Già nel XVII sec. la sorgente “Acqua di Cristo”, situata a circa un chilometro a nord del Castello svevo-angioino, era conosciuta per le proprietà medicamentose e purgative della sua acqua. A renderla più famosa, lo storico Tommaso Angiulli il quale nel 1643 nei suoi “Annalis Sipontini” così la descriveva: “Aquam mineralis volgo dieta, fonti Christi milabiliter juvat, si corpora hominis, et bestiam in ipso iacendo, abluantur. Locum tenet fons ist ad litus maris, distans a nova civitate sipontina fare sexcentum passum ad orientes versus”. (Fa straordinariamente bene l’acqua minerale, volgarmente detta fonte di Cristo, se le membra dell’uomo e la bestia che giace in lui, vengono lavate. La fonte si trova presso la riva del mare, distante dalla nuova città sipontina quasi seicento passi, in direzione orientale). Ma a scoprirne gli effetti benefici fu un pastore protestante che nel 1771 ebbe modo di sostare a Manfredonia e, quasi per caso, portatosi in quel luogo bevve l’acqua, cosa che fece anche il suo servitore (quest’ultimo affetto da terzana doppia (varietà di malaria). Dopo qualche giorno, lo stesso, sorpreso, verificò gli effetti benefici di quell’acqua. Ben presto la notizia varcò i confini cittadini e raggiunse addirittura i posti più lontani del Regno di Napoli. Fu l’inizio di un lungo via vai di persone che per motivi di salute si portarono a Manfredonia, alla sorgente “Acqua di Cristo” per bere di quell’acqua ritenuta prodigiosa, addirittura miracolosa che oltre alla terzana guariva chi era affetto da gotta, ulcera e malanni vari. Ma oltre a bere di quell’acqua, in molti vi si immergevano giacendo sul letto della sorgente reso ancor più praticabile dall’intervento dell’uomo. Le qualità terapeutiche dell’Acqua di Cristo indussero molti, specialmente chi poteva permetterselo di prelevarne in grande quantità e portarla a Napoli dov’era molto richiesta. Anche il cronista Matteo Spinelli scrisse che: “Lavandosi con tale acqua benevola oppure bagnandosi nel fonte e bevendola si è sanato qualunque paziente dalla rogna, dai carbonchi e da sangue infetto”. Il fenomeno assunse così vaste proporzioni, tanto che nel 1841 ad occuparsene furono la Commissione dell’Istituto di Incoraggiamento di Napoli e gli Annali Civili del Regno delle due Sicilie, esaltando gli effetti benefici dell’Acqua di Cristo. “E’ chiara, limpida, senza odore, dolcetta e molle nel bersi, senza che peraltro dia peso allo stomaco…” Questo, ieri. Oggi, purtroppo le cose non stanno più così, dal momento in cui l’urbanizzazione a dir poco selvaggia dell’intera zona ha prodotto guasti irreparabili, in particolare alla Sorgente Acqua di Cristo, dovuti alla realizzazione di pozzi neri scavati nella parte orientale dell’abitato, inquinando le falde freatiche e di conseguenza la stessa acqua di “Cristo” rendendola non più potabile. Ciò nonostante, ancora oggi la meravigliosa scogliera è frequentatissima e sono in molti ad immergersi in quella vasca resa ancor più accessibile grazie ad alcuni volontari che quotidianamente la tengono pulita. Peccato che a rompere l’incantesimo ci sia la presenza di un manufatto istallato sulla scogliera. Sono le continue e incomprensibili contraddizioni create dalla politica che non guarda oltre il proprio naso.
Matteo di Sabato