Nell’agenda del nuovo Parlamento Europeo le questioni ambientali dovranno essere le prime voci, in alto, nella lista delle priorità. E va affrontato con urgenza il nodo della moratoria delle estrazioni di idrocarburi nei mari europei a Bruxelles, a Strasburgo o in ogni assise continentale. Rispettare l’equilibrio dell’ecosistema marino è di assoluta urgenza: il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, è categorico nel suo appello a tutti i futuri europarlamentari. “No petrolio nell’Adriatico e nello Ionio, ma anche nel Canale di Sicilia, nel Tirreno, a occidente della Sardegna e fino al golfo di Genova”, insiste, ribandendo una posizione comune condivisa a più riprese dall’intera assemblea parlamentare pugliese. Una linea “blu”, a tutela dei mari, sostenuta senza distinzioni da tutte le forze politiche del Consiglio regionale pugliese.
“Sgombriamo ancora una volta il campo dagli equivoci: gli idrocarburi nei nostri mari sono scarsi per niente pregiati”, insiste il presidente Introna. Pertanto, non potrebbero incidere in modo significativo sul bilancio energetico nazionale. “E’ una leggenda metropolitana quella che i giacimenti adriatici garantirebbero un raddoppio della produzione petrolifera italiana. Mi spiace per gli autorevoli sostenitori di questa piccola grande bufala. Rispetto certamente il loro punto di vista, ma sulla base di quello che i tecnici neutrali vanno ripetendo da tempo, trovo sovrastimati i vantaggi del petrolio e pericolosamente sottovalutati, invece, i pericoli di un malaugurato incidente”.
L’Adriatico non è grande ed è un bacino stretto dal canale d’Otranto. “Se non bastassero come deterrente i problemi certi di subsidenza dei suoli terrestri conseguenti ai prelievi, sarebbero sufficienti uno sversamento o una macchia oleosa per danneggiare pesantemente tutte le economie che dipendono dal mare”. Attività in molti casi floride, che assicurano reddito a lavoratori, famiglie, imprenditori. Turismo, pesca, diporto, balneazione, attrattive paesaggistiche, salute… “Valgono il rischio di una Chernobyl del mare?”.
Da una parte, poche sacche di gas e oro più sporco che nero. Dall’altra, un sistema locale che vive da secoli di marineria e da decenni di un turismo sempre più internazionale.
“Non c’è neppure da chiedersi da che parte penda il piatto della bilancia. E non c’è nemmeno Croazia che tenga: l’Unione Europea deve regolare la partita una volta per tutte e allontanare torri e trivelle dai nostri mari”.