Fa discutere il bando per l’affidamento della gestione di quella struttura per giovani
La pubblicazione del bando per l’assegnazione della gestione del Laboratorio urbano culturale, più noto con l’acronimo LUC, ha sollevato un vespaio di polemiche da parte di quanti si propongono come futuri conduttori di quella struttura. Più che polemiche fini a se stesse, sarebbe auspicabile si attivi un ragionamento pacato, improntato a ragionevolezza e possibilmente fertile di spunti utili e soprattutto chiarificatori. In ogni caso, il fatto di parlarne è un attestato di interesse verso una struttura che evidentemente ha richiamato, in questo primo quinquennio di attività, l’attenzione generale. Molta e agguerrita su aspetti tutto sommato marginali e dunque risolvibili; poca e distratta sui contenuti sviluppati. Forse non si ha ben presente quello che è e rappresenta il LUC. Alla sua inaugurazione il sindaco Paolo Campo lo tratteggiò così: “Un luogo nel quale i nostri giovani possono avere e determinare una più compiuta consapevolezza del loro futuro, sperimentare le tecnologie che avanzano, usare i nuovi linguaggi, scoprire le avveniristiche dimensioni della realtà, per sottrarli alla solitudine culturale e lanciarli in una costruttiva operosità”. I giovani dunque dei “Bollenti spiriti” rilanciati dalla iniziativa regionale. Che in questo confronto pare manchino o siano periferici. L’attenzione o la polemica si è attestata sul bando. Intanto va tenuto presente che le parti in causa potrebbero essere molto di più di quelli che fino ad oggi si sono fatti avanti. Il bando è aperto e pertanto non si può prescindere a priori da possibili altre proposte migliori e più convincenti. Lo si scoprirà al momento della esecuzione del bando. Bando che ha una sua validità oggettiva e in quanto tale, è governato da norme e finalità programmatiche pressoché rigide che rispondono agli obiettivi che si vogliono cogliere. L’autorità preposta – in questo caso la civica amministrazione legittimamente votata ed eletta – propone il bando e chi è interessato risponde secondo la progettualità di cui è capace. Insomma, le regole oggettivamente poste, vanno rispettate, a prescindere se si condividono o meno. E’ un principio basilare della convivenza civile, della democrazia. Da quello che si è letto in giro, sono stati scritti validi concetti e belle parole tutte condivisibili. Mancano però le proposte operative, il “come” e con “quali” competenze si intende gestire una struttura che si distacca dai canoni desueti più o meno correnti. Sicuramente saranno dettagliati nei progetti racchiusi nelle buste di partecipazione al bando. Probabilmente a condizionare le varie prese di posizione non è tanto il bando in sé, quanto piuttosto una certa malcelata diffidenza nei confronti dei poteri costituiti. Non solo di quelli che abitano temporaneamente Palazzo San Domenico. Non si può disconoscere che in effetti il sospetto aleggia alquanto diffusamente tra gli operatori economici ma anche tra la gente comune. Può darsi che sia una visione distorta effetto della naturale contrapposizione tra chi sta al Palazzo e chi invece in strada. Anche se non è dato stabilire quanto addebitabile ai primi e quanto ai secondi. Ma c’è. Per rimanere al LUC, l’assessore responsabile del procedimento, promette di neutralizzare sospetti e compromissioni affidando l’esecuzione del bando ad esperti anche forestieri. Una promessa di garanzia che va accolta. E naturalmente verificata.
Michele Apollonio