaro. Trasferito, all’indomani dell’armistizio, dalla Sicilia ad Asti, dove le truppe tedesche erano in ritirata per l’avanzare degli Alleati. Lui e i suoi compagni si trovarono davanti la LSSAH (Leibstandarte SS Adolf Hitler), la divisione più celebre della 2° Guerra Mondiale, una delle unità “d’élite” delle forze armate tedesche, e la 24 Panzer-Division sotto il comando dell’ Heeresgruppe B del Generale Rommel. La professionalità del Generale e dei suoi soldati, la loro meticolosità nell’appuntare tutti gli ordini e i referti delle uscite militari, hanno dato la possibilità agli storici di avere un quadro chiaro, e devastante, della situazione dei soldati italiani in quel periodo. Non ci fu nessuna resistenza, e tutti i prigionieri vennero trasportati in campi di concentramento in Italia, come Boves (Borgo San Dalmazzo), Meina (sul Lago Maggiore), ma tanti soldati furono portati in Germania, e come loro anche gli ebrei. Stipati nei vagoni al pari di animali, con 40 uomini per vagone, se non di più. Matteo Marinaro, una volta tornato a casa, raccontava che per sopravvivere nel campo di concentramento frugavano di notte nell’immondizia dei tedeschi per cercare qualcosa da mangiare. Ossa, pelle di galline, interiora, bucce di patate, tutto quello che poteva essere masticato e digerito. Anche i partigiani si davano da fare, contrastando le truppe tedesche; e quando uccidevano dei soldati, nel campo di concentramento, purtroppo, avveniva la rappresaglia, la Decimazione. Venivano inquadrati tutti i prigionieri e iniziava il conteggio:“Eins, zwei, drei, vier……..”, uno, due, tre, quattro…., fino al numero 10. Il prigioniero n. 10 veniva fatto uscire dall’inquadramento e messo di lato. Quando finivano tutte le righe, tutti i numeri 10 venivano fucilati. A Matteo, raccontava, una volta toccò il numero 8. Ma, nonostante le sofferenze subite, quando raccontava queste cose, nei suoi occhi brillava una luce di fierezza, quella di essere riuscito a farcela. Doversi nascondere tra i corpi maciullati dei cadaveri nelle battaglie, mangiare qualsiasi cosa, ritornare a casa a piedi o con mezzi di fortuna, niente lo impressionò. Nei suoi occhi, invece, era tanta la tristezza quando raccontava delle scarse munizioni, oppure delle scarpe di cartone che gli fornivano, la rabbia di non poter combattere, di non poter difendere la sua terra, il suo Paese. Storie come queste devono essere raccontate per farci capire che l’amor di Patria, per quanto oggi così poco sentito, è qualcosa che ci eleva e ci distingue da tutto e da tutti.

Mariantonietta Di Sabato

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  • scusami per la risposta che arriva in ritardo, ma confermo. Mio padre ha ricevuto la medaglia d’onore.

    Marinaro Antonio

    Antonio Marinaro 17/02/2016 10:13 Rispondi
  • Intanto Buona Pasqua! Poi sarei curioso di sapere se l’ex artigliere alpino Matteo Marinaro ha chiesto ed ottenuto la Medaglia d’Onore che spetta agli ex internati militari in Germania. In caso negativo sarebbe il caso che ne facesse richiesta o, qualora non fosse più in vita, che la richiesta venisse inoltrata dai suoi figli: è un riconoscimento onorifico di quanto subito!

    Gennaro Ciccaglione 05/04/2015 19:46 Rispondi

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