Quando si intraprende un percorso politico, non è insolito sentirsi chiedere a quale elettorato si punta. Le domande più frequenti sono: “Vi appoggiano gli industriali? Gli imprenditori? I disoccupati? I giovani? Per quale categoria sociale combattete?”. Domande che, quando ci si rapporta all’elettorato manfredoniano, generano un senso di profondo sconforto. Non perché non sia identificabile la categoria elettorale a cui si punta, cosa che ritengo peraltro riduttiva, ma perché si pone l’attenzione su quella che è la partecipazione politica dei manfredoniani. Viviamo quella che definire “emergenza democratica”, risulta ormai un eufemismo, una società che o è profondamente legata da un rapporto di mutualismo all’amministrazione comunale, e ne succhia denaro e favori per ottenere il proprio nutrimento, o, è sfiduciata nei confronti della politica in modo disfattista.
Viviamo in un paese in cui i diritti vengono scambiati per favori, in cui la corruzione non fa più notizia, non c’è scalpore, è all’ordine del giorno. E, anzi, è un motivo per cui vantarsi.
In tutto questo clima di delusione generale, la mentalità più comune è spinta a definire la politica quale marcia e corrotta a prescindere dal messaggio di cui si fa portavoce. È come se, nonostante l’assenza di meritocrazia e democrazia, il manfredoniano medio si senta spinto da una sorta di principio di conservazione interiore; quasi che “Tanto, peggio di così non può andare”. Dimenticando che esista anche un meglio. Un modo migliore di far funzionare un paese, senza la necessità di doversi ingraziare questo o quel politico, o quell’amministratore, per ottenere dei diritti che, in quanto tali, sono dovuti. Un sistema che si estende persino al diritto di precedenza in un ufficio pubblico, dove “se non conosci nessuno, nessuno ti aiuta”; una mentalità rassegnata alla necessità di avere una raccomandazione in ogni ambito della propria vita.
Quando ho iniziato questo percorso, non poche persone che mi sono vicine erano contrarie, “perché la politica è marcia” “non è più come una volta” “ pensi di poter arrivare tu e cambiare tutto?”. No, sicuramente non è sufficiente che arrivi una singola persona per poter rivoluzionare tutto. Ma, il cambiamento, da qualche parte deve iniziare. E il cambiamento oggi non si compie come una volta, con i bagni di sangue e le guerre, il cambiamento necessario a questo paese, anzi, a tutto il Paese, è un cambiamento interiore. Basterebbe cambiare questa mentalità che ci spinge a rigettare tutto ciò che è diverso dall’abitudine, anche se migliore, che ci spinge ad accettare le ingiustizie perché i politici sono tutti corrotti, uno vale l’altro. Il cambiamento e la verità non hanno nulla a che vedere con le urla o gli insulti, oggi, per cambiare, basta apporre una crocetta su un foglio. Una crocetta che può cambiare tutto.
Perché fidarsi di noi? Perché scegliere proprio “Manfredonia che Funziona”? Perché i partiti non possono più rappresentare nessuno. Non hanno più nulla a che vedere con i simboli nazionali che, inerti sulle bandiere, sventolano fuori dalle loro sedi; quasi a ricordare a tutti che dentro quelle stanze viva una storia, delle solide basi politiche. Dentro quelle stanze aleggia il puzzo del compromesso morale, di una finta opposizione che nutre un sistema clientelare.
Ma, la cosa più triste, è che non vi sto raccontando nulla di nuovo. Tutti voi siete consapevoli di quello di cui sto parlando. Però, i più prudenti di voi scaricheranno il cambiamento sulle spalle degli altri che “Se poi non cambia il sistema, come faccio a lavorare? Mica posso rischiare.” E così, restiamo sempre qui, a lamentarci e non fare nulla. Forse avete ragione voi, è più facile lamentarsi che combattere.
Ed è per questo che, pur rivolgendomi a tutti, è alla gente stanca che voglio parlare. Ai padri di famiglia che non sanno se saranno in grado di garantire la sussistenza della propria famiglia senza diventare lecchini del potere (che poi non è che si possono dispensare diecimila posti di lavoro, a qualcuno sì a qualcuno no). Alle donne, madri e non, che non hanno alcun futuro in una città che non ha una voce femminile che sa emergere all’interno dell’amministrazione comunale, rappresentate da donne di partito, figlie come ieri di un maschilismo predominante e che decide. Ai giovani, voi, noi, i più disfattisti in assoluto. Ci hanno rubato la speranza per il futuro, ci hanno lasciato senza voce. Ed è qui che restiamo, rassegnati, senza avere più nemmeno la forza di lamentarci. Possiamo riscattarci, smettiamola di fuggire e assicuriamo a questa città il futuro che si merita. Siamo la speranza di rinnovamento di questa società. Partecipiamo!
E, voglio rivolgermi, a tutti quelli che non credono più nella sana politica, quella che dava speranza e luce e aiutava chi ne aveva bisogno. La politica è nata come “arte di governare la società”. Un’arte, qualcosa che sappia portare bellezza, che sappia regalare un futuro ad un paese. Possiamo parlare di programmi, di come risolvere i problemi di questa città, ma se non cambia la mentalità, se non cambia l’approccio, è tutto vano.
La politica è ovunque, e influenza ogni singolo aspetto della nostra vita, anche quello che non vediamo. Diamo a Manfredonia la possibilità di riscattarsi, la possibilità di un futuro. Abbiamo creato una lista civica, un gruppo privo di influenze nazionali, a noi di “Manfredonia che Funziona” interessa il benessere della nostra città e per questo abbiamo bisogno del contributo di tutti i cittadini, di tutti voi. È arrivato il momento di lottare per la nostra città.
Responsabile della comunicazione per “Manfredonia che Funziona”- Flavia Palumbo
quasi quasi vi sosterrò visto il vostro impegno,Giovanni Caratù grande persona
Non è solo a Manfredonia che succedono queste cose, è anche e soprattutto a livello nazionale, che queste cose avvengono. come dice il proverbio ” Il pesce puzza dalla testa”. Vedo che avete delle buone intenzioni, come si evince dai vostri comunicati. Io non risiedo più a Manfredonia da anni,quindi non ho la possibilità di votare lì da voi, ma vi faccio un imbocca al lupo per le prossime elezioni comunali.
Un caro saluto a Giovanni Caratu’ che ho conosciuto da ragazzo.