Nei giorni scorsi abbiamo celebrato la Giornata Mondiale del Rifugiato, un occasione importante per sensibilizzare l’opinione pubblica e fare il punto sulla condizione spesso sconosciuta ai più, di questa particolare categoria di migranti, sul nostro livello di accoglienza e sulle politiche europee dell’immigrazione che quasi sempre lasciano intuire che é più semplice spostare al di là dei propri confini il problema anziché cercare un risposta comune. Molti sono gli aspetti imbarazzante se guardiamo a quanti vengono lasciati morire in mare (19.781 dal 1998), a quanti vengono accolti in condizioni a dir poco riprorevoli, se guardiamo le risorse economiche utilizzate per sondare ogni angolo del mare e quelle utilizzate per l’integrazione. Ci imbarazza la Libia che in questi giorni “batte cassa”, minacciando di “liberare i prigionieri”, migranti chiusi nelle loro carceri in attesa di essere dimessi spesso solo dietro pagamenti di tangenti. Ci imbarazza anche l’Europa che non ha capito che, almeno in alcune paesi dove possibile, si potrebbero evitare tanti morti, se solo nelle ambasciate di potesse ritirare un visto provvisorio per l’ingresso in Europa. Ci imbarazzano i trafficanti di strada che, dopo l’approdo in Italia nei Centri di Accoglienza, fanno business organizzando viaggi della speranza verso la Germania, l’Olanda, Danimarca. Il tema di quest’anno “Una storia dietro ogni numero. Ogni storia merita di essere ascoltata” é l’occasione anche per rimettere al centro l’uomo e per ricordarci che dietro un numero c’é una storia e dietro questa c’é sempre un uomo che merita rispetto. Qualche giorno fa, presso il centro interculturale Baobab, il nostro amico Mohammed Ba, mediatore e artista senegalese, ci raccontava che in ogni casa del suo villaggio, all’entrata c’é sempre una stanza per gli ospiti. La giornata del rifugiato é stata anche l’occasione per raccontare quanto si sta muovendo in questi ultimi mesi in terra di Capitanata. Finalmente il “ghetto di Rignano” é al centro degli obiettivi della politica migratoria : “non uno sgombero, ma un’accoglienza a misura d’uomo” ci ha più volte ripetuto l’Assessore Minervini che ha ben intuito come, per riuscire a dare dignità ai tanti cittadini che vivono nelle nostre compagne , occorre un’azione complessa che veda insieme i diversi attori coinvolti in differenti ambiti. Il percorso avviato ha visto accanto alla Regione Puglia anche la Prefettura di Foggia e le diverse organizzazioni del privato sociale che sicuramente nei prossimi mesi darà i primi risultati. Nel mese di maggio, in Provincia di Foggia, dopo l’esperienza non sempre positiva delle accoglienze in emergenza nelle strutture alberghiere, si é avviata la sperimentazione di piccole strutture di accoglienza temporanea destinata a cittadini stranieri extracomunitari richiedenti protezione internazionale che affiancano il C.a.r.a. e le accoglienze fatte dai Comuni negli SPRAR. Si tratta di soluzioni “più a misura d’ uomo” che in questi due mesi hanno accolto circa 200 profughi provenienti (dalla Siria, dal Ciad, dalla Nigeria, Etiopia, Senegal, Somalia) sbarcati Lampedusa e , in ultimo, da Taranto. Per il momento sono cinque le strutture autorizzate: a Manfredonia, presso la Casa della Carità della Diocesi di Manfredonia-Vieste e san Giovanni Rotodno, a Foggia, presso Torre Guiducci e presso la Caritas Diocesana, a Lucera, presso il Villaggio Don Bosco e a San Severo, presso Casa Sankhara In genere, con queste strutture, la Prefettura ha voluto dare un’accoglienza più attenta alle donne, ai bambini e alle famiglie che in contesti più ampi non trovano situazioni adeguate. Venerdì, 20 giugno, in Prefettura, con l’ASL, con la Questura, si é definito un protocollo di intervento per migliorare l’accoglienza e garantire un’adeguata assistenza sanitaria. L’Asl ha messo a disposizione delle strutture un camper che, con medici e infermieri, sarà presente per prime visite mediche ad ogni arrivo.
La macchina organizzativa dell’accoglienza sembra aver fatto dei buoni passi verso la dignità e verso ogni storia che merita rispetto.
Domenico la Marca, Centro Interculturale “Baobab-sotto la stessa ombra”