Oltre 25 milioni di euro di fondi pubblici, una materia prima che sembra non essere sufficiente per la portata dell’impianto e uno sviluppo poco consono con il progresso economico della Capitanata. Il deputato pugliese L’Abbate (M5S) interroga i Ministri Guidi, Martina e Galletti
È datata novembre 2011 l’autorizzazione unica concessa dalla Regione Puglia alla società Enterra S.p.A. di Orio al Serio (Bergamo) per la realizzazione di una centrale a biomasse a Rignano Garganico Scalo, nel Comune di Foggia. E se, nel frattempo, il 70% dell’impresa è stata acquistata dalla società estera “Belenergia”, Enterra nei primi mesi del 2014 ha firmato con Invitalia un contratto di sviluppo, in base al quale il progetto sarà finanziato dalla società privata per un importo pari a 22,52 milioni di euro e dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa per 26,34 milioni di euro da fondi pubblici. Un’opera che ha visto la forte opposizione dei cittadini del territorio foggiano a causa dell’immediata vicinanza, pari a poche decine di metri, dell’abitato alla futura centrale di “Borgo Eridania”, dove un tempo sorgeva lo zuccherificio dismesso. La centrale Enterra, non sottoposta a valutazione di impatto ambientale perché di poco inferiore ai 50 megawatt termici, presenta non poche criticità, sottolineate dal deputato pugliese Giuseppe L’Abbate (M5S) in una interrogazione parlamentare indirizzata ai Ministri Guidi (Sviluppo Economico), Martina (Agricoltura) e Galletti (Ambiente).
“Le riserve espresse su questo impianto riguardano, innanzitutto, la provenienza del materiale combustibile”, commenta L’Abbate (M5S). Il regolamento regionale pugliese sulle biomasse, datato 2008, infatti, prescrive che il requisito della filiera corta, modalità con cui Enterra intende esercire l’impianto, sia dimostrato attraverso effettive intese o accordi di filiera con il mondo dell’agricoltura, da stipularsi prima dell’autorizzazione e che in questo progetto non vengono evidenziati. “Nel dicembre scorso – continua il deputato 5 Stelle – la società parlava di contatti coi fornitori ancora in fieri. Si tratta di un combustile, quale la sansa vergine, il cui utilizzo in impianti di così grossa taglia non ha alcun precedente adducibile a conforto della comprovata qualità del progetto e della sua sicurezza. Peraltro, la potenziale scarsità del combustibile potrebbe rappresentare un fattore di mancanza di solidità economico-finanziaria dello stesso progetto”.
Altro aspetto è il cumulo di altri progetti analoghi nello stesso territorio, in assenza di uno screening “dell’utilizzazione di risorse naturali, della produzione di rifiuti, dell’inquinamento e dei disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla densità della popolazione interessata”, come stabilito dalla direttiva europea 92 del 2011. Eppure, in Capitanata continuano a fioccare richieste per questa tipologia di impianti, l’ultimo dei quali a Sant’Agata di Puglia; nonostante l’85,5% dell’energia prodotta in Puglia risulti in eccedenza (come da elaborazione dati Terna realizzata dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia).
“Il finanziamento pubblico di queste centrali a biomasse – dichiara Giuseppe L’Abbate (M5S) –, laddove dati statistici certi farebbero emergere la mancanza di materia prima sul territorio necessaria al loro operato ed anche in assenza di reali garanzie del mantenimento dei livelli occupazionali, collide con i bisogni di sviluppo economico del territorio e del paesaggio italiano. Seppur non manchino alternative ragionevoli da finanziare – continua il deputato pugliese 5 Stelle – come la stessa società Enterra aveva colto commissionando dieci anni fa, per lo stesso sito, uno studio di fattibilità per un Centro Logistico Polifunzionale (una sorta di interporto in grado di sfruttare il collegamento già esistente con le Ferrovie e che vanta pochi altri eccellenti esempi in Puglia, ndr) per valorizzare la filiera agroalimentare made in Italy, vera vocazione del territorio del Tavoliere, Invitalia e lo Stato Italiano continuano a finanziare progetti il cui unico o principale presupposto di validità del business plan sono i lauti incentivi per le fonti energetiche rinnovabili. Incentivi, che nel nostro Paese, sono destinati per la maggior parte a grandi impianti industriali in aree verdi a scapito della microgenerazione e del fotovoltaico sui tetti”.
I Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Agricoltura e dell’Ambiente dovranno rispondere se nel corso dell’istruttoria da parte di Invitalia sulla futura centrale a biomasse di “Borgo Eridania” sia stata tenuta in debita considerazione l’analisi costi-benefici, visti gli ingenti finanziamenti pubblici, in modo tale da garantire alla cittadinanza locale, già allarmata dalla presenza di altri impianti simili, che le ricadute occupazionali ed economiche, anche indirette, giustifichino gli impatti ambientali e sanitari ed anche il danno all’agricoltura biologica e di qualità che questo progetto porta inevitabilmente con sé.