Professor Magno, molti parlano di nuova ignoranza che si sta diffondendo progressivamente nel mondo contemporaneo. Non legata all’analfabetismo, ma alla perdita di solidi riferimenti dovuta ad una pseudocultura che abitua la massa alla banalità consegnandola inerme alla demagogia e al populismo. Pensa che questo possa riguardare anche la nostra comunità?
La riduzione del tempo di lavoro avrebbe dovuto portare maggiore attenzione alle questioni culturali e, più genericamente dello spirito, coltivando l’amore per la poesia, la musica, la bellezza, ed alle questioni più tipicamente umane, comprese quelle relazionali. Ma non è stato così. L’aumento del tempo libero e del tempo di vita, ha invece spinto gli uomini e le donne occidentali verso una cultura mercantile che tende solo al consumo di beni materiali e valori, perfino dei sentimenti, con ricadute deleterie sul progresso civile della nostra società. Perfino strumenti raffinati, come quelli della comunicazione sociale, quale facebook, vengono invasi da indicibile robaccia che lega volgarità ad un narcisismo infantile che sconforta.
Tutto lo sviluppo del pensiero moderno, dal protestantesimo alla filosofia di Kant, è caratterizzato dalla sostituzione all’autorità esterna con un’autorità interiorizzata. Questo mutamento è apparso a molti una vittoria della libertà. Osservando la nostra società, il nostro Mezzogiorno, pensa che questo “stadio evolutivo” sia stato raggiunto compiutamente ed autenticamente?
Penso che sia esattamente il contrario. Nonostante i due filoni di pensiero oggi le scelte che compiamo sono tutt’altro che autonome. Ad un’autorità esterna all’uomo si è sostituita un’autorità interna non propriamente libera. L’informazione, così estesa e coinvolgente, è riuscita a creare in noi un’autorità tanto impellente da farci compiere scelte tutt’altro che autonome, giacché ci comportiamo esattamente come il potere politico e finanziario vuole.
Sempre a proposito di Kant, nell’ultimo suo romanzo, LA NAVIGATRICE, pubblicato per i tipi di Europa Edizioni, si narra, tra le altre cose, di un ritrovamento, da parte del protagonista, di un’opera fondamentale per il pensiero moderno, “Critica della ragion pratica”, ci può parlare di questa scelta?
La nostra società occidentale è a un bivio. O riesce a trovare in sé stessa la capacità di uscire dal suo sfrenato individualismo, coltivando in sé un’autorità morale che ci spinga a cercare quello che serve, non s
olo all’individuo, ma all’intera umanità, oppure il nostro potere economico, che non ha più un’anima, crollerà, come è crollato l’impero romano, una volta che ha smarrito i valori che lo avevano fatto grande.
All’inizio di questo secolo, in cui le scelte etiche potrebbero considerarsi più libere, molti giovani sembrano attratti dalla morte. Lo vediamo nelle folli corse in macchina, nelle discoteche o nell’uso di droghe pesanti o mentre cercano di mettersi alla prova in nuovi riti di iniziazione. Lei che ben conosce la realtà dei giovani, ha un’idea del perché succede questo?
Forse è avvenuto che i padri e le madri hanno rinunciato al loro ruolo ed alla fatica di essere educatori. Abbiamo lasciato che il semplice scorrere del tempo, e la pubblicità, forgiassero i nostri figli, che ora scambiano il desiderio di sempre nuovi consumi con la ricerca di una felicità che i beni materiali non possono dare. Certamente la frustrazione educativa, se esagerata, genera distorsioni. Ma una moderata frustrazione forgia veri uomini. Avere tutto, da genitori che si assillano a togliere davanti ai propri figli ogni ostacolo, nega all’individuo in fase di crescita la soddisfazione della conquista. Da questo erroneo processo educativo nasce nelle menti più deboli il pensiero della morte e dell’autodistruzione.
A tal riguardo, il protagonista del suo ultimo romanzo, ancora LA NAVIGATRICE, sembra rientrare pienamente nella categoria dei giovani votati all’autodistruzione; può parlarci di lui e del perché Lei ha deciso di narrare la sua vicenda?
Il mio ultimo romanzo è soprattutto un’opera di crescita interiore e di fede nella possibilità di riscatto per tutti. Il protagonista principale del mio ultimo lavoro, Andrea, è l’emblematico rappresentante di tanta parte della gioventù di oggi, tutta sesso, droga e web. Egli è soprattutto un soggetto fragile che, ad un certo punto, si riconosce insoddisfatto della propria vita e cerca la soluzione in una donna di sani principi, Clara. La frequenta, se ne innamora, ma poi cede ancora ai suoi istinti e la violenta. Lei sparisce. Andrea impazzisce e la sua follia si manifesterà con la voce di una piccola, personale navigatrice, che lo condurrà sulla strada di un’inaspettata, sorprendente catarsi. Difatti, tornato a casa, si trova completamente solo, però circondato da ombre, figure grigie senza vere sembianze, che non lo lasciano neanche dormire. Si mette in auto e fugge via. Gira in una bruma di pensieri e non riesce a venirne fuori, finché piomba nell’abitacolo la voce del navigatore, anzi della navigatrice. Inizia un rapporto, a volte conflittuale, tra Andrea e la sua “guida”, soprattutto perché lui rimpiange Clara. In una visita all’abbazia di Cassino, Andrea cerca di liberarsi sia della navigatrice che delle ombre, facendosi monaco. I benedettini lo mettono alla prova ma durante la notte le ombre battono sui vetri e rivendicano tutt’intero il loro uomo. Andrea fugge per riprendere la sua auto ed il viaggio verso un auspicabile ravvedimento. Con tali auspici accetta di farsi di nuovo guidare dalla navigatrice in luoghi fisici ma soprattutto morali, dove potrà imparare che è sempre possibile salvarsi, tirandosi fuori da qualsiasi situazione critica. Infine approda in una megalibreria dove si può leggere e mangiare. Lui che non ha mai amato leggere si troverà, per errore, rinchiuso per una notte intera nel locale stracolmo di libri. Li guarda prima con una certa repulsione, poi ne sfoglia qualcuno, ma senza alcun interesse; infine incontrerà il senso dell’etica in un volume del filosofo Kant, la cui lettura lo porterà in alto, sempre più in alto, fino allo stordimento.
Sempre parlando di scelte più libere in riferimento ai propri comportamenti e quindi all’etica, e focalizzando l’attenzione sulla donna, c’è un dato su cui bisognerebbe porre attenzione: la Puglia è la regione in cui si praticano più aborti, la provincia di Foggia è, quella che ne registra di più, circa 1.200 l’anno. Solo un quarto delle donne che ricorrono alle interruzioni sono straniere. Come interpreta questo dato? Pensa sia dettato dall’ignoranza e dalla disinformazione diffusa tra le donne e nelle famiglie?
Un tempo i figli erano benedizioni del Signore, ora ci si può rinunciare. L’atteggiamento che le donne di oggi hanno nei confronti della maternità è abbastanza diverso da quello che avevano le loro madri ed esse dovrebbero essere più attente ad evitare che un figlio arrivi nel momento che ritengono sbagliato. Nessuna donna, pertanto, dovrebbe fare a meno della contraccezione. Non si riesce a capire, perciò, cosa impedisce una paternità e una maternità responsabili. Invece, tanti aborti avvengono ancora perché si tende a banalizzare la sessualità e la procreazione, come fondamentale elemento umano. In un momento in cui si tende, per prima cosa, a soddisfare i desideri personali, anche la sessualità corre il rischio di essere considerata una sorta di ginnastica senza partecipazione degli attori. Del resto si capisce che il rapporto sessuale, agito in età molto giovane, rende difficile fare scelte consapevoli riguardo alla maternità. Allo stesso modo, la fruizione precoce della sessualità, nel corso di relazioni sentimentali non ancora stabili, non può prevedere di accogliere una nuova vita e, quando succede, la gravidanza non incarna il progetto condiviso di un figlio e può essere rifiutata, pur con tutte le conseguenze dolorose che un’interruzione della gravidanza comporta. Tuttavia la causa di tanti aborti non è più la disinformazione. Piuttosto si tratta di superficialità. Una sorta di leggerezza dell’essere, ed una inconsapevole ricerca di guai, come cantava Vasco Rossi. Forse c’è anche la sicurezza dei figli, a volte ingiustificata, che ancora per una volta i genitori risolveranno i loro guai.
Pensa che l’autorità costituita, formalmente al servizio degli interessi materiali e morali dei cittadini, stia diventando in realtà una entità remota, ostile e chiusa, rispetto alle esigenze anche elementari dei cittadini, come per esempio servizi quali l’attivazione di una utenza dell’energia elettrica o dell’acqua, ottenere un passaporto, una carta d’identità o una licenza commerciale, un certificato, un’autorizzazione?
La fine dell’ideologismo avrebbe dovuto essere salutare; ma non è stato salutare rinunciare anche ad avere una concezione del mondo (la Weltanschauung), perché avere una visione propria ci aiuta ad orientarci nella vita. Su questo appannamento della ragione e sulla caduta degli ideali si è inserita la mala politica, che ha trasformato i cittadini in sudditi. Molti, invece di opporsi all’asservimento voluto dal potere, hanno cercato di trarne beneficio. In tale nuovo contesto i partiti, aiutati dai mezzi di comunicazione di massa, hanno occupato ogni fetta di potere. Hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai-TV, alcuni grandi giornali. Insomma, tutto è stato lottizzato e spartito. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Questa situazione è ancora più grave nella gestione periferica del bene pubblico (regioni, province e comuni), dove viene quasi lottizzata e spartita anche l’aria che respiriamo ed ogni richiesta di un diritto, perfino il più piccolo, viene dato come concessione e merce di scambio. L’unica speranza per i cittadini è la richiesta del “favore”, che annichilisce le coscienze e la forza di lottare. Il clientelismo ha ucciso il cittadino e lasciato sul campo solo la miseria di sudditi servili ed impotenti.
Nell’attuale situazione del rapporto cittadino-autorità, cittadino-Stato, ritiene che esista un certo immobilismo politico? Esiste una reale alternanza nella gestione del “bene comune”?
I più danneggiati da questo sistema affaristico-clientelare sono i giovani, che vedono un futuro appannato ed irraggiungibile. Eppure non riescono a trovare ancora un “ubi consistam” che li faccia popolo, a rivendicare tutt’intero il loro diritto ad esistere. Se si muovessero i giovani tutto diventerebbe possibile, a dispetto di quello che essi pensano, giacché i giovani hanno una marcia in più. Ma non debbono commettere l’errore di aspettare che i “vecchi” cedono il loro potere naturalmente. Debbono conquistarselo, quel potere, palmo a palmo, pur dovendo, per fare questo, rinunciare all’happy hour, a qualche serata in discoteca, alle birre ed alle pizzerie, che forse nutrono il loro tempo di svago, ma non possono nutrire le loro anime. Se si muoveranno i giovani, allora sì che il gioco diventerà stupendo e ciò che ne conseguirà, pur con dispiacere dei potenti, aprirà una nuova primavera di speranza. Ma in attesa che questo avvenga il sistema duplica sé stesso. Una oligarchia senz’anima si alterna alla guida delle città e del governo scambiandosi posti tra di loro, ma non vi è nulla di nuovo sotto il sole. La casta, come nei regimi più totalitari e lontani dalla nostra esperienza occidentale, non ammette immissioni d’impuri. E gli impuri sono coloro che non si rassegnano a questa assenza di libertà di una falsa democrazia.
In riferimento alle sue diverse battaglie, condotte negli anni passati, può evidenziare delle differenze nello spirito partecipativo dei singoli cittadini? E’ cambiato il modo di partecipare alla vita politico-sociale della comunità?
Le mie battaglie, nate nel sessantotto e continuate, negli anni, contro la partitocrazia, e la devastazione ambientale e morale, che ne consegue, avevano tutte in comune la speranza che insieme si potesse cambiare il mondo e la nostra società. Mi piange il cuore oggi nel vedere tanti giovani inermi rispetto alla lotta per un mondo migliore, giacché pensano che nulla è più possibile. Questo è vero, solo se i giovani non fanno la loro parte. Magari non disdegnando di unirsi ai “vecchi” che non hanno dimenticato la bellezza dello stare insieme, per cambiare un mondo di diseguali, a livello planetario e nella nostra società italica, corrotta fino al midollo.
L’attuale classe dirigente, ed in particolar modo quella politica, le sembra all’altezza dei compiti che la modernità impone?
La nuova classe politica, ch’è venuta su dagli anni Ottanta in poi, è fatta, in gran parte, di gente senza scrupoli, provvista di poche capacità culturali o professionali, per lo più senza meriti e con un bassissimo livello culturale, continua ad occupare posti di comando, che non gli competono, ricchezza e potere. Per fare carriera hanno dovuto rinunciare ad ogni ispirazione ideale. Oggi vengono su i più spregiudicati, sempre proni al volere dei capi dai quali dipende la loro nomina. Per loro la partecipazione popolare è diventato un orpello pressoché inutile.
Qual è la più evidente differenza tra chi fa politica attualmente e la generazione che potremmo definire fondante della nostra democrazia e della nostra Repubblica, quella che ha ricostruito l’Italia nel secondo dopoguerra?
Quando si dice fare vecchia politica si dimentica che prima degli anni Ottanta vi erano politici che credevano in quello che facevano, a prescindere dalla parte politica di appartenenza. Venivano su facendo gavetta nel servire chi ne aveva più bisogno e, prima di assurgere ai maggiori posti di comando, erano riconosciuti ed amati da chi li votava. Oggi, per lo più, vi sono dei professionisti della politica, senza capacità e senza consenso. Vengono su per voto di scambio e favori. A volte ricorrendo a ricatti e minacce. Ed esercitano la politica al solo fine di avere soldi e potere
Nel suo libro “UN GIORNO MIO PADRE”, edito da Guida, Lei racconta al lettore gli anni della ricostruzione e delle lotte politiche condotte da una generazione votata al senso di solidarietà e di difesa della dignità dei più poveri; lotte che spesso erano decisamente cruente, a tal punto che un giovane della mia generazione stenterebbe a credere. Ad esempio si narra dell’uccisione di due manifestanti durante una manifestazione di braccianti a Torremaggiore, che rivendicavano un trattamento di lavoro più dignitoso, avvenuta nel 1949. Pensa che l’esasperazione di quei giorni, di alcuni gruppi sociali, possa in qualche modo rapportarsi con nuove forme di disagio presenti nelle nostre attuali comunità?
La situazione di disagio lavorativo, sociale e delle libertà di allora era ai minimi termini. La gente chiedeva pane, dignità e lavoro. La polizia era armata nelle manifestazioni pubbliche e spesso sparava sui manifestanti. Ma la gente non ha mai arretrato davanti alle minacce delle forze dell’ordine ed avevano fiducia che, con la lotta e stringendosi intorno ai loro dirigenti politici o sindacali, sarebbero riusciti a cambiare la società. Tanti sono i diritti che oggi dobbiamo a coloro che hanno combattuto e vinto battaglie per la giustizia e la libertà. A loro dobbiamo la nostra più civile esistenza ed i diritti che oggi ci vengono riconosciuti. Anche se, a fronte dell’attuale appannamento della lotta dei lavoratori, qualcuno sta cercando di levarceli, uno ad uno.
I disagi di oggi, particolarmente dei giovani, sono molto diversi da quelli di ieri. Sono innanzitutto causati dalla mancanza di valori, di punti di riferimento, dalla solitudine, nonostante il mare del web, e dalle facili promesse mai mantenute. Gli stessi genitori, assaliti da continue suggestioni consumistiche e varie futilità, nonché dalla necessità da far quadrare il bilancio, sono presi dall’ansia e trasmettono ai giovani incertezze sul domani. La povertà che avanza, anche nelle classi che un giorno erano considerate privilegiate, per penuria di lavoro, il doversi riabituare alle rinunce ed ai sacrifici, ritornare a fare lavori che sono scomparsi, anche questi sono punti che incidono sulle menti. Mi corre l’obbligo di aggiungere che in tutto questo la scuola, con i suoi atavici ritardi nella formazione dei dirigenti, dei docenti e degli alunni, non ha la giusta dimensione per trasmettere i veri valori; le istituzioni e la politica, hanno tradito e abbandonato le giovani generazioni, giacché impegnati a gestire le spartizione del potere e a fare promesse che poi non possono mantenere. A molti giovani, cosi disorientati, non rimane che avvicinarsi alla momentanea illusione, dannosissima, dello sballo, quando non si tuffano nella droga o nella depressione.
Erich Fromm, in una delle sue opere più conosciute, scrive che “solo partecipando attivamente al processo sociale, l’uomo potrà vincere ciò che oggi lo porta alla disperazione: la solitudine e il suo sentimento di impotenza”; e continua scrivendo “Oggi l’uomo non soffre tanto a causa della povertà quanto del fatto di essere diventato un piccolo ingranaggio di una immensa macchina, un automa; del fatto che la sua vita si è svuotata e ha perduto il suo significato”, pensa che questo sia condivisibile?
Noi pensavamo che il mondo sarebbe cambiato e, con la caduta delle catene dello sfruttamento, l’uomo e la società sarebbero diventati naturalmente buoni, come teorizzava Marx. Purtroppo, come rileva Erich Fromm, una maggiore libertà ed un nuovo benessere delle società occidentali ha portato l’uomo ad una fuga dalle proprie responsabilità. La televisione, che spinge alla passività, ha fatto il resto. Infatti non è stato sufficiente l’abbattimento delle catene materiali, perché sono comparse dentro di noi catene invisibili che hanno trasformato l’uomo, una volta ricco di spiritualità e bellezza, in automa, in “homo consumens”, uomo consumatore, frutto dell’imbonimento della società massificata dal liberismo consumistico più estremo.
Può un’autentica fede nella democrazia e nella libertà, intesa come realizzazione attiva e spontanea dell’individuo, determinare una positiva evoluzione del nostro vivere in comune, della nostra Comunità?
Dobbiamo credere fermamente alla possibilità che, nel ripristino di una vera democrazia, e nella sconfitta della partitocrazia, ci sia la possibilità di trasformare la nostra società. La crisi generazionale, economica, dei valori e la debolezza che ci espone agli attacchi di nefaste forze esterne, portati al nostro paradiso d’individualismo e volgarità, può darci la spinta ad un rinnovamento radicale del nostro essere. Per assurdo, l’austerità, capace di ridurre la nostra passione per i beni materiali e l’individualismo estremo, può diventare la via per salvare “l’Italia e il mondo” dalla propria “miseria”, come asseriva Enrico Berlinguer, un politico rinnegato e dimenticato dall’attuale sinistra.
Non posso che condividere l’esposizione limpida e razionale del Professor Magno. Tuttavia non dimentichiamo che Manfredonia è un paese ove vige l’assistenzialismo forzato, non che una numerosa schiera di gente ignorante che ha “ben pensato” di farsi rappresentare da un lor simile, non riflettendo che: l’ignoranza porta compagni di lavoro ignoranti e la frittata è stata fatta. Un qualsiasi territorio dev’esser rappresentato da un degno rappresentate, il migliore, e non da uno qualunque. Per il mio paese pretendo il top e quindi voto Italo Magno.
italo magno come manfredoniani ci rendi fieri e orgogliosi di essere tuoi concittadini. Manfredonia oggi può vantare molto più di una statua equestre, tu rappresenti un baluardo inestinguibile di verità, di cultura, di ideali autentici che ti proiettano automaticamente tra i grandi contemporanei della nostra cultura.
Grazie Grande Uomo
Lodevole, faccio proprie le considerazioni del prof., scrittore, sociologo, ambientalista nonchè politico “civile” riportate nel “Dialogo con Italo Magno” (di Francesco Salvemini).
Quello che posso aggiungere è che a tale levatura morale, culturale e sociale si giunga ad una coalizione per le prossime amministrative dove tale levatura unitamente alle forze giovanili espresse dai vari movimenti e liste civiche…nasca anche qui una nuova primavera politica amministrativa, che finalmente spazzi via l’arroganza e la inappropriatezza di alcuni ruoli apicali ricoperti in questi ultimi anni… dove il solo affare, condito da una buona dose di demagogia e populismo, ha sostenuto l’essere preposto alla tutela del bene comune….
Caro semprevigile, perché non ci sentiamo per conoscerti. Manfredonia ha bisogno di persone come te, con la voglia di cambiare davvero questa città. Ti aspetto. 347.3484736
Non posso, per ovvie ragioni…. considerazioni personali rese pubbliche su molte cose e persone.
Ringrazio per l’invito… non è detto che non ci conosciamo….
Sappia che l’ho sempre presa a riferimento, come persona che rende speciale questa nostra città e non solo a livello culturale, e prima ancora della lista “del sole che ride”.
Anche questa volta lavorerò per il movimento di cui fa parte ed auspico, come detto in altre occasioni, che solo unitamente ad altri movimenti si potranno rompere i cingoli al carro armato PD di Manfredonia.
Carissimo Prof.Italo,siccome ho avuto il piacere di conoscerti,posso solo dire che nelle tue parole e nei tuoi concetti socio-politici-culturali,si intuisce perfettamente quello che sei e che sei sempre stato…un gran filosofo e nello stesso istante un grande realista della vita a tutte le sue altitudini e longitudini ! Senza nulla togliere ai vari candidati per le prossime elezioni amministrative e regionali,posso serenamente affermare che la tua cultura e il tuo senso per la società e il rispetto per l’uomo,potrebbero sicuramente essere un segnale di rinascimento per la nostra città !!
Concludendo,emozionante la chiusura della tua intervista di cui sopra dove hai fatto riferimento alla memoria di un grandissimo Uomo della nostra storia politica e non solo per la sinistra ,ma per tutto il paese Italia….un patrimonio umano e politico messo vergognosamente da parte dagli attuali arroganti e miseri politicanti che ci amministrano sotto il nome e sotto la bandiera di una sinistra ….desinistrata e bistrattata !!! Enrico Berlinguer,nonostante sia stato dimenticato dai suoi stessi compagni, anche da morto è attualissimo e modernissimo !!!!!!!! Con immenso piacere ti saluto.
Nel nome di Berlinguer e di tutti coloro che si sono battuti per dare dignità all’Italia, incontriamoci. Usciamo fuori finalmente, a far capire a tutti che c’è un’altra Manfredonia. Il mio impegno dipende anche da te. Ti abbraccio.
Molti in questa città sperano che lei si candidi a Sindaco della nostra città,finora non ha ancora sciolto le riserve,quando lo farà? Quando comincerà attivamente le campagna elettorale delle vostre liste? Il vostro programma è emendabile? In definitiva voglio dire se le vostre liste sono in campo o meno perché conosco molti che sono senza rappresentanza e il vostro gruppo dirigente potrebbe essere il punto di riferimento per un bacino di voti ancora inesplorato ed in cerca di una casa qui nella nostra città.
Le nostre liste sono quasi complete e sono di qualità. Vieni anche tu con noi. Telefonami. Parliamone. Ti saluti. Il mio cellulare è: 3473484736