Giovedì 21 Novembre 2024

Regionali, la Capitanata sia autonoma contro il neocentralismo regionale (di S. Cavicchia)

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Alla fine degli anni ’90 l’azione propositiva delle forze sindacali ed imprenditoriali, sostenuta da una visione di insieme e dalle istituzioni, diede vita al Contratto D’area ed ai Patti Territoriali mediante la programmazione negoziata e poi portò a definire l’Intesa Istituzionale sullo sviluppo territoriale del 28 dicembre 2006 tra la provincia di Foggia e la Regione Puglia. Erano previsti quattro ambiti di intervento: sistema integrato dei trasporti e della logistica in Capitanata, risorse idriche, area ASI per lo sviluppo industriale, Sistema per l’Innovazione Strategica del Territorio (SIST). Fu definito anche un quadro finanziario ed un raccordo con altri progetti relativi ai Piani Strategici di Area Vasta “Capitanata 2020” e “Monti Dauni”. Si determinò così una stagione ed una pianificazione unitaria straordinaria, una ricchezza propositiva tesa a valorizzare al massimo le enormi risorse e potenzialità presenti nel territorio. Ciò nonostante nell’ultimo decennio in Capitanata si è determinato un progressivo peggioramento delle condizioni economiche e sociali. Perché? Cosa ha bloccato la realizzazione dei risultati auspicati, su cui si era determinata una importante e storica coesione di tutto il territorio?

 

E’ MANCATA UNA CONTINUITA’ NELL’AZIONE DI SISTEMA A SOSTEGNO DI UNA VISIONE CONDIVISA

Da una sintetica analisi emerge che le ragioni sono molteplici, esterne ed interne. Da un lato ci sono stati i ritardi e la decurtazione di fondi europei e la pianificazione della Capitanata non ha trovato nella Regione Puglia, Bari-centrica, lo spazio e la considerazione necessaria; dall’altro lato, però, è mancata, soprattutto, una continuità dell’azione di sistema a sostegno di tale visione condivisa. In particolare le classi dirigenti territoriali (politiche, imprenditoriali, sociali, istituzionali) hanno perso la spinta propulsiva iniziale, ed abbandonato l’azione di coordinamento necessario. Le cabine di regia dei Piani Strategici sono rimaste sostanzialmente inattive e sono prevalse personalizzazione nella politica e nelle istituzioni, sacche di inefficienza dell’apparato tecnico amministrativo e dirigenziale che è apparso, per le modalità clientelari con cui viene selezionata, interessato più ad esercitare il potere ed a garantire se stessi che a sostenere fattivamente dinamismo e l’azione necessaria alla crescita. In questo quadro si sono inserite ed aggiunte, la debolezza della classe imprenditoriale locale che, al di là dei programmi delle associazioni delle imprese, (e in realtà disattendendoli), tende ancora alla frammentazione ed al rapporto privilegiato col potere pubblico e la debolezza dello stesso sindacato nello svolgere una funzione di soggetto attivo del cambiamento, più orientato ad attività di servizi e scarsamente presente nei luoghi di lavoro e nei luoghi sociali di partecipazione. Perciò tale programmazione innovativa rischia è stata riassorbita in una logica che asseconda i particolarismi e l’immobilismo, reintroducendo vecchi meccanismi.

PROGRAMMARE E’ INDISPENSABILE MA NON SUFFICIENTE

Da ciò si ricava che saper progettare e programmare è indispensabile ma non sufficiente. Occorre che si individuino e si attivino soggetti, leve, strumenti e meccanismi che valorizzino costantemente le potenzialità e producano sviluppo reale. In tal senso, oltre al risveglio delle classi dirigenti ed un loro operare in modo continuativo e coordinato ha sostegno di una programmazione condivisa, sono necessarie, come ha rilevato un approfondito convegno di “Lavoro&Welfare”, due precondizioni fondamentali per lo sviluppo. Serve, da una parte, riqualificare l’apparato amministrativo dirigenziale per renderlo dinamico e funzionale al cambiamento e, dall’altra parte, individuare gli elementi autopropulsivi per lo sviluppo. La realtà sociale ed economica, infatti, procede al di là e fuori dagli schemi e, perciò, bisogna capire e predisporsi ad aprirsi a ciò che autonomamente si è mosso positivamente nell’economia della Capitanata, al di là ed addirittura contro la crisi.

Perciò occorre attivare uno sviluppo che parta dal basso, estendendo le tendenze produttive che nel territorio sono autopropulsive e validate. Tal fine vanno individuate le aree principali di intervento sia  a livello provinciale che a livello dei singoli territori comunali. Nel sistema dauno sono prioritari sette ambiti: 1) infrastrutture strategiche 2) sistemi ed aree produttive 3) turismo. Decisiva per l’intero territorio di Capitanata e l’integrazione tra Gargano e monti Dauni delle rispettive potenzialità, paesaggistiche, naturali e storico-religiose 4) nuove tecnologie 5) politiche attive del lavoro 6) commercio internazionale 7) l’agroalimentare.

Nel prossimo articolo saranno approfonditi i punti di forza dei territori comunali per la crescita economica della Capitanata.

Silvio Cavicchia

Sociologo e Ricercatore Sociale del Centro Studi e Ricerche “Eutopia”

silviocavicchia@libero.it

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