Il 30 novembre inizia il tempo di Avvento con un richiamo alla vigilanza. Il cristiano vive nell’attesa del Signore e per questo sa vigilare e perseverare. Nel Vangelo secondo Marco (13,33-37) Gesù disse, rivolgendosi ai suoi discepoli , “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!” Gesù ci dice che è questo il tempo delle responsabilità, dell’attesa e del ritorno del Signore, della scelta definitiva, cioè decisiva e in grado di definire la nostra persona, il senso di ciò che siamo.
Il Vangelo ci insegna che il tempo dell’attesa della venuta di Gesù è quello della vigilanza in cui la nostra esistenza dovrebbe esser vissuta secondo il Verbo del Signore. Noi tutti dovremmo vivere secondo i dettami del Vangelo perché “non sappiamo quando sarà il momento del Suo arrivo”. Siamo pronti ad accogliere Gesù? Come prepariamo la nostra esistenza?
In questo lungo periodo di grave crisi economica e sociale: noi tutti abbiamo smarrito la strada! I governanti predicano bene ma razzolano tanto male. Le continue riforme del lavoro, del fisco, della giustizia, delle pensioni cosa hanno determinato? Chi agevolano? Il popolo si sta sempre più impoverendo, i giovani e meno giovani non riescono più a lavorare e sono così sfiduciati che neanche lo cercano. Gli imprenditori onesti schiacciati dalla morsa del fisco si suicidano. Quelli disonesti e furbetti scappano verso i paradisi fiscali e quei territori in cui i diritti dei lavoratori non sono rispettati.
Si parla tanto di start-up, di nuovi talenti, di cervelli in fuga e in Italia chi rimane? I più coraggiosi? Coloro che non si arrendono e che con tenacia sperano di poter ricostruire il paese proprio come avvenne nel dopoguerra. Occorrerà ingegnarsi per costruire il bene e lo sviluppo del territorio, rispettando i ritmi biologici dell’ecosistema terrestre e marino, invece di aggredirlo con mega progetti (gasdotti e pale eoliche off-shore). L’internazionalizzazione della produzione manifatturiera di alta qualità riconosciuta e richiesta in tutto il mondo potrebbe costituire il volano dello sviluppo economico dell’intero paese se i distretti industriali cooperassero riorganizzandosi. Anche il settore primario: la produzione agricola potrebbe rappresentare una svolta per l’economia nazionale se si riorganizzasse il lavoro attraverso nuovi distretti e cooperative che rispettassero la terra e chi ci lavora. Occorrerebbe un po’ più di coraggio nel costruire un nuovo modo di produrre basato anche sulle nuove tecnologie informatiche e valorizzando le risorse che il territorio offre.
Grazia Amoruso