Il Consiglio regionale pugliese ha compiuto una scelta di (auto)conservazione bocciando la previsione della doppia preferenza di genere nella legge elettorale che sarà utilizzata a maggio.
Le maggiori responsabilità, com’è ovvio, sono del centrosinistra, che ha consentito si arrivasse alla definizione della legge elettorale ad una paio di mesi dalla fine della legislatura, e che ha smentito le scelte fatte a livello nazionale tanto per la composizione delle assemblee elettive degli Enti locali che per quella della Camera.
Le donne sono in maggioranza tra gli elettori e la legge ’50&50′, sostenuta da un enorme movimento di mobilitazione politica e civica, avrebbe favorito l’allineamento tra questo dato incontrovertibile e la composizione di genere del Consiglio regionale.
Gli uomini hanno avuto paura di questa innovazione e di quelle che certamente ne sarebbero conseguite in tutti i settori della vita associata e comunitaria per il sol fatto di valorizzare la soggettività femminile nelle istituzioni regionali.
Le dichiarazioni a posteriori dei consiglieri regionali che si dissociano dall’esito del voto dell’Assemblea di via Capruzzi hanno il suono fesso dell’ipocrisia e rafforzano l’appello a votare per le poche donne che saranno candidate, certamente preferendole ai consiglieri uscenti che non meritano il sostegno di quante, per l’ennesima volta, sono state emarginate.