Oggi voglio parlarvi di imperfezione. E del “diritto” che ognuno di noi ha di sbagliare. Lo spunto per questa riflessione arriva da Sipontina, una nostra concittadina preoccupata dei suoi (a suo dire) troppi sbagli.
Ma cosa vuol dire in fondo “essere perfetto”? Significa senza nessun difetto, completo. Qualcosa è perfetto quando non ha più obiettivi o limiti da superare, quando cioè giunge al termine del suo percorso evolutivo. Altre parole hanno pressappoco lo stesso significato: finito, morto. Se perfezione e morte vanno a braccetto, lo stesso possiamo pensare della vita, che cammina invece accanto con l’imperfezione. E’ l’imperfezione, in pratica, che ci consente il cammino verso lo sviluppo. Perfetta può essere un’opera. Non la vita. La parola “errore” rappresenta quindi il nostro viaggio verso la conoscenza. Perché allora, siamo così ossessionati dalla paura di sbagliare? Perché la nostra è una cultura che fa della perfezione il suo mito? Se non abbiamo un fisico perfetto siamo brutti. Se non siamo i primi della classe siamo mediocri. Se non siamo i numeri uno, siamo dei perdenti. Non c’è spazio per tutte le sfumature intermedie che invece rappresentano ognuno di noi nella sua vera natura. Per evitare errori, smettiamo di agire, di pensare rifugiandoci in stereotipi e pensieri che qualcuno ha già pensato e percorso per noi. Per non sbagliare, smettiamo di viaggiare e di conoscere. Smettiamo di fare tutto ciò che è passibile di errore. Smettiamo di vivere.
Caro Dottore,le sue parole esprimono pienamente, in maniera molto chiara e cristallina ciò che ognuno di noi dovrebbe capire e far proprio, noi genitori dovremmo trasmettere ai nostri figli questo concetto. La società sarebbe migliore e verrebbe fuori il vero ‘meglio’ di tutti noi.