Seconda parte.
IL CASO ANGELO RICCARDI: PERCHÉ VOLLE CANDIDARSI A SINDACO RINUNCIANDO AL CONSIGLIO REGIONALE?
In qualsiasi competizione elettorale Angelo Riccardi è sempre stato fra i più votati. La sua storia politica inizia giovanissimo con varie esperienze e, quando approda nel PCI, trova le porte aperte, spinto da subito dal vecchio gruppo dirigente ad assumere ruoli partitici ed istituzionali importanti. Da allora, oltre vent’anni fa, è stato un crescendo continuo e reciproco tra ruoli istituzionali conquistati e voti ottenuti. Nel 2010 volle inopinatamente candidarsi a Sindaco, rompendo tutti gli schemi, e, di conseguenza, volente o nolente, il PD, costituito prevalentemente da due anime, quella comunista e quella del mondo cattolico progressista con pezzi di vecchia DC, che trovavano una fragile e precaria unità proprio nella possibilità di alternanza al potere istituzionale. Con la sua candidatura si determinò una situazione per cui la città veniva governata da esponenti ex-PCI per 15 anni continuativamente, mentre l’altra parte restava a digiuno. La rottura ci fu, rimanendo prevalentemente latente e sotterranea, anche perché, avvalendosi degli enormi poteri sindacali, Riccardi scelse personalmente quasi tutti gli Assessori come uomini di sua fiducia ed espressione. Bene. In questo quadro, Riccardi si candidò a Sindaco. Perché? Soggettivamente a spingerlo fu il suo amore per la città, oggettivamente fu anche una intelligente strategia tesa a presidiare politicamente il territorio che l’aveva lanciato. Il rischio era di perdere o ridurre la sua forza se fosse rimasto semplice Consigliere Regionale, lontano e senza occupare ruoli diretti di gestione amministrativa. Di ciò, incidentalmente, si sta rendendo conto Elena Gentile che, sta rimpiangendo l’essersi fatta eleggere al Parlamento Europeo, rinunciando al più potente Assessorato Regionale (Lavoro-Welfare-Sanità), poiché la sua forza politica sul proprio territorio sta riducendosi progressivamente. Oggi che quella sinistra che l’ha lanciato non c’è più (sono tutti renziani o emilianini a Manfredonia) perché allora Riccardi recrimina come se fosse un torto subito, il dover affrontare quelle primarie che fu lui stesso a chiedere e scegliere cinque anni fa?
GIANDIEGO GATTA: PERCHÉ NON SI CANDIDA A SINDACO DI MANFREDONIA?
Questo è un altro mistero della politica locale che si interseca e si riallaccia agli altri, con una trama veramente difficile da sciogliere, anche perché c’è oggettivamente un intreccio tra le elezioni comunali a Manfredonia e quelle regionali, visto che saranno effettuate in contemporanea e visto che molto difficilmente i tre possibili candidati manfredoniani, Ognissanti, Campo e Gatta, potranno essere tutti eletti. Egli ha rappresentato storicamente a Manfredonia il punto più alto e di più forte consenso della costante presenza e testimonianza di una forza di opposizione, il MSI, che, al di là della condivisione o meno delle idee ha garantito dialettica sociale, confronto pubblico, controllo politico amministrativo ed è stato, quindi, oggettivamente elemento di valido esercizio e di arricchimento della democrazia nel nostro territorio. I suoi comizi in contrapposizione alla politica amministrativa del centro sinistra erano molto partecipati ed il suo consenso molto diffuso, tanto da farne, il naturale antagonista, il più valido esponente del centro destra alla carica di candidato Sindaco, da quasi 15 anni. Ciò non è mai avvenuto, cosa che ha impoverito il dinamismo, la partecipazione, la democrazia a Manfredonia poiché questa si nutre di opposizione sociale e politica, della possibilità e della speranza di alternanze ed alternative, e muore certamente se prevale un partito dominante, che diventa poi unico, esclusivo ed escludente. Il consenso e la forza di Gatta che va oltre Manfredonia è stato chiaramente dimostrato nelle ultime elezioni regionali. Perché allora non è mai riuscito a candidarsi alla carica di Sindaco di Manfredonia? Perché non si propone ora che la città ha più che mai bisogno di sentire voci, proposte diverse ed alternative, di rompere ogni tipo di immobilismo, di rinascere democraticamente ed economicamente? Che senso hanno i rumors, le notizie apparse sulla stampa di una richiesta di appoggio alle primarie PD fatta da Riccardi a Leone e Pecorella ed a Gatta, il quale ha, tuttavia, smentito pur sottolineando la sua amicizia personale con Riccardi?
LA QUESTIONE DEL DENARO: MA QUANTO COSTANO LE CAMPAGNE ELETTORALI?
È una storia che viene per lo più raccontata durante le passeggiate in Corso Manfredi, con pudore e cautela ed a volte con rabbia, quasi si toccasse un argomento tabù, eppure è sicuramente uno dei motori dell’esistenza umana e si insinua in tutti i meandri della vita cittadina. Ha molte facce, spesso invisibili ma c’è consapevolezza che ha un ruolo centrale nella politica locale (e mondiale). Del resto la sociologia politica del denaro, che è una branca moderna delle scienze sociali, ha dimostrato che specialmente nelle campagne elettorali la potenza di un candidato e la sua possibilità di vittoria è fortemente influenzata dal volume di risorse finanziarie impiegate. A tal fine è stata anche approvata una legislazione apposita al fine di regolamentarne l’uso per mantenere e consentire una relativa eguaglianza ed equilibrio nella battaglia politica tra candidati e tra forze politiche. A Manfredonia i cittadini chiedono, pertanto, una piena trasparenza, almeno, sul costo delle campagne elettorali con la pubblicazione documentata dei finanziamenti ottenuti da persone, associazioni, imprese ed altro, ed il loro esplicito utilizzo. La democrazia e la partecipazione ne guadagnerebbe sicuramente, così come la politica e gli stessi politici.
LA MORTE POLITICA DI UNA GENERAZIONE DI GIOVANI A MANFREDONIA
L’ultimo mistero è in realtà un indovinello molto semplice da risolvere, anche se c’è poco da scherzare poiché è la storia di un fatto sociale drammatico per il futuro di Manfredonia, di cui non c’è piena consapevolezza. Perché da oltre vent’anni sono sempre gli stessi personaggi che dominano nella politica e nell’amministrazione comunale a Manfredonia? Perché non sono emersi nomi, facce nuove, giovani come gruppo dirigente? Forse che la nuova generazione è ignorante ed incapace? Se la passata generazione ha dato spazio oltre vent’anni fa a quei giovani e giovanissimi che sono gli attuali dirigenti politici a Manfredonia, perché non succede altrettanto oggi? Non è questo un elemento di immobilismo non solo negativo ma pericoloso per il futuro della città, la madre di ogni freno al rinnovamento ed alla crescita di Manfredonia? Come si fa ad essere credibili quando si afferma che i giovani sono il futuro e la nostra speranza e poi, di fatto, si emargina e si annulla più di una intera generazione di giovani che a Manfredonia non hanno, alcuna rappresentanza e ruolo dirigente! Questi giovani vengono fatti morire, ancor prima di fargli nascere alla vita sociale, pubblica, politica.
Silvio Cavicchia
Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”
silviocavicchia@libero.it
i giovani che sono iscritti al partito comunista e poi votano gatta…
Certo che se i giovani sono quelli che passano dall’appoggiare Bersani essendo comunisti sfegatati ad appoggiare oggi Prencipe e Ognissanti significano che non sono pronti ad assumere incarichi politici ed amministrativi perché hanno le idee ancora molto confuse! Comunque Riccardi & company sono appena quarantenni e significa che la stoffa l’hanno!