E’ Domenica mattina del 16 Agosto 1620. Le campane della chiesa di San Domenico hanno un suono lugubre quasi presagendo l’imminenza di qualcosa di grave e irreparabile. Ben presto infatti giunge dal porto un giovane marinaio annunciando di aver avvistato una enorme flotta di navi turche, oltre cinquanta. Una guardia conferma l’arrivo di cinquantaquattro galee con oltre cinquemila uomini, giannizzeri molto pratici della guerra. Gli abitanti terrorizzati scappano fuori dalle mura lasciando aperta la porta della città. Gli invasori mettono a ferro e a fuoco quanto incontrano sulla loro strada e catturano tutte le persone valide per venderle come schiavi. I vecchi, i malati e i bambini sono ferocemente uccisi; le case dei più ricchi saccheggiate, quelle dei poveri incendiate. Le chiese ed i conventi sono oggetto della violenza più cruda. Il 17 Agosto viene sferrato l’attacco decisivo al castello, debolmente difeso dal governatore Velasco. Ormai la resa è inevitabile. Il castello è consegnato a Pascià Alì, capo della flotta turca che all’alba del 19 Agosto leva le ancore e le galee turche salpano con un ingente bottino lasciando Manfredonia quale città più povera della Capitanata. Nel monastero delle Clarisse fu rapita la piccola Giacoma Rosa Beccarino, orfana di madre e figlia di un alto ufficiale dell’esercito spagnolo. Condotta a Costantinopoli, nell’harem di Topkaki, la giovinetta sarà chiamata Saphira e diverrà la favorita del sultano Ibrahim. Ventiquattro anni dopo, nel 1644, mentre si recava con il figlio Osman in pellegrinaggio alla Mecca (per ringraziare il suo dio della avvenuta guarigione in seguito ad un avvelenamento) fu presa prigioniera dai Cavalieri di Malta vicino l’isola di Rodi. Tornata nel mondo cristiano, la donna non volle rinnegare l’Islam. Morirà nel giro di qualche anno. Osman, educato dai Domenicani, si convertirà al Cristianesimo, assumendo un nome riassuntivo di un’intera vita: fra’ Domenico Ottomano. Avrà una bella carriera nei ranghi ecclesiastici (per la versatilità del suo ingegno e gli studi severi compiuti).
La Beccarini, quando divenne Sultana, si rammentò sovente delle suore Clarisse, alcune delle quali erano state le sue prime educatrici, e tra altri doni inviò loro anche il quadro suddetto accompagnato con una leggenda scritta di suo pugno, che può leggersi a piè del quadro stesso.
Il quadro della Beccarini campeggia oggi nella stanza del sindaco presso Palazzo San Domenico, a Manfredonia.
Articolo tratto da: http://amaraterra.blogspot.com/2011/05/la-storia-della-sultana-che-veniva-dal.html#ixzz38Cv1Fnrt
due cose da dire : Clarisse e non Chiariste ,il governatore era Velasco e non Carafa .
Fra Domenico Ottomano ha ancora la sua sepoltura in una chiesa di Malta e secondo me se ne potrebbero chiedere i resti mortali e portarli a Manfredonia essendo figlio di una così tanta madre sipontina nonché manfredoniana di alto lignaggio e che non aveva mai dimenticato la sua città e i suoi concittadini , la prova ne è che dopo tanti anni mandò il suo ritratto a sua memoria e protezione futura della sua città da attacchi saraceni che mai più ci furono . Chissà quante volte avrà rivolto il suo sguardo dalla finestra della sua camera del palazzo reale verso occidente in cerca della sua città e quante lacrime avrà versato nei suoi ricordi .