La Madonna, di una straordinaria bellezza, sembra non preoccuparsi d’altro che di mostrare il Figlio nella maestà della sua divina maternità. La Madre ha offerto il frutto del suo seno per i peccatori del mondo e quindi è naturale che Ella conscia del proprio sacrificio, non si rivolga al figlio che è ormai dell’umanità secondo i decreti di Dio. Ecco perché, più che reggerlo o sostenerlo, Ella lo mostra, quasi offrendolo coi fatti alle turbe conquistate dal suo Preziosissimo Sangue. Ragione in più per mostrare il suo sguardo velato d’una malinconica dolcezza perché come Madre di Dio, Ella già conosce tutto il martirio della sua anima che la strazierà sul Calvario; mentre, al contrario, lo sguardo del Figlio che si fece uomo per riscattare il mondo dal peccato, è raggiante, penetrante, trionfante, come tutto il suo atteggiamento col quale sembra innalzarsi per dominare i secoli. Ella reclina dolcemente il capo verso il Figlio senza guardarlo, pur stringendolo al cuore col suo divino amore e Gesù non guarda la Madre, pur poggiando la mano col filiale trasporto su quella materna. Rivolto al Cielo è lo sguardo del Figlio, alla Terra quello della Madre. L’uno alla Vita Eterna, l’altro alle miserie umane. Il maggior pregio della nostra icona sta proprio nello sguardo infinitamente triste e rassegnato della Vergine; specialmente in quello dell’occhio destro che vi segue dovunque come speranza, piantato lì com’è nel mezzo del quadro con mano maestra. Se vi fate a considerarla attentamente, quella pupilla ha qualcosa di misterioso e divino insieme, davanti al cui fascino non potete non confessare tutti i vostri affanni e i vostri tormenti poiché l’autore ha saputo condensare in essa, con potenza inaudita, il dolore universale di tutti i secoli.
Raffaello di Sabato
Tratto dalla monografia: “La Madonna di Siponto – saggio storico – critico – d’archeologia e d’iconografia cristiana 1935)
