É stato emanato il 24 luglio scorso il decreto che indica i periodi di fermo biologico per il 2014 al fine di tutelare la risorsa marina. Lo ricordano Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, in una nota congiunta.
“Un decreto – spiegano – che purtroppo contiene delle novità che ci lasciano perplessi. La prima riguarda l’articolo 4 relativo ai periodi successivi all’interruzione temporanea: il decreto stabilisce la possibilità di esercitare l’attività di pesca per 60 ore per un periodo di 4 giorni o 72 per un periodo di 5 giorni. Tale norma contrasta con quanto definito dal decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003 che, diversamente, stabiliva un orario massimo di 14 ore giornaliere e 72 ore per un periodo di sette giorni. Non è nostra intenzione ostacolare percorsi innovativi atti a tutelare la risorsa, purché questi rispettino quanto stabilito da leggi e contratti riguardo l’orario massimo di lavoro”.
“Un altro punto che evidenziamo è il sistema di pesca definito “strascico volante” che, a differenza degli anni precedenti, non è menzionato tra quei sistemi per cui sarà previsto il fermo d’attività. Si tratta di indicazioni non condivisibili e non sostenibili da parte di Fai, Flai e Uila Pesca innanzitutto perché non vengono rispettate le norme ed inoltre perché siamo certi che non saranno d’aiuto nel limitare lo sforzo di pesca che, soprattutto nell’Adriatico, ha visto e vede un momento di notevole crisi. Come non sarà di aiuto la mancanza del pagamento della CIGS in deroga per i lavoratori dipendenti che si apprestano ad un nuovo periodo di inattività mentre sono ancora in attesa di percepire l’indennità di CIGS per il fermo biologico del 2013”.
“Abbiamo già chiesto al ministro un apposito incontro per rivedere le posizioni espresse nel decreto e rientrare nelle norme previste sull’orario di lavoro e nel rispetto dei CCNL anche per tutelare la risorsa marina. Un ulteriore sforzo lo chiediamo affinché venga erogata la cassa integrazione in deroga per il 2013 a sostegno di coloro ai quali da un lato si chiede il rispetto della normativa europea, dall’altro li si obbliga ad un nuovo periodo di inattività senza alcun reddito”, concludono i sindacati.